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Archive for febbraio, 2012

Se la Borsa gioisce delle disgrazie di un Paese

lunedì, febbraio 13th, 2012

Ho aperto poco fa il sito del Sole 24 Ore. Per tutta la giornata ho letto titoli trionfalistici sull’andamento della Borsa di Atene. E il listino greco, da questa mattina, ha avuto effettivamente un trend incredibile. «A quanto avrà chiuso?», mi sono chiesto tornando a casa. E la risposta è andata ben oltre le mie aspettative: +4,6 per cento. Calcolando che Piazza Affari ha è rimasta praticamente invariata (+0,05 per cento), mentre Londra, Berlino e Parigi hanno guadagnato rispettivamente lo 0,8, lo 0,68 e lo 0,34 per cento, si è trattato di un successo clamoroso. Che arriva però all’indomani di una domenica terribile per la Grecia.

Domenica 12 febbraio piazza Syntagma, ad Atene, è stata il teatro di terribili scontri fra la polizia e il popolo greco – a cui si sono mescolate le frange più estreme del dissenso, i black bloc –, che protestava contro la manovra «lacrime e sangue» da 3,3 miliardi richiesta dalla troika formata da Ue, Banca Centrale europea e Fondo monetario internazionale, atta a dare il via libera allo stanziamento di 131 miliardi di euro (senza i quali il paese sarebbe andato in default). Disordini che causato 120 feriti, 45 edifici bruciati e «danni irreparabili», come li ha definiti il sindaco di Atene Giorgos Kaminis. La Grecia è in ginocchio, e le misure approvate ieri dal Parlamento non fanno che aggravare la situazione, visto anche l’altissimo tasso di disoccupazione generale (che ha superato il 20 per cento) e giovanile (48 per cento). Ci sono i tagli alle pensioni, il licenziamento di 15mila dipendenti pubblici entro la fine dell’anno – saranno 150mila entro il 2015 –, la riduzione della spesa in settori strategici quali la sanità e la difesa e l’abbassamento del 22 per cento del salario minimo, che passerà a 560-600 euro. Insomma, provvedimenti da stendere un paese sano, figuriamoci uno che è già sull’orlo del precipizio. Ma è la finanza, bellezza! Oggi, nel frattempo, è arrivata la notizia che i cittadini torneranno a votare ad aprile («Questo governo ha a disposizione un mese e mezzo di lavori. Chiuderemo a marzo e le elezioni si terranno in aprile», ha fatto sapere un portavoce del governo). Ma a loro, francamente, poco importa, visto l’andazzo.

E allora torniamo a ripensare al 2001. A quando, cioè, la Grecia entrò nell’euro. Truccando i bilanci, com’è ormai noto. E con l’ausilio di chi? Di Goldman Sachs – sì, proprio la grande banca d’affari per cui il nostro presidente del Consiglio Mario Monti è stato international advisor fra   il 2005 e il 2011 – e JP Morgan Chase, che hanno utilizzato gli stessi metodi usati da Wall Street per creare la bolla speculativa dei mutui subprime (vicenda documentata, nel febbraio 2010, anche da un’inchiesta del New York Times). Quindi, ricapitolando: la grande finanza ha messo in ginocchio la Grecia – verrebbe da dire il mondo intero – e ora guadagna sulle sue rovine. Se la Borsa gioisce delle disgrazie di un paese, allora prepariamoci alla fine del mondo. Peccato che stavolta i Maya non c’entrino nulla.

Su che pianeta vivono i tecnici?

martedì, febbraio 7th, 2012

È una domanda che, in questi ultimi giorni, si staranno ponendo in molti: ma su che pianeta vivono i “tecnici”? Sul “pianeta tecnico” – chissà, magari potrebbe essere l’ambientazione naturale di un futuro film di fantascienza – o sulla Terra? A sentire le loro parole c’è da rimanere basiti. E menomale che, messo alla berlina Berlusconi (ma occhio al suo ritorno), ci eravamo illusi che anche la retorica politica degli ultimi vent’anni sarebbe andata a farsi benedire. Con la banda-Monti è un proliferare di dichiarazioni all’arsenico, che hanno come fil rouge il tema del lavoro.

Ha cominciato Michel “il secchione” Martone dando degli «sfigati» a quegli studenti che a 28 anni non si sono ancora laureati. Come se lui, diventato professore poco più che trentenne, non sapesse in che condizioni versano alcuni atenei italiani e che molti dei giovani laureandi lavorano per pagarsi gli studi. I dati di AlmaLaurea, il consorzio interuniversitario nato nel 1994 su iniziativa dell’Osservatorio Statistico dell’Università di Bologna e gestito con il sostegno del Miur, lo hanno sbugiardato: con la riforma del “3+2” l’età media di laurea si è abbassata e di molto, tanto da toccare i 23,9 anni nel caso della triennale e i 25,1 in quello della specialistica. Insomma, siamo ben al di sotto della tanto demonizzata “soglia-28”. Fa specie che a parlare sia, in questo caso, un personaggio alle cui spalle si erge la figura di un padre dal passato importante, come ha ricordato anche Marco Travaglio nell’ultima puntata di Servizio Pubblico (vedi il video qui: http://www.youtube.com/watch?v=rM5gwntnADA)

Poi è stata la volta di “Super Mario” Monti – per qualcuno è ormai “nonno Mario” –, che comodamente seduto sulla poltrona della trasmissione televisiva Matrix ha esclamato, con tono tronfio: «Il posto fisso? Che monotonia!». Come se lui, da europeista convinto qual è, non conoscesse la situazione in cui l’Italia si trova attualmente – rispetto al resto di quei paesi europei con cui si confronta quotidianamente – sotto il profilo dell’occupazione. Ci siamo ritrovati ad avere, da vent’anni a questa parte, quasi 50 tipi di contratti: a tempo determinato, a progetto, di somministrazione (e qui si sprecherebbero le battute), di inserimento, gli stage. Si potrebbe continuare, ma preferisco non annoiarvi. E, guarda un po’ il caso, l’ultimo rapporto Unioncamere-Excelsior ha messo in luce come nei prossimi tre mesi non saranno rinnovati la bellezza di 106mila contratti a termine. Perché forse, quello che Monti non sa, è che il problema non è riuscire a cambiarlo il lavoro, ma a trovarlo (prima di tutto). Ma cosa fa secondo voi il figlio del premier? Ha 39 anni, ed oltre ad essersi laureato alla Bocconi (guarda tu che caso, lì il padre era rettore!) ha già avuto ruoli di spicco in Goldman Sachs (altra coincidenza!), Bain & Company, Morgan Stanley e Citigroup. Insomma, un secchione anche lui. Sono i giovani comuni – e «sfigati» – ad essere delle mezze calzette.

Al terzo posto c’è lei, la ministra che si arrabbia se prima del cognome metti il «la». Perché lei vuole essere chiamata Fornero, Elsa Fornero o il ministro Fornero. Eccheccavolo, anche voi giornalisti che non badate alla lingua e che avete preso la laurea al Cepu! Usate il cervello, diamine! Comunque pure Fornero non ha voluto esentarsi dal dare il suo modesto parere sull’argomento, malgrado qualcuno le abbia consigliato di parlare meno. «Bisogna spalmare le tutele su tutti, non promettere il posto fisso che non si può dare. Questo vuol dire fare promesse facili, dare illusioni», ha detto intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università degli Studi di Torino. Ma che lavoro fa Silvia, figlia del ministro Fornero e del marito, il giornalista/professore Mario Deaglio? Insegna medicina (a soli 30 anni, altra baby-prodigio) nella stessa Università dei genitori. Pure qui una coincidenza, non vi scandalizzate voi menti perfide che non siete altro! E secondo voi «la» Silvia di lavoro ne ha solo uno? E no! Ne ha 2. È infatti responsabile di Human Genetics Foundation che, guarda caso, è una fondazione che si occupa di genetica, genomica e proteomica umana creata dalla Compagnia di San Paolo di cui la Fornero era vicepresidente dal 2008 al 2010. Ma, come amava dire Corrado, «non finisce qui». Perché la HuGeF ha ottenuto – grazie ai contributi di vari enti, fra i quali la Regione Piemonte – quasi un milioni e mezzo di euro per finanziare la ricerca. In un paese dove notoriamente fondi di questo tipo sono agli ultimi posti nei pensieri dei burocrati, e dove i nostri cervelli sono costretti ad espatriare per avere un briciolo di considerazione.

Infine, dulcis in fundo, lei, la Cancellieri. Che non è Rosanna, la giornalista passata anche per gli studi del Tg3, ma la riproposizione al maschile del compianto Tommaso Padoa-Schioppa, ex ministro dell’Economia del governo Prodi. «Gli italiani sono fermi al posto fisso nella stessa città di mamma e papà», il suo commento a Tgcom24. Una versione edulcorata dei «bamboccioni», con l’aggiunta che i ragazzi hanno un po’ le chiappe pesanti e ad andare in un’altra città, se non addirittura all’estero, non ci pensano minimamente. Sarà, ma come ha scritto un mio amico su Facebook, «forse i giovani cercano posto vicino a mamma e papà perché, dati i costi dei nido, il ruolo dei nonni è fondamentale quando si mette al mondo una creatura? Visti i congedi per maternità per donne (ridicoli) e uomini (assenti), una volta fatti, i pupi dove li lasciamo? Alla Cancellieri e alla Fornero???». Ciliegina sulla torta: che lavoro fa il figlio della ministra? È direttore generale di Fondiaria-Sai. Un bel posto fisso da 500mila euro l’anno. Mezzo milione di euro. Eh sì, ma non lavora mica nella stessa città di mammà. Però gli rimborsano qualsiasi tipo di viaggio, anche su Marte. Chissà se la va a trovare, almeno per il pranzo della domenica.

Dagli «sfigati» ai «declassati», un Paese che continua a non premiare il merito

venerdì, febbraio 3rd, 2012

Pochi giorni fa un professoretto che da qualche settimana fa pure il viceministro del Lavoro ci è venuto a dire che se non ti sei ancora laureato a 28 anni sei uno «sfigato», aggiungendo che «essere secchioni è bello». Bene. Poi il capo del Governo dei «secchioni» – il copyright è sempre del suddetto professoretto – dice che va abolito il peso del voto di laurea nei concorsi, eliminando pure la differenza fra lauree brevi e magistrali e calcolando il valore del titolo in base alle valutazioni di un’agenzia ad hoc (conteranno anche masterse corsi di specializzazione).

Oggi Francesco Giavazzi, che è editorialista del Corriere della Sera e professore della Bocconi, dice proprio al quotidiano di via Solferino: «Un 90 alla Normale di Pisa può essere meglio di un 110 in un ateneo scadente. Negli Usa subito ti viene chiesto: dove ti sei laureato?». Prego questa gente di smetterla, ogni volta che si affrontano discorsi di questo genere, di fare paragoni con gli Stati Uniti. Lì vale ancora – con delle eccezioni, ovvio – un concetto che qui in Italia si è perso completamente: il merito. E non è un caso che i nostri migliori cervelli trovino proprio in America la loro isola felice, anche se si sono laureati in un’Università che qualche santone considera di “Serie B”. Quindi ci ritroviamo igieniste dentali in politica, raccomandati di ferro nei posti di comando bravi più a distruggere che costruire (con buonuscite a nove zeri) e chi più ne ha più ne metta.

Inoltre, se questo è il ragionamento, mi viene da pensare che gli studenti delle zone più svantaggiate di questo paese saranno ancora più penalizzati di quanto già non lo siano al momento. Si allargherà la frattura fra ricchi e poveri, che è già oggi corposa. Forse è questo il vero progetto, ma non ce ne siamo ancora accorti granchè bene. Meglio capirlo in fretta, prima che sia troppo tardi.