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Dagli «sfigati» ai «declassati», un Paese che continua a non premiare il merito

venerdì, febbraio 3rd, 2012

Pochi giorni fa un professoretto che da qualche settimana fa pure il viceministro del Lavoro ci è venuto a dire che se non ti sei ancora laureato a 28 anni sei uno «sfigato», aggiungendo che «essere secchioni è bello». Bene. Poi il capo del Governo dei «secchioni» – il copyright è sempre del suddetto professoretto – dice che va abolito il peso del voto di laurea nei concorsi, eliminando pure la differenza fra lauree brevi e magistrali e calcolando il valore del titolo in base alle valutazioni di un’agenzia ad hoc (conteranno anche masterse corsi di specializzazione).

Oggi Francesco Giavazzi, che è editorialista del Corriere della Sera e professore della Bocconi, dice proprio al quotidiano di via Solferino: «Un 90 alla Normale di Pisa può essere meglio di un 110 in un ateneo scadente. Negli Usa subito ti viene chiesto: dove ti sei laureato?». Prego questa gente di smetterla, ogni volta che si affrontano discorsi di questo genere, di fare paragoni con gli Stati Uniti. Lì vale ancora – con delle eccezioni, ovvio – un concetto che qui in Italia si è perso completamente: il merito. E non è un caso che i nostri migliori cervelli trovino proprio in America la loro isola felice, anche se si sono laureati in un’Università che qualche santone considera di “Serie B”. Quindi ci ritroviamo igieniste dentali in politica, raccomandati di ferro nei posti di comando bravi più a distruggere che costruire (con buonuscite a nove zeri) e chi più ne ha più ne metta.

Inoltre, se questo è il ragionamento, mi viene da pensare che gli studenti delle zone più svantaggiate di questo paese saranno ancora più penalizzati di quanto già non lo siano al momento. Si allargherà la frattura fra ricchi e poveri, che è già oggi corposa. Forse è questo il vero progetto, ma non ce ne siamo ancora accorti granchè bene. Meglio capirlo in fretta, prima che sia troppo tardi.

Vuoi fare un colloquio di lavoro? Paga 100 euro

giovedì, agosto 11th, 2011

Il mondo è sull’orlo del precipizio. L’America ha rischiato per la prima volta nella sua storia il default, poi come una mazzata fra capo e collo è arrivato il dowgrade di Standard & Poor’s, che ha avuto conseguenze spaventose sui mercati. Anche la Francia (mercoledì si era diffusa la notizia di un possibile declassamento da parte di Moody’s e Fitch, poi smentito) e addirittura la Germania sono a rischio, malgrado le loro economie siano messe meglio – ma non troppo – della nostra. Dal punto di vista interno, ad aggravare la situazione, c’è il fatto che la sterile manovra varata dal Governo ha bisogno quotidianamente di essere monitorata e corretta.

Ebbene, in questo scenario apocalittico c’è chi ha pensato astutamente di disincentivare ragazzi e ragazze che cercano un’occupazione. In che modo? Facendo pagare loro il colloquio di lavoro. Si, avete capito bene: oltre che di spirito d’iniziativa, buona volontà e un vestiario adeguato, dovete presentarvi all’appuntamento con una banconota da 100 euro in mano per poter sostenere il colloquio con il capo d’azienda o con un suo consulente. Poi sta a lui scegliervi o meno (ma intanto i soldi li ha messi in tasca). Quanto appena raccontato accade a Milano, alla Alessandro Proto Consulting, società che opera nel campo della consulenza finanziaria e immobiliare.

«È una scelta strategica per operare una prima scrematura fra i candidati – dice il presidente Alessandro ProtoIn media ricevo 10-15 curriculum al giorno, contatto ragazzi dal profilo brillante ma che scopro poco ambiziosi durante il colloquio, per nulla intraprendenti o addirittura impreparati sulla mission della società». A questo punto ci si domanda quale sia la risposta dei candidati, e Proto risponde: «Positiva, direi: su dieci ragazzi contattati, cinque hanno accettato di pagare il colloquio, e di questi tre sono stati assunti». Quindi, a conti fatti, sono 200 euro guadagnati in modo pulito, senza che poi il candidato sia stato assunto. In conclusione va specificato che, da bravi economisti, vi rilasciano pure la ricevuta: sono davvero persone perbene, non c’è che dire.