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Ingroia candida La Torre, Ruotolo e Cucchi. Per Giannino niente politici. Lega, c’è Bossi – da “Il Punto” del 25/01/2013

sabato, gennaio 26th, 2013

ingroiaFra le novità di questa tornata elettorale ci sono Antonio Ingroia e Oscar Giannino con i loro movimenti, Rivoluzione Civile e Fare. Forze che correranno da sole, visti i falliti tentativi di apparentamento con il centrosinistra (la lista del pubblico ministero) e i centristi (Giannino). La strada è in salita, ma nessuno dei due ha accettato di scendere a compromessi al ribasso. Chi c’è nelle loro liste?

Partiamo da Rivoluzione Civile. Ingroia è capolista alla Camera in tutte le circoscrizioni, anche nella “sua” Sicilia, dove è candidabile ma non eleggibile. Dietro di lui, in Sicilia 1, c’è Franco La Torre, figlio di Pio, il segretario regionale del Partito comunista ucciso nell’aprile del 1982 da Cosa Nostra. Nello stesso elenco compaiono anche i nomi del senatore uscente e coordinatore regionale dell’Italia dei valori Fabio Giambrone, del segretario di Rifondazione comunista Paolo Ferrero e di Giovanna Marano, la sindacalista Fiom che aveva sfidato Rosario Crocetta e Nello Musumeci nella corsa alla guida della Regione dopo l’esclusione di Claudio Fava (Sel). Fra i volti noti della lista del magistrato palermitano ci sono anche quelli del leader dell’Idv Antonio Di Pietro, candidato alla Camera nelle circoscrizioni Lombardia 1 (ma solo come terzo in lista, dietro a Ingroia e all’ex “grillino” Giovanni Favia), Emilia- Romagna e Lazio; del segretario dei Comunisti italiani Oliviero Diliberto, capolista al Senato in Emilia-Romagna; di Ilaria Cucchi, sorella di Stefano (il giovane morto nell’ottobre 2009, ndr), prima in lista nella circoscrizione Lazio 1 (Camera); dei giornalisti Sandra Amurri (in corsa per un seggio a Palazzo Madama), Sandro Ruotolo e Saverio Lodato (Montecitorio).

Discorso diverso per Fare. Oscar Giannino ha puntato tutto sulla cosiddetta «società civile». Nelle liste messe nero su bianco dal noto giornalista economico e dai suoi collaboratori non ci sono politici di Prima e Seconda Repubblica, ma solo liberi professionisti, imprenditori, dirigenti e lavoratori. E una grande attenzione è stata data all’appartenenza territoriale. Scelte, quelle compiute da Giannino, che si riflettono anche in ottica regionale, visto che il 24 e 25 febbraio gli elettori di Lazio e Lombardia decideranno i nomi dei nuovi governatori. Per il dopo-Polverini, Fare punta su Alessandra Baldassari, imprenditrice romana e membro del consiglio direttivo della sezione farmaceutici e biomedicali di Unindustria Lazio. A tentare la scalata al Pirellone sarà invece Carlo Maria Pinardi, 55 anni, commercialista, saggista e docente di Finanza aziendale all’Università Bocconi di Milano.

Ma in corsa alle elezioni c’è anche la “nuova” Lega Nord di Roberto Maroni, che ha recentemente deciso di riformare la coalizione con il Pdl dopo la parentesi del governo Monti. Alla Camera, in Lombardia 1, il capolista è Matteo Salvini, segretario della Lega Lombarda e braccio destro dell’ex ministro dell’Interno. In Lombardia 2, come primo della lista, c’è invece Umberto Bossi. Il Senatur è di nuovo in campo dopo lo scandalo che ha travolto la “sua” Lega e costretto alle dimissioni da consigliere regionale il figlio Renzo. Il capolista per la Camera nella circoscrizione Lombardia 3 è Giovanni Fava. In Liguria a guidare il gruppo del Carroccio c’è Sonia Viale, già Sottosegretario all’Economia e all’Interno, mentre in Toscana, Piemonte e Trentino i capilista sono rispettivamente il vicecommissario regionale Manuel Vescovi, il governatore della Regione Roberto Cota e il deputato uscente Maurizio Fugatti. I pezzi da novanta si trovano spostandosi sulle liste per Palazzo Madama. In Lombardia i primi tre nomi nell’elenco sono quelli di Roberto Calderoli, Giulio Tremonti e Massimo Garavaglia. L’ex ministro dell’Economia, fondatore della lista “3L”, è capolista anche in Liguria, Toscana, Piemonte e al centrosud. Saranno della partita anche Giacomo Stucchi (Senato), Giancarlo Giorgetti e Andrea Gibelli (entrambi alla Camera). Chi invece ha deciso di fare un passo indietro è Marco Reguzzoni. L’ex capogruppo alla Camera, “bossiano” della prima ora, si è però tolto qualche sassolino dalla scarpa attaccando le scelte compiute dal partito: «Queste candidature mi hanno deluso, sembrano fatte per perdere. Difficile contrastare chi dice che Salvini abbia candidato i suoi amici… ». A stretto giro di boa è arrivata la risposta del diretto interessato: «Per qualcuno vale il motto “Invidio ergo sum”». Segno che la ruggine, nei corridoi di via Bellerio, non è ancora stata rimossa del tutto.

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Qualcosa di sinistra – da “Il Punto” del 21/12/2012

venerdì, dicembre 28th, 2012

Luigi de Magistris lancia il Movimento Arancione e prepara l’alternativa al Monti-bis. Idv, Rifondazione, Comunisti italiani e Fiom saranno della partita così come il magistrato Antonio Ingroia, che potrebbe essere candidato premier. Mentre Bersani apre all’accordo con i moderati dopo le elezioni

ingroia_demagistris-dipietroDiceva Marcello Marchesi, eclettico intellettuale italiano scomparso nel 1978, che «la rivoluzione si fa a sinistra e i soldi si fanno a destra». Chissà se nel dare vita al suo Movimento Arancione Luigi de Magistris avrà preso spunto da quella frase. Perché lui non ne ha mai fatto mistero: vuole fare «la rivoluzione governando». Slogan che gli ha permesso di vincere a Napoli e grazie al quale ora vuole puntare al colpo grosso. Roma. Il Parlamento. L’alternativa al governo Monti. «Siamo un Movimento di donne e di uomini con la schiena dritta che hanno il coraggio di combattere», ha spiegato l’ex magistrato presentando la sua creatura. Perno centrale di “qualcosa di sinistra” che si batte contro «un mondo dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri» e affinché «i partiti tornino ad essere quelli di Gramsci e Berlinguer». De Magistris, comunque, non è da solo. A “sinistra della sinistra” sono tutti in fermento. Vecchi e non, usato sicuro e facce nuove. Mettere tutti d’accordo non sarà facile, e il sindaco di Napoli ha assicurato che «questo non è il posto dove qualcuno si da una riverniciata». Ma il tempo stringe, e Bersani che apre a Casini (malgrado l’oltranzismo di Vendola) lo fa per un semplice motivo: arginare la possibilità di un Monti-bis che prende corpo in maniera sempre più concreta.

Via dunque alla nascita di un Quarto Polo che sia alternativo ai centristi, che permetta all’asse trilaterale Pd-Sel-Psi di trovare un alleato forte che garantisca una solida maggioranza nelle due Camere e che scongiuri lo spettro di altri cinque anni di rigore eterodiretto. Che, soprattutto, guardi a realtà come “Cambiare si può”, neonato soggetto politico-culturale che vede al suo interno la presenza di personalità quali il sociologo Luciano Gallino, lo storico Marco Revelli e il magistrato antimafia Livio Pepino (più esponenti di Fiom e Prc). «Ci sembra che il centrosinistra di oggi abbia molto poco di sinistra. È più sinistro, che di sinistra», ha recentemente dichiarato de Magistris. Che pure non ha chiuso le porte ai democratici, a patto che – ha aggiunto il primo cittadino campano – «Bersani metta in campo una proposta politica alternativa a tutto quello che il Pd ha fatto finora». Gli incontri e i contatti, negli ultimi giorni, si sono intensificati. Le elezioni alle porte costringono gli arancioni a lavorare a ritmi serrati, anche perché fra il 4 e il 13 gennaio bisognerà depositare il simbolo e le liste elettorali. Certo, un modo per uscire dall’impasse ci sarebbe: un’alleanza senza «se» e senza «ma» con l’Italia dei valori di Antonio Di Pietro. «Se c’è spazio per loro? Assolutamente sì», ha risposto de Magistris a chi gli chiedeva di un accordo con l’ex pm, che era in platea al Teatro Eliseo di Roma nel giorno del lancio del Movimento. Potrebbe essere un do ut des. Se infatti l’Italia dei valori entrasse a far parte della neonata famiglia arancione non ci sarà bisogno di raccogliere le firme da zero. E si potrebbe cambiare il simbolo ottimizzando i tempi. Elementi non secondari. Ma su quest’ultimo punto, nel partito di “Tonino”, le voci critiche non mancano. Sabato scorso, durante l’assemblea generale dell’Idv, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando è stato chiaro: «Dobbiamo andare alle elezioni con il nostro simbolo, il gabbiano deve tornare a volare. Ma siamo al servizio di tutti coloro che in questo Paese sono contro Berlusconi e Monti». Ancora: «Se dovesse esserci la volontà di ampliare il fronte saremmo disponibili al dialogo, ma il partito deve continuare ad esistere. E comunque tutte le decisioni vanno prese attraverso un esecutivo nazionale» (che si svolgerà il prossimo 27 dicembre).

Di più ha fatto Francesco “Pancho” Pardi, il quale ha distribuito ad alcuni militanti un documento di due pagine in cui ha sottolineato che nel caso in cui il partito confluisca «nell’alveo del Movimento Arancione si verificherà al massimo il salvataggio di una parte assai limitata della nostra classe dirigente nazionale. E come questa si mescolerà a tutti gli altri soggetti confluenti – concludeva il senatore dipietrista – è materia di incertezza del futuro». E Di Pietro? Il suo intervento è stato un mix di rabbia e orgoglio. Il leader dell’Idv ha chiesto a Bersani «di rispondere a chi chiede l’unità del centrosinistra. Se saremo chiamati a rappresentare l’alternativa al governo Monti – ha tuonato rivolto al vincitore delle primarie – allora vuol dire che il vero centrosinistra siamo noi». Poi il messaggio, diretto senza giri di parole, ai possibili alleati: «È arrivato il momento di metterci la faccia, la firma e il nome. Noi non siamo asini da soma, non abbiamo bisogno di gente che dice: “Appena vinci sto con te”. Vogliamo unirci a quelle forze che la pensano come noi, a quelle realtà che parlano allo stesso elettorato. Le persone che si riconoscono nel Movimento Arancione sono quelle che condividono i principi dell’Italia dei valori. Chi vuole intraprendere un cammino insieme esca allo scoperto. Noi alle elezioni ci saremo, soli o ben accompagnati». Un appello il cui destinatario, fanno sapere fonti dell’Idv, non è solo de Magistris, ma anche tutte quelle forze sociali e sindacali con cui recentemente il partito ha aperto un dialogo. Non è un mistero che, grazie alla mediazione dell’ex segretario Fiom Maurizio Zipponi (ora responsabile lavoro dell’Idv), negli ultimi mesi i contatti fra Di Pietro e Landini si fossero intensificati. Poi, con la “maledetta” puntata di Report e il crollo verticale nei sondaggi patito dall’Idv (che oscilla ora fra l’1,5 e il 2%), i rapporti sono stati congelati. E, sempre per restare sull’argomento, il sindacato dei metalmeccanici figura tra le forze che hanno presentato in Cassazione i due quesiti referendari per abrogare le modifiche all’articolo 18 e all’articolo 8 dello statuto dei lavoratori. Nella “foto del Palazzaccio”, oltre a Nichi Vendola, ci sono anche il presidente dei Verdi Angelo Bonelli, il segretario del Pdci Oliviero Diliberto e quello di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero. Gli ultimi due hanno espresso le loro perplessità su una possibile alleanza fra l’orizzonte arancione e il duo Pd-Sel. Per Ferrero, in particolare, «le proposte che fa Bersani aggravano la crisi. A rincorrere il Pd impieghiamo male il nostro tempo». Più cauto Diliberto: «”Con i democratici a tutti i costi” e “mai con loro” sono entrambe posizioni sbagliate – ha spiegato dalle colonne de Il Manifesto –. È ovvio che io preferisco stare nel centrosinistra, ma non ad ogni costo».

In molti, però, concordano sulla possibilità che sia il magistrato Antonio Ingroia il candidato premier ideale del Quarto Polo. Un’idea che lo stesso de Magistris ha lanciato pochi giorni fa nel corso di un’intervista a MicroMega, e che ha etichettato come «un grande segnale di discontinuità, un elemento di rottura e di costruzione nello stesso tempo». Per il momento «il partigiano della Costituzione» ha mostrato cautela. «Sto prendendo in considerazione in che modo aiutare questo Movimento, ciascuno deve assumersi la sua responsabilità in questo momento del Paese» ha spiegato il magistrato prima di precisare che «correre troppo non è mai consigliabile. Io non vesto toghe o casacche colorate, né rosse né arancioni». L’appoggio a Ingroia, che stava indagando sulla trattativa Stato-mafia prima di accettare la nomina a direttore di un’unità di investigazione per la lotta al narcotraffico su incarico dell’Onu in Guatemala, ha fatto fare un momentaneo passo indietro a due possibili componenti del Movimento Arancione: il sindaco di Milano Pisapia (Sel) e quello di Bari Emiliano (Pd), che sposerebbero il progetto solo se lo stesso si ponesse nell’alveo del centrosinistra. Per il momento, comunque, quello degli arancioni è un work in progress. Ora palla passa nel campo di Vendola e Bersani. Ma è certo che, se il segretario del Pd continuerà ad affermare che la sua ricetta per il 2013 è «l’agenda Monti più qualcosa», la possibilità di coalizzarsi sarà morta ancora prima di cominciare.

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«L’Idv non si scioglie e riparte con forza. Alleanze? Siamo già nel centrosinistra» – da “Il Punto” del 21/12/2012

giovedì, dicembre 27th, 2012

Belisario_IdvUna precisazione, prima di cominciare: «Eviterei di definire ciò che sta nascendo come “Quarto Polo”. Non porta bene e mi da l’idea di qualcosa di residuale. Credo che, in questa nascente aggregazione di forze, ci sia bisogno di partire prima di tutto dalla società civile tenendo presente quanto di buono c’è ancora nella politica e nei movimenti». È questo il pensiero di Felice Belisario, capogruppo al Senato dell’Italia dei valori.

Che Idv esce dall’assemblea di sabato scorso e, soprattutto, da dove intendete ripartire?

«Sicuramente l’Idv si è rafforzata. Il partito ha ripreso la voglia di combattere e crede di poter ripartire con forza. In questi anni i nostri gruppi parlamentari alla Camera e al Senato sono stati indicati da tutti come i più produttivi: significa che abbiamo progetti e persone per bene anche nelle istituzioni. La prossima campagna elettorale non sarà una passeggiata di salute, ma i dirigenti territoriali sono caricati e pronti».

Lei non vuole chiamarlo Quarto Polo. Diciamo, allora, che sta nascendo qualcosa “a sinistra della sinistra”?

«Io direi che sta prendendo vita un’aggregazione che difende i principi fondanti della Costituzione, che mette al primo posto gli articolo 1 e 3 della nostra Carta – ovvero che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e che la legge è uguale per tutti – e quei principi che si riferiscono alla scuola pubblica, alla sanità pubblica e alla parità di genere».

Qual è l’orizzonte programmatico di questa aggregazione? Cercherete la convergenza con la coppia Pd-Sel?

«Noi dell’Italia dei valori siamo stati chiari: lavoreremo fino all’ultimo istante per far comprendere al Partito democratico che c’è la necessità di far convergere le forze, di fare in modo che anche le diversità diventino una risorsa. Certo, non possiamo pensare a rifare l’Unione, perché quella è stata un’esperienza fallimentare che ha portato la destra alla vittoria. Però domando: non le sembra che un’alleanza che va da Casini e Montezemolo fino a Vendola sia una Unione del 2013? La confusione che è oggi sul piatto della politica dovrebbe insegnare qualcosa al Pd».

Nei mesi scorsi Vendola è stato molto vicino ad Antonio Di Pietro. E, è bene ricordarlo, figura in quella lista di forze che con voi hanno appoggiato i referendum sugli articoli 8 e 18. Ora però sembra essersi sfilato. Cosa ne pensa?

«Diciamo che in questa fase Vendola mi pare un po’ timido. Ha paura di scontentare il Pd ma anche i suoi, che vogliono tornare in Parlamento…».

Nella nuova creatura che sta nascendo dovrebbero confluire anche Prc e Pdci. Il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero, è stato chiaro: «Basta perdere tempo con il centrosinistra». C’è la possibilità di andare da soli?

«Noi siamo nel centrosinistra, come testimoniano le alleanze che abbiamo stretto in tantissime Regioni d’Italia – Lombardia, Molise, Lazio, Liguria, Toscana, Puglia… –, nella maggioranza delle Province e nella quasi totalità dei Comuni, eccezion fatta per Napoli e Palermo. Abbiamo il dovere di essere coerenti con la politica che facciamo sul territorio. Se a livello nazionale si andrà divisi, certamente non per colpa dell’Italia dei valori, ce ne faremo una ragione e proveremo a lavorare seguendo una via diversa. Però noi, ribadisco, proveremo fino alla fine a rafforzare il centrosinistra, non a indebolirlo».

Si parla della possibilità di far confluire l’Idv nel Movimento Arancione, ovviamente rinunciando al nome e al simbolo. C’è questa possibilità?

«Chiariamoci: l’Idv non si scioglie. Faremo un congresso rifondativo e da lì ripartiremo, togliendo il nome di Di Pietro e uscendo da una visione personalistica della politica. Io, come Italia dei valori, non confluisco da nessuna parte: possiamo entrare a far parte di qualcosa di diverso, ma non ci facciamo annettere né dal Movimento Arancione né da altri. Serve qualcosa di più grande che alle elezioni consenta a forze sane di rientrare in Parlamento e di frenare questa deriva populistico-bancaria».

De Magistris ha indicato Antonio Ingroia come candidato premier…

«Il sindaco di Napoli è andato avanti, il magistrato gli ha risposto che forse corre troppo. Conosco personalmente Ingroia e lo stimo, credo sia una grande personalità su cui non ho nulla da obiettare. Come Italia dei valori, però, non abbiamo fatto ancora alcuna valutazione».

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«Il Quarto Polo non segua il centrosinistra. Il Pd? Ha appoggiato politiche di destra» – da “Il Punto” del 21/12/2012

mercoledì, dicembre 26th, 2012

Il Fatto del Giorno trasmissione TvBersani lo ha deluso, perché «ha accettato totalmente le proposte di austerità e i sacrifici imposti, che hanno aggravato pesantemente la crisi». Mentre Vendola «dice una cosa e ne fa un’altra. Pensare di fare la sinistra con chi vuole applicare l’agenda Monti è una cosa senza senso». Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista presente al battesimo del Movimento Arancione, parla chiaro: il Quarto Polo non deve cercare un’alleanza con l’attuale centrosinistra (Pd e Sel). «Si poteva trovare un accordo prima della formazione del governo Monti, oggi credo che non abbia alcun senso», afferma.

Ferrero, a che punto è la costruzione di quello che è già stato definitivo Quarto Polo?

«Mi sembra a buon punto. C’è un orientamento espresso da “Cambiare si può”, di cui Rifondazione comunista fa parte; poi c’è il Movimento Arancione che si sta muovendo nella stessa direzione e mi sembra che anche l’Italia dei valori, nell’assemblea di sabato scorso a Roma, abbia intrapreso la stessa rotta. Noi ci siamo: confido che a breve si riesca a portare a termine un atto costitutivo di questa lista».

Qualcuno ha detto di sentire odore di Sinistra arcobaleno…

«Non c’entra niente. La Sinistra arcobaleno era l’unione dei vari pezzi della sinistra che erano presenti all’interno della maggioranza nel biennio 2006-2008 e che furono messi insieme dopo una sconfitta. Qui si stanno combinando forze sociali che sono state all’opposizione del governo Monti, che sono contrarie alle politiche liberiste e che si pongono l’obiettivo di dare una rappresentanza politica a quella società che non ci sta, che è stata devastata da quanto è accaduto nell’ultimo anno. Siamo passati dal mettere insieme i cocci postumi ad un fallimento al vedere la nascita di un’opposizione da sinistra alle politiche neoliberiste in Italia».

Nei giorni scorsi lei, parlando di Bersani, non ha usato parole tenere: «Le sue proposte aggravano la crisi». Cosa rimprovera al segretario del Pd?

«L’aver accettato totalmente le proposte di austerità e i sacrifici imposti, che hanno aggravato pesantemente la crisi. La cosa peggiore è stato l’intreccio tra fiscal compact e pareggio di bilancio in Costituzione, perché l’origine della crisi stessa è la cattiva distribuzione del reddito: ricchi troppo ricchi e poveri troppo poveri. Ciò ha abbattuto i consumi e l’economia portandoci alla recessione e alle ingiustizie sociali. Il Pd ha appoggiato classiche politiche di destra, proposte da un governo che è stato il peggiore dal dopoguerra ad oggi».

Sentendola parlare, mi pare di capire che per lei il Quarto Polo non debba cercare un’alleanza con Pd e Sel…

«Assolutamente. Si poteva trovare un accordo prima della formazione del governo Monti, oggi credo che non abbia alcun senso. Non si può avere dialogo con chi per un anno massacra le pensioni, l’articolo 18, mette il pareggio di bilancio in Costituzione, porta avanti la “spending review” e nel frattempo trova 11 miliardi per le banche private».

È più deluso dal segretario del Pd o da Vendola?

«Vendola dice una cosa e ne fa un’altra. Non si possono fare determinate affermazioni e poi allearsi con chi ripete che l’agenda Monti è la sua agenda. O Vendola sta con Bersani e accetta le cose che dice – tenendo conto che il leader del Pd ha vinto le primarie e quello di Sel le ha perse – oppure fa la sinistra. Pensare di fare la sinistra con chi vuole applicare l’agenda Monti è una cosa senza senso».

Cosa pensa della presenza di Di Pietro e, eventualmente, di Ingroia?

«L’Italia dei valori ha fatto opposizione a Monti da sinistra. Credo che questo basti. Nell’anno in cui i tecnici hanno governato, il partito di Di Pietro si è opposto alle loro politiche: penso sia assolutamente necessario che l’Idv sia della partita. Per quanto riguarda Ingroia, personalmente va benissimo, nel senso che è una persona che ha dimostrato in questi anni di sapere combattere la mafia e contrastare i poteri forti».

De Magistris lo ha indicato addirittura come candidato premier. Lei condivide?

«Sì, perché Ingroia è l’emblema della necessità che abbiamo, ovvero quella di rimettere in piedi la democrazia – a partire dalla questione morale – e opporci radicalmente alle politiche neoliberiste che stanno distruggendo il Paese».

Twitter: @mercantenotizie