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Grecia, nel 2012 la metà delle aziende ha tagliato gli stipendi – da “Il Punto” del 23/11/2012

martedì, novembre 27th, 2012

Le proteste continuano ad infiammare Atene e le altre città della Grecia. Ma quel che è peggio sono i dati che arrivano dal paese più colpito dalla crisi che sta flagellando l’Europa. Il tasso di disoccupazione è salito ad agosto al 25,4 per cento, mentre solo un anno fa, nello stesso periodo, era a quota 18,4. Poi c’è quello che riguarda i giovani (15-24 anni) e le donne senza lavoro: 58 per cento nel primo caso, 33 nel secondo. In tutto ciò, le nuove misure di austerity volute dalla troika (Bce, Fmi ed Unione europea) continuano a far precipitare la situazione. Tanto che nel 2012 circa il 50 per cento delle aziende greche è ricorso a tagli degli stipendi e riduzioni del personale. A rendere nota la notizia è stato il quotidiano Kathimerini, che nell’edizione del 15 novembre scorso ha pubblicato i dati di uno studio che la compagnia Aon Hewitt (specializzata nella consulenza per la gestione delle risorse umane) ha condotto su 165 imprese. Le multinazionali, invece, hanno resistito, visto che solo il 9,1 per cento ha ridotto i salari e il 17,9 ha licenziato i dipendenti. Sempre il quotidiano conservatore ha fatto sapere che a breve la metà dei 30 traghetti che partono dai porti del Pireo, Lavrio e Rafina, potrebbe essere temporaneamente soppressa a causa dell’elevato costo del carburante – che negli ultimi tre anni è lievitato del 107 per cento – che le compagnie di navigazione non riescono più a pagare. Dal 2009 al 2011, aggiunge ancora Kathimerini, il settore della navigazione marittima costiera ha accumulato debiti per oltre un miliardo a causa della crisi.

Twitter: @GiorgioVelardi

Sanità “alla greca” anche in Italia? – da “Il Punto” del 30/03/2012

sabato, marzo 3rd, 2012

Per mesi, prima del cambio della guardia a Palazzo Chigi fra Silvio Berlusconi e Mario Monti, ci siamo domandati se avremmo fatto la fine della Grecia. Il pericolo sembra sventato, ma è ancora troppo presto per abbassare la guardia. La difficile situazione in cui versa la sanità italiana ci porta però ad essere nuovamente accostati alla Repubblica Ellenica.

Le corrispondenze che quotidianamente arrivano da Atene, capitale di un paese sempre più in ginocchio dopo la «cura da cavallo» prescritta dalla troika formata da Bce, Fondo monetario internazionale e Unione europea per evitare il default, ci hanno raccontato dello sciopero di ospedali pubblici e centri sanitari avvenuto lo scorso 29 febbraio. Strutture chiuse per 24 ore in segno di protesta contro la decisione del Ministero della Sanità di chiudere 50 ospedali pubblici e di ridurre del 17 per cento la retribuzione per il lavoro straordinario, stando a quanto denuncia la Federazione Nazionale dei Medici Ospedalieri di Grecia (Oenge). Secondo l’Ordine dei Medici, «l’unico obiettivo del governo è il taglio delle spese nel settore sanità». Ma lo sciopero di fine febbraio è stato la ciliegina sulla torta di una situazione al collasso.

Lo scorso novembre un’inchiesta del Wall Street Journal ha rivelato l’esistenza di un sistema parallelo di prestazioni e pagamenti in nero nella sanità pubblica greca, tanto che – stando a quanto scrive il più famoso e autorevole quotidiano economico al mondo – le liste d’attesa vengono aggiornate secondo le mazzette (in greco fakelaki) che i medici intascano dai malati. Un testimone ha rivelato di aver pagato 5mila euro per operarsi al cuore. Cosa c’è di strano, oltre al danno economico? La beffa, visto che l’intervento era coperto dalla sanità pubblica. Per evitare lungaggini “mortali”, però, meglio tirare fuori i soldi che rischiare di passare all’altro mondo. Ma ci sono altri tre dati che spaventano. Il primo riguarda i debiti che le strutture pubbliche hanno contratto nei confronti delle multinazionali farmaceutiche, da cui acquistano i medicinali. Sempre secondo il WSJ, fra il 2007 e il 2009 il passivo ha raggiunto la cifra di 5,4 miliardi di euro. Lo Stato, per cercare di rimediare alla drammatica situazione, ha pagato le case farmaceutiche con dei titoli di stato. In secondo luogo c’è la situazione al collasso di alcuni ospedali. Al Metaxàs, la grande clinica oncologica del Pireo, 2 infermieri gestiscono 54 pazienti, bisognosi di cure costanti. A Dafnì, un sobborgo della capitale, l’ospedale psichiatrico si è trovato nell’impossibilità di acquistare il cibo per i malati. Terzo (dato forse più preoccupante, visto il risvolto sociale): uno studio pubblicato su Lancet, rivista medica di fama mondiale, ha constatato l’aumento del tasso di abuso di droga e di malati di HIV in Grecia. In quest’ultimo caso, fra il 2010 e il 2011, si è registrato un +52 per cento. La metà è da attribuire ai consumatori di droga per endovena. Ma lo studio ha svelato un retroscena allarmante: alcuni contagiati si sono infettati apposta per ricevere i 700 euro che lo Stato fornisce ai malati di HIV e per avere accesso, con maggiore facilità, ai programmi che mirano a sostituire le droghe con versione sintetiche dell’eroina (ad esempio il metadone). Alla metà di marzo, poi, Medici Senza Frontiere ha fatto sapere che la malaria è diventata endemica (cioè costantemente presente) nella parte meridionale del Paese. È la prima volta che accade dopo la caduta del regime dei colonnelli (Anni ’70).

Nel 2011 la Grecia ha speso per la sanità 16 miliardi di euro: 10 provenienti dallo Stato, 6 dai privati. Il 36 per cento il meno rispetto al 2010, quando erano stati messi sul piatto 9 miliardi in più. Ogni mese il deficit cresce di 100 milioni di euro, mentre la sanità privata continua ad incassare denari portando sempre più famiglie ad indebitarsi pur di ricevere assistenza. Sanità “alla greca” anche in Italia? Preferiamo “assaggiare” altre ricette.

Ha perso Berlusconi, abbiamo perso tutti. E con Monti cosa accadrà?

lunedì, novembre 14th, 2011

Ore 21.41 di sabato sera. Dopo l’approvazione della legge di stabilità Silvio Berlusconi rassegna le dimissioni e lascia la Presidenza del Consiglio. Davanti a Palazzo Chigi e al Quirinale parte la festa. Trenini, caroselli, champagne e pure qualche monetina, nel ricordo del 1993, di Bettino Craxi e dell’Hotel Raphael.

«Abbiamo vinto, ora siamo tutti più liberi!», gridavano alcuni manifestanti. E visto che il titolo era fatto qualche giornale, domenica mattina, ne ha ripreso il concetto e pure le parole mettendole in prima pagina. La fine del Berlusconi IV era necessaria, va detto a chiare lettere e senza giri di parole. Ma sabato l’Italia non ha vinto: al contrario, ha perso sonoramente. Perchè la sconfitta di un Governo è la sconfitta di un paese, così come quella del Cavaliere coincide con quella degli italiani (principalmente coloro che lo hanno scelto). Italiani indebitati fino all’osso, che non ce la fanno ad arrivare alla seconda settimana; ma anche pensionati, giovani e donne che ancora oggi nel mondo del lavoro vivono una condizione di secondarietà rispetto ai colleghi uomini. Ora, però, il problema è un altro: è stato fatto l’errore più grande che si potesse fare. Perchè ridare credibilità all’Italia con un Governo tecnico non era la strada da intraprendere in questo momento. Primo perchè affidare le redini del gioco ad un Primo ministro e ad una squadra di super professori con lauree nelle migliori università del mondo è la via più anti-democratica che si possa immaginare (il popolo sovrano non ha diritto di scelta). Secondo perchè la crisi di Governo si era latentemente aperta da diversi mesi, quindi i partiti avrebbero (ma qui il condizionale è d’obbligo) dovuto poter mettere in piedi una campagna elettorale in tempi rapidissimi.

Ciò non è accaduto per i soliti giochi di potere – e di poltrona – che da sempre contraddistinguono la politica italiana. Ora tocca a Mario Monti. E, anche in questo caso, sono apertamente scettico. A leggere il curriculum del professore viene da fargli un applauso: Commissario Europeo, prima Rettore e poi Presidente dell’Università Bocconi di Milano, tante pubblicazioni di alto spessore. Ma ci sono quelle tre voci – Goldman Sachs, Bilderberg Group e Trilateral Commission – che fanno tremare i polsi. Perchè si ha come il sentore di essere finiti in mano ad un tecnocrate messo lì ad arte dai burattinai scaltri dell’economia e della finanza per mandare in scena il loro spettacolino anche in Italia. Pochi giorni fa il comico Maurizio Crozza, nel corso del suo spettacolo Italialand, parlando di Monti ha utilizzato il termine «cetriolo». Espressione ad alto valore simbolico, molto probabilmente consona alla situazione.

Quello che colpisce poi di tutta questa strana situazione è la fretta con cui sono state approvate le misure che dovrebbero salvarci dal default e ridarci carburante per la ripartenza. Non ricordo, a memoria storica, il varo di una legge di stabilità in tre giorni. Così come non ho mai visto deputati e senatori lavorare di sabato. Quando si vuole si può, dunque. Peccato che siano più le volte in cui non si vuole che quelle in cui ci si rechi alle Camere anche nei giorni in cui non è necessario. Monti riporterà davvero stabilità sui mercati? Dalle prime impressioni pare di no: lo spread, che lunedì mattina era sceso fino a toccare i 437 punti base, in giornata è clamorosamente risalito fino a toccare quota 490. E la Borsa cede oltre 2 punti percentuali. Motivo di questo rollercoaster sono (anche) le consultazioni a cui il Presidente del Consiglio incaricato ha dato il via questa mattina. Le voci che si susseguono dicono che Monti vorrebbe anche esponenti politici nel suo Esecutivo («Rappresentanza politica ai massimi livelli», precisano i ben informati). Allora, a ben vedere, non si tratterebbe di un Governo tecnico, ma di un Governo politico. Quindi, domanda: non erano meglio le elezioni? E il programma? «È quello indicato nella lettera della Bce», ha frettolosamente tagliato corto qualcuno. Siamo sicuri? Si parla di reintroduzione dell’Ici (il segretario della Cgil Camusso ha già espresso parere contrario), di una patrimoniale e dell’anticipo al 2020 dell’innalzamente dell’età pensionabile a 67 anni. Snodi cruciali, certo, ma non tutti presenti nella missiva firmati Draghi-Trichet.

«Ci saranno molti sacrifici da fare», ha detto il neo premier. Peccato che gli italiani, Presidente, ne facciano già abbastanza. Cominciate voi – riducendovi lo stipendio, tagliando i vitalizi, rinunciando alle auto blu -, noi vi seguiamo. Avete la nostra parola.

Due/tre cose da sapere su Mario Monti

venerdì, novembre 11th, 2011

Insomma per il dopo-Berlusconi c’è Mario Monti. Mmm.. Mario Monti. Ma chi, quello che solo pochi mesi fa diceva: «Secondo me stiamo assistendo al grande successo dell’euro, la cui manifestazione più concreta è la Grecia»? Sì, proprio lui.

Mmm.. Mario Monti. Ma chi, l’International Advisor (cioè il consigliere e/o il consulente in grado di sostenere e supportare un’azienda nelle fasi delicate di cambiamento, come fusioni, acquisizioni, joint-venture) di Goldman Sachs, la banca d’affari condannata nel 2010 dalla SEC (Securities and Exchange Commission, la Consob americana) per frode e truffa ai danni dei propri clienti? Eh sì, e di quale altro Mario Monti parliamo sennò? Mmm.. Ma parliamo della stessa Goldman Sachs di cui mercoledì 9 novembre 2011 Milano Finanza scriveva: «Sui mercati si è diffusa la voce che sia stata Goldman Sachs ad innescare l’ondata di vendite di Btp, poi seguita dagli hedge fund e dalle altre banche d’oltreoceano»? (chiaro il riferimento al clamoroso balzo in avanti dello spread, arrivato a 575 punti).

Svegliamoci subito: la banca statunitense – che ha speculato abbondantemente sulla crisi dei mutui subprime – vuole un proprio uomo a capo del Governo italiano per avere in mano le redini del gioco. Mario Monti: salvatore della patria, o braccio armato degli speculatori?

Esclusiva del “Corriere della Sera”: ecco la lettera della Bce al Governo

giovedì, settembre 29th, 2011

Questa mattina, in esclusiva, il Corriere della Sera ha pubblicato la tanto chiacchierata lettera firmata da Mario Draghi e Jean-Claude Trichet e inviata al Governo italiano lo scorso 5 agosto. Se leggete con attenzione la missiva, vi sarà facile notare come la manovra messa nero su bianco da Berlusconi e Tremonti non sia altro che la risposta alle richieste di Francoforte. Ecco la versione integrale del documento:

Francoforte/Roma, 5 Agosto 2011
Caro Primo Ministro,
Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea il 4 Agosto ha discusso la situazione nei mercati dei titoli di Stato italiani. Il Consiglio direttivo ritiene che sia necessaria un’azione pressante da parte delle autorità italiane per ristabilire la fiducia degli investitori.
Il vertice dei capi di Stato e di governo dell’area-euro del 21 luglio 2011 ha concluso che «tutti i Paesi dell’euro riaffermano solennemente la loro determinazione inflessibile a onorare in pieno la loro individuale firma sovrana e tutti i loro impegni per condizioni di bilancio sostenibili e per le riforme strutturali». Il Consiglio direttivo ritiene che l’Italia debba con urgenza rafforzare la reputazione della sua firma sovrana e il suo impegno alla sostenibilità di bilancio e alle riforme strutturali.
Il Governo italiano ha deciso di mirare al pareggio di bilancio nel 2014 e, a questo scopo, ha di recente introdotto un pacchetto di misure. Sono passi importanti, ma non sufficienti.

Nell’attuale situazione, riteniamo essenziali le seguenti misure:
1.Vediamo l’esigenza di misure significative per accrescere il potenziale di crescita. Alcune decisioni recenti prese dal Governo si muovono in questa direzione; altre misure sono in discussione con le parti sociali. Tuttavia, occorre fare di più ed è cruciale muovere in questa direzione con decisione. Le sfide principali sono l’aumento della concorrenza, particolarmente nei servizi, il miglioramento della qualità dei servizi pubblici e il ridisegno di sistemi regolatori e fiscali che siano più adatti a sostenere la competitività delle imprese e l’efficienza del mercato del lavoro.
a) È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali. Questo dovrebbe applicarsi in particolare alla fornitura di servizi locali attraverso privatizzazioni su larga scala.
b) C’è anche l’esigenza di riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d’impresa in modo da ritagliare i salari e le condizioni di lavoro alle esigenze specifiche delle aziende e rendendo questi accordi più rilevanti rispetto ad altri livelli di negoziazione. L’accordo del 28 Giugno tra le principali sigle sindacali e le associazioni industriali si muove in questa direzione.
c) Dovrebbe essere adottata una accurata revisione delle norme che regolano l’assunzione e il licenziamento dei dipendenti, stabilendo un sistema di assicurazione dalla disoccupazione e un insieme di politiche attive per il mercato del lavoro che siano in grado di facilitare la riallocazione delle risorse verso le aziende e verso i settori più competitivi.

2.Il Governo ha l’esigenza di assumere misure immediate e decise per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche.
a) Ulteriori misure di correzione del bilancio sono necessarie. Riteniamo essenziale per le autorità italiane di anticipare di almeno un anno il calendario di entrata in vigore delle misure adottate nel pacchetto del luglio 2011. L’obiettivo dovrebbe essere un deficit migliore di quanto previsto fin qui nel 2011, un fabbisogno netto dell’1% nel 2012 e un bilancio in pareggio nel 2013, principalmente attraverso tagli di spesa. È possibile intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, così ottenendo dei risparmi già nel 2012. Inoltre, il Governo dovrebbe valutare una riduzione significativa dei costi del pubblico impiego, rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e, se necessario, riducendo gli stipendi.
b) Andrebbe introdotta una clausola di riduzione automatica del deficit che specifichi che qualunque scostamento dagli obiettivi di deficit sarà compensato automaticamente con tagli orizzontali sulle spese discrezionali.
c) Andrebbero messi sotto stretto controllo l’assunzione di indebitamento, anche commerciale, e le spese delle autorità regionali e locali, in linea con i principi della riforma in corso delle relazioni fiscali fra i vari livelli di governo.

Vista la gravità dell’attuale situazione sui mercati finanziari, consideriamo cruciale che tutte le azioni elencate nelle suddette sezioni 1 e 2 siano prese il prima possibile per decreto legge, seguito da ratifica parlamentare entro la fine di Settembre 2011. Sarebbe appropriata anche una riforma costituzionale che renda più stringenti le regole di bilancio.
3. Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali.
Confidiamo che il Governo assumerà le azioni appropriate.
Con la migliore considerazione,

Mario Draghi, Jean-Claude Trichet