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Scelta civica, dopo il rimpasto due parlamentari se ne vanno: “Troppo appiattiti sulle posizioni di Renzi”

venerdì, febbraio 5th, 2016

Il partito guidato da Enrico Zanetti perde altri due pezzi. Si tratta della ex 5 Stelle Paola Pinna e di Stefano Quintarelli. Ora può contare su 21 eletti a Montecitorio. Messa in discussione la linea del segretario e le scelte fatte nel riassetto dell’esecutivo. Alcuni partecipanti alla riunione di ieri parlano di clima “a dir poco burrascoso”. Ora l’obiettivo è evitare nuove fuoriuscite

zanetti-675Non è stata una resa dei conti a tutti gli effetti, anche a causa della mancanza di una linea politica alternativa a quella attuale. Ma il malumore è tangibile, come ammette più di qualcuno. Paventando il rischio di nuove fuoriuscite da un gruppo che ad oggi conta appena 23 deputati. All’interno di Scelta civica, il partito fondato alla vigilia delle elezioni politiche del 2013 dall’allora presidente del Consiglio, Mario Monti, la situazione è tesa. Lo si è capito una volta di più ieri sera nel corso della riunione dei deputati a Montecitorio. Un incontro che uno dei partecipanti, parlando con ilfattoquotidiano.it, non esita a definire “a dir poco burrascoso”. Ma c’è anche chi, forse per non voler gettare altra benzina sul fuoco, parla di “normale dialettica fra colleghi”. Sarà. Sta di fatto che nelle ultime ore sia Paola Pinna, arrivata il 25 marzo 2015 dal Movimento 5 Stelle, sia Stefano Quintarelli hanno annunciato il loro addio. La prima si accaserà nel Pd (“è la naturale conclusione di un percorso politico lineare”, ha affermato) mentre Quintarelli confluirà nel Gruppo Misto. L’obiettivo dichiarato, adesso, è quello di bloccare altri possibili transfughi.

RIMPASTO INDIGESTO – Ma qual è il motivo dei mal di pancia interni a Scelta civica? I ben informati rispondono che il giro di poltrone operato la scorsa settimana dal premier Matteo Renzi sia risultato indigesto a una parte del gruppo. Che pensava – e sperava – di uscire dalla partita con un risultato più largo. Invece, oltre alla promozione del segretario, Enrico Zanetti (diventato viceministro dell’Economia), c’è stata ‘solo’ la nomina di Antimo Cesaro a sottosegretario alla Cultura. Un po’ poco, dunque. Soprattutto per chi, come Giulio Cesare Sottanelli, si vedeva già proiettato al ministero dello Sviluppo economico come sottosegretario. Invece sull’ambita poltrona, alla fine, si è seduto Antonio Gentile (Ncd). In un dicastero nel quale gli alfaniani potevano già contare sulla presenza di Simona Vicari. Alla riunione erano assenti alcuni pezzi da novanta del gruppo. Dal tesoriere del partito, Gianfranco Librandi, all’ex ministro dell’Agricoltura del governo Monti, Mario Catania. Ma non hanno partecipato nemmeno il presidente di Brembo, Alberto BombasseiIlaria Capua e Mariano Rabino (entrambi però erano assenti giustificati).

CERCASI ALTERNATIVA – La linea di Zanetti comunque resiste. Almeno per ora. Anche perché nessuno, nella riunione di ieri sera, ha presentato proposte alternative alle sue. “Certo è che, se l’intenzione è quella di continuare a viaggiare su un percorso unitario, le cose dovranno cambiare: la situazione di difficoltà è evidente – spiega un deputato centrista con la promessa dell’anonimato –. Oggi Scelta civica è un partito quasi completamente appiattito sulle posizioni del Pd e, di conseguenza, su quelle del governo”. Esecutivo nel quale, malgrado l’appoggio incondizionato dimostrato finora, Sc può contare soltanto su due pedine. Insomma, “quella attuale è una linea sterile che non serve a nessuno. Perciò – conclude – è normale che molti non siano contenti”. Una situazione che rischia di avere ripercussioni, in primis, sulle amministrative di primavera. Nelle quali Scelta civica è schierata al fianco del Pd. A Roma appoggerà la candidatura di Roberto Giachetti, mentre a Torino quella di Piero Fassino (con i moderati di Giacomo Portas) e a Milano quella dell’ex amministratore delegato di Expo Giuseppe Sala.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 4 febbraio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Camera dei deputati: Stefano Menichini e Daniela Hamaui favoriti per la poltrona di nuovo capo ufficio stampa

lunedì, gennaio 25th, 2016

Sono i nomi che circolano con maggiore insistenza fra i 270 candidati che hanno inviato un curriculum. Per succedere ad Anna Masera. Mentre continuano le polemiche ai vertici di Montecitorio. Iniziate con le dimissioni di Roberto Giachetti dalla guida del Comitato per la comunicazione. In rotta con la presidente Laura Boldrini. Fino all’ultimo ufficio di presidenza. Che ha affidato a un gruppo di 5 deputati la compilazione di una lista di 10 nomi. Fra i quali sarà effettuata la scelta finale. Mannino (M5S): “Metodo incomprensibile, negata la trasparenza”

Menichini_675Nei corridoi di Montecitorio c’è già chi è pronto a scommettere che la corsa per la successione ad Anna Masera alla guida dell’ufficio stampa della Camera si sia ridotta a un derby. Quello fra l’ex direttore di Europa, Stefano Menichini (nella foto), oggi consulente del ministero dei Trasporti (“Incarico che lascerò in caso di nomina”, fa sapere l’interessato). E l’ex direttrice de l’Espresso e di D di Repubblica, Daniela Hamaui. Entrambi, contattati da ilfattoquotidiano.it, confermano che fra i circa 270 curriculum arrivati sulla scrivania della presidente, Laura Boldrini, ci sono anche i loro. Un esercito di candidati tra i quali si dovrà decidere a breve a chi assegnare l’ambita poltrona (circaseimila euro di stipendio netti al mese) ancora vacante.

ALTA TENSIONE Un cambio della guardia che, dal giorno in cui la Masera ha annunciato il suo ritorno a La Stampa, sta però alimentando non poche tensioni all’interno dell’ufficio di presidenza di Montecitorio. A cominciare dalle rumorose dimissioni di Roberto Giachetti (Pd), che il 2 dicembre scorso ha lasciato, in aperta polemica con la Boldrini, la guida del Comitato per la comunicazione e l’informazione esterna. Cioè l’organo che proprio in occasione della nomina della Masera seguì per la prima volta l’iter per l’assegnazione dell’incarico. “Non sono nelle condizioni di poter continuare a lavorare”, accusò sbattendo la porta l’attuale candidato del Pd alle primarie per le comunali di Roma. Da quel momento, però, i toni sono rimasti alti. Passano dieci giorni e a rinfocolare la polemica arriva infatti anche una lettera della deputata del Movimento 5 Stelle, Claudia Mannino, indirizzata alla presidente della Camera, per sollecitare la nomina del successore di Giachetti.

MAGNIFICI DIECI Appello rimasto inascoltato fino all’ufficio di presidenza di giovedì 21 gennaio. Quando, dopo aver proposto che ad occuparsi della selezione fosse l’intero Ufficio di presidenza – i cui membri avrebbero dovuto indicare due nomi a testa fra i 270 candidati per scremare la lista ad una trentina di concorrenti – Boldrini è stata costretta a tornare sui suoi passi. Visti i malumori scatenati dalla soluzione prospettata, alla fine la presidente ha nominato un sottogruppo di lavoro formato da 5 membri: Anna Rossomando, Giovanni Sanga (entrambi del Pd), Ferdinando Adornato (Area Popolare), Gianni Melilla (Sinistra Italiana) e la stessa Mannino (M5S). A loro è stato chiesto di redigere, entro il 29 gennaio, una lista di 10 nomi dalla quale sarà scelto il nuovo capo ufficio stampa di Montecitorio. Tutto risolto? Nemmeno per sogno. Almeno a sentire la componente grillina del sottogruppo appena insediato. “La decisione presa dalla Boldrini dimostra la superficialità nello gestire questa partita per la nomina di una figura che, fra le altre cose, dovrà curare la comunicazione della Camera nei mesi della campagna referendaria – accusa la Mannino –. È un metodo incomprensibile, che pregiudica qualsiasi forma di trasparenza e che usurpa il lavoro svolto in questi anni dal comitato”.

Comunicazione parlamentare, Grasso e Boldrini alle prese con la grana degli uffici stampa: nomi e criteri in alto mare

mercoledì, dicembre 2nd, 2015

Ci sono da rinnovare i contratti dei giornalisti di Palazzo Madama. Ma soprattutto stanno per lasciare i responsabili delle due strutture. Bisogna scegliere il metodo di selezione dei sostituti. Con un bando pubblico o per nomina diretta? Mannino (M5S) all’attacco: “Sciogliere il comitato per la Comunicazione di Montecitorio”

grasso-boldrini675Vertici degli uffici da cambiare. Giornalisti da confermare o licenziare. Criteri di selezione in alto mare. Con i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Pietro Grasso, alle prese con la patata bollente. E il presidente di un organismo parlamentare delicato come il comitato per la comunicazione della Camera sull’orlo delle dimissioni. E tutto perché si deve cambiare. Non solo a Montecitorio, ma anche a Palazzo Madama. Con l’anno nuovo, gli uffici stampa di entrambi i rami del Parlamento potrebbero andare infatti incontro a cambiamenti radicali. Nel primo caso perché l’attuale numero uno, Anna Masera, scaduto il contratto biennale che la lega alla Camera tornerà a La Stampa. Ma sul metodo di selezione del suo sostituto è in corso uno scontro politico. Al Senato, invece, perché Iolanda Cardarelli, che dal 2009 guida l’ufficio stampa e Internet, andrà in pensione. In questo caso a sceglierne il successore sarà l’ufficio di presidenza, come previsto dal regolamento. Ma non si ancora se saranno confermati i tre addetti stampa di cui dispone attualmente Palazzo Madama. Il tutto fra le proteste degli esponenti del Movimento 5 Stelle (M5S). Scontenti dei metodi di scelta delle due nuove figure.

FUORI CONCORSO – Il prossimo 31 dicembre la Masera, che dal 1° gennaio 2014 gestisce sia l’ufficio stampa sia la comunicazione di Montecitorio, tornerà a lavorare per il quotidiano torinese. Per il quale, prima di richiedere l’aspettativa visto il nuovo incarico istituzionale, ricopriva il ruolo di caporedattore e social media editor. Ovvio, quindi, che dovrà essere scelto un successore. Ma in che modo avverrà questa nomina, che deve comunque passare attraverso la votazione dell’ufficio di presidenza? Attraverso un bando, come successo la volta scorsa vagliando decine di curricula, oppure no? I maligni dicono che la presidente dell’Assemblea, Laura Boldrini, vorrebbe ‘commissariare’ questo ufficio, affidando il coordinamento dello stesso ad uno degli addetti stampa della Camera. Il tutto per costruire ancora meglio la propria immagine in vista delle prossime elezioni. I nomi sul tavolo sono quattro: Fabio Rosati, Gennaro Pesante, Ida Bressa e l’ex inviato parlamentare di Radio Radicale Roberto Iezzi, dato come favorito vista anche la lunga esperienza maturata fra Montecitorio e Palazzo Madama. Contattato sull’argomento, però, il portavoce della Boldrini, Roberto Natale, smentisce l’ipotesi del ‘commissariamento’. “Da parte della presidente non c’è alcuna intenzione di muoversi lungo questa direzione portando l’ufficio stampa sotto la sua segreteria personale – spiega ailfattoquotidiano.it –. Rimarrà chiarissima la distinzione fra la comunicazione della presidente e quella della Camera”. Anche perché, tiene a precisare Natale, “ricordo che è stata proprio Boldrini a innovare la prassi per la quale, fino a questa legislatura, era solo il presidente a scegliere il capo ufficio stampa. Tutto ciò coinvolgendo il comitato per la comunicazione”.

GIACHETTI IN BILICO – Ma i ritardi nella scelta del metodo di selezione del nuovo capo ufficio stampa della Camera non piacciono per niente al M5S. “A meno che non si faccia una corsa contro il tempo, non ci sono margini per indire un nuovo bando per nominare il successore della Masera”, dice la deputata Claudia Mannino, segretaria d’Aula nonché componente del comitato per la comunicazione di Montecitorio guidato dal vicepresidente dell’Assemblea, Roberto Giachetti (Pd). “Mi stupisce il fatto che si voglia tornare indietro – aggiunge –, anche perché il lavoro fatto in questi due anni è stato innovativo e, con la campagna referendaria per la riforma costituzionale alle porte, mi sembra assurdo manipolare questo ruolo affidandolo esclusivamente alla presidenza. Domani (mercoledì 2 dicembre, ndr) è in programma un nuovo ufficio di presidenza nel quale l’argomento in questione non è nemmeno all’ordine del giorno”. Per questo “risulta inutile continuare a mantenere attivo questo comitato, che già si riunisce raramente – conclude la deputata grillina –. In via informarle, ho già chiesto a Giachetti di abolirlo: stiamo valutando di inviare una richiesta ufficiale”. Non è però da escludere, secondo quanto spiegano fonti parlamentari a ilfattoquotidiano.it, che lo stesso Giachetti possa anticipare tutti dimettendosi dall’incarico.

SELEZIONE PUBBLICA – Al Senato la questione è apparentemente più semplice, anche se non mancano i mal di pancia. L’unica certezza al momento è che, come detto, l’attuale capo ufficio stampa e Internet, Iolanda Cardarelli, andrà in pensione dopo sei anni alla guida dell’importante organo parlamentare. A nominare il suo successore sarà direttamente l’ufficio di presidenza di Palazzo Madama. Il motivo? A differenza di Montecitorio, il capo ufficio stampa del Senato è un funzionario interno al quale sono affidate ulteriori competenze (come quella riguardante la gestione della libreria) e non per forza un giornalista. Diverso è il caso dei tre addetti stampa interni allo stesso ufficio. I quali in scadenza di contratto – che viene rinnovato ogni tre anni – saranno scelti direttamente dal presidente dell’Assemblea, Pietro Grasso, secondo quanto previsto da una recente delibera dell’ufficio di presidenza di Palazzo Madama. Al momento non esistono certezze sulla conferma degli attuali componenti: Marco Tagliavini, assunto tramite selezione pubblica nel 2001, Laura Trovellesi ed Eli Benedetti (entrambi a Palazzo Madama dal 2006). Un modus operandi che, come per Montecitorio, scontenta il M5S. Dice Laura Bottici, questore dei grillini al Senato: “Speravo in un cambio di rotta, in una selezione di professionalità fatta attraverso un bando pubblico. So che è difficile cambiare abitudini – conclude –, ma mi auguravo una scelta di professionisti indipendenti e non nominati”.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 1° dicembre 2015 per ilfattoquotidiano.it)

«Digiuno finché non si vota al Senato. Napolitano indichi la strada da seguire» – da “Il Punto” del 19/10/2012

giovedì, ottobre 25th, 2012

Dallo scorso 2 settembre il deputato del Pd Roberto Giachetti sta portando avanti un digiuno anti-Porcellum, dopo quello fatto dal 4 luglio al 9 agosto. Ora qualcosa si muove ma, dice lui, «il mio sciopero della fame è iniziato con l’obiettivo che ci fosse almeno un voto al Senato. Finché non arriva vado avanti».

Prima di tutto le chiedo come sta… 

«Sto come uno che digiuna da 41 giorni, i valori delle analisi sono un po’ al limite. Però dal punto di vista della convinzione mi sento più forte di prima».

Cosa pensa dello “scheletro” della riforma?

«Innanzitutto va mantenuta la promessa fatta agli elettori: superare il “Porcellum”. Si è passati dalle stanze dei partiti a quelle di una Commissione formale, ed è positivo. Però ci sono voluti nove mesi per mettere nero su bianco un testo che non fa mezzo passo avanti rispetto alle posizioni iniziali degli schieramenti. Senza alcun punto di incontro fra questi. C’è da riflettere».

Ci sono le preferenze…

«La loro eventuale reintroduzione mi preoccupa, perché ad oggi dimostrano di essere un elemento di corruzione praticamente accertato. Riproporle in un momento come questo significa vivere sulla luna. In più, le risorse che ci vogliono per portare avanti una campagna elettorale con le preferenze portano ad un grande sperpero di denaro. Ma c’è un altro punto che mi impensierisce…».

Mi dica… 

«Il premio di coalizione. La mia riflessione è viziata dall’essere contro l’impianto proporzionale, però domandiamoci quale lista o coalizione prenderebbe oggi il 40%, utile per il premio del 12,5%. Nel nostro caso, per arrivarci, dovremmo mettere insieme tutto e il contrario di tutto. Per poi ritrovarci, dopo pochi mesi, di nuovo alle urne. Il presidente Napolitano dovrebbe inviare un messaggio formale alle Camere indicando la strada da seguire».

Lei è un “renziano”. Perché lo “zoccolo duro” del Pd ha così paura del sindaco di Firenze? 

«Perché da quanto questa classe dirigente è sulla scena non ce l’ha fatta a cambiare il Paese. Ad un certo punto arriva l’esigenza di passare la mano. E Renzi ha trovato la chiave di volta del problema. D’Alema? È una persona intelligente. Mi sarei aspettato che dicesse: “Aiuto la nascita di una nuova dirigenza e faccio un passo indietro”. Invece accade il contrario. Il voto da dare alla nostra epoca non è, a mio avviso, positivo».

Twitter: @GiorgioVelardi