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Concertazione, indietro tutta – da “Il Punto” del 14/09/2012

lunedì, settembre 17th, 2012

«Esercizi profondi di concertazione nel passato hanno generato i mali contro i quali oggi noi lottiamo, e a causa dei quali i nostri figli e nipoti oggi non trovano facilmente lavoro». Così parlò Mario Monti lo scorso 11 luglio dal palco dell’assemblea annuale dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana. Era il giorno in cui Silvio Berlusconi confermava le indiscrezioni del Corriere della Sera e annunciava una nuova “discesa in campo”, ma anche quello in cui Vittorio Grilli veniva nominato ministro dell’Economia. Nulla però fece rumore quanto le frasi del premier. Arrivate, oltretutto, a pochi giorni di distanza dalla bocciatura – con seguente ridimensionamento “istituzionale” – del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che aveva dato solo «sei meno meno» all’operato dell’esecutivo, definito la riforma del mercato del lavoro una «boiata», e si era detto «totalmente d’accordo» con il Camusso-pensiero. Il quale, come abbiamo imparato a conoscere in questi nove mesi, è agli antipodi con quello dello stesso Monti e del ministro del Welfare Elsa Fornero. Insomma, ostracizzare i provvedimenti messi nero su bianco dal governo e criticare a spada tratta tutti gli sforzi che i “Monti boys” stanno difficilmente facendo avrebbe portato ad una crescita dello spread. Quindi meglio ingoiare il rospo e via. Perché «ce lo chiede l’Europa», «siamo ad un passo dal baratro» e via discorrendo. Poi però, a soli tre mesi di distanza, è successo quello che forse nessuno si sarebbe mai immaginato. E cioè che il presidente del Consiglio, a poche ore dall’inizio del vertice fra il governo e le imprese che si è svolto la scorsa settimana, abbia annunciato come «molto della sorte dei lavoratori, degli imprenditori e del Paese è nelle mani delle parti sociali italiane, e non solo e non tanto in quelle del governo». Questo perché, aggiungeva Monti alla fine del “tavolo”, «bisogna abbattere lo spread della produttività. E bisogna fare in fretta: l’Europa ci guarda». Scendendo su un terreno molto più discorsivo e colloquiale, potremmo citare la tecnica del bastone e della carota: alternare alle cattive maniere (le critiche alla concertazione) quelle buone («serve uno sforzo congiunto»). Ma rischieremmo di mancare clamorosamente il bersaglio. Perché quella di nove giorni fa non è la sola “piroetta” dell’ex Commissario europeo. Prima il balletto sulle liberalizzazioni, poi il teatrino sui poteri forti – «In Italia non ne conosco, magari questo Paese ne avesse di più», disse a novembre. Poi a giugno denunciò: «Negli ultimi tempi il governo ha perso il sostegno di Confindustria e dei poteri forti» –, infine la marcia indietro sulla questione di cui si è parlato finora. Nel mezzo ci sono i numeri in crescendo di debito pubblico, disoccupazione e richieste di cassa integrazione (secondo l’Inps, ad agosto sono stati autorizzati alle imprese 67 milioni di ore di Cig, +18,7% rispetto allo stesso periodo del 2011); le questioni di Alcoa, Carbosulcis e di altre migliaia di piccole e media imprese in difficoltà; un Parlamento in letargo che rischia il “miracolo” al contrario di varare una legge elettorale peggio del “Porcellum”. E pensare che l’indimenticato Tommaso Padoa Schioppa, noto per la frase sui «bamboccioni», poche settimane dopo essere diventato ministro dell’Economia (2006) disse: «Concertazione e accordo sono parole del linguaggio musicale»…

Twitter: @GiorgioVelardi

Dagli «sfigati» ai «declassati», un Paese che continua a non premiare il merito

venerdì, febbraio 3rd, 2012

Pochi giorni fa un professoretto che da qualche settimana fa pure il viceministro del Lavoro ci è venuto a dire che se non ti sei ancora laureato a 28 anni sei uno «sfigato», aggiungendo che «essere secchioni è bello». Bene. Poi il capo del Governo dei «secchioni» – il copyright è sempre del suddetto professoretto – dice che va abolito il peso del voto di laurea nei concorsi, eliminando pure la differenza fra lauree brevi e magistrali e calcolando il valore del titolo in base alle valutazioni di un’agenzia ad hoc (conteranno anche masterse corsi di specializzazione).

Oggi Francesco Giavazzi, che è editorialista del Corriere della Sera e professore della Bocconi, dice proprio al quotidiano di via Solferino: «Un 90 alla Normale di Pisa può essere meglio di un 110 in un ateneo scadente. Negli Usa subito ti viene chiesto: dove ti sei laureato?». Prego questa gente di smetterla, ogni volta che si affrontano discorsi di questo genere, di fare paragoni con gli Stati Uniti. Lì vale ancora – con delle eccezioni, ovvio – un concetto che qui in Italia si è perso completamente: il merito. E non è un caso che i nostri migliori cervelli trovino proprio in America la loro isola felice, anche se si sono laureati in un’Università che qualche santone considera di “Serie B”. Quindi ci ritroviamo igieniste dentali in politica, raccomandati di ferro nei posti di comando bravi più a distruggere che costruire (con buonuscite a nove zeri) e chi più ne ha più ne metta.

Inoltre, se questo è il ragionamento, mi viene da pensare che gli studenti delle zone più svantaggiate di questo paese saranno ancora più penalizzati di quanto già non lo siano al momento. Si allargherà la frattura fra ricchi e poveri, che è già oggi corposa. Forse è questo il vero progetto, ma non ce ne siamo ancora accorti granchè bene. Meglio capirlo in fretta, prima che sia troppo tardi.

Sono un lettore del “Corriere della Sera”, e voglio che domani il mio giornale sia in edicola

lunedì, settembre 5th, 2011

Domani, martedì 6 settembre 2011, avverrà qualcosa a cui difficilmente abbiamo già assistito. Un quotidiano, anzi il quotidiano più importante ed autorevole del panorama giornalistico italiano, non sarà in edicola. Per volontà diretta del segretario generale della Cigl, Susanna Camusso, il Corriere della Sera (ma anche la Gazzetta dello Sport, altro quotidiano del gruppo RCS) non verrà stampato. In prima persona, il numero uno di Corso d’Italia ha fatto in modo che i poligrafici iscritti al suo sindacato incrociassero le braccia (domani, lo ricordiamo, c’è lo sciopero indetto dalla Confederazione Generale Italiana del Lavoro per protestare contro la manovra del Governo), provocando la reazione sdegnata di Ferruccio De Bortoli. Il direttore del Corriere, con un fondo pubblicato questa mattina sul quotidiano, ha spiegato ai lettori i motivi per cui domani non potranno sfogliare il giornale (http://www.corriere.it/economia/11_settembre_05/de-bortoli-sciopero-generale-commento-camusso_cdd55aea-d77b-11e0-af53-ed2d7e3d9e5d.shtml).

Un fatto grave, che lascia amarreggiati soprattutto perchè dalla bocca di sindacalisti ed esponenti dell’intellighenzia di sinistra arrivano spesso – e a volte senza giusta causa – proclami a favore della tanto decantata libertà di stampa. Per carità, scioperare è un diritto sancito dalla nostra Costituzione (art. 40), ma è altrettanto giusto poter fruire del proprio organo di stampa senza che un leader sindacale intervenga direttamente in situazioni di questo genere. E in questa occasione pare sinceramente essere di fronte ad un capriccio della Camusso. Il Corriere della Sera è un quotidiano nazionale, scevro da interessi di parte o in mano a qualsivoglia partito politico. Per carità, in passato ha appoggiato indirettamente questa o quella parte politica. Ma va ricordato come nessun giornale, neanche in quel tanto decantato “paradiso” anglosassone, sia privo di interessi. I giornalisti sono, prima di tutto, cittadini ed elettori, ed hanno una loro posizione. Che può essere consona o meno alla linea editoriale del giornale per cui scrivono, poi è la loro professionalità che fa il resto. Criticare è, dunque, un loro sacrosanto diritto. Senza offendere, per carità, e questo il Corriere non lo ha fatto. Se ha espresso posizioni critiche nei confronti della Cgil, in questi giorni, non ha sbagliato, perchè è quello che la stampa deve fare. E se non lo facesse ci lamenteremmo del contrario.

Domani verrà messo un bavaglio all’informazione. Un bavaglio vero, perchè se la legge sulle intercettazioni è ancora in fase embrionale e le telefonate possono ancora essere ascoltate e pubblicate, il fatto che domani il quotidiano di Via Solferino non esca è certo al cento per cento. Nel corso del pomeriggio, su Facebook, sono nate due pagine per “protestare” contro quanto accadrà domani. A margine di questo articolo troverete gli indirizzi: iscritevi numerosi, mi raccomando.

In conclusione vorrei far notare come nessun esponente di quella che prima ho definito “intellighenzia di sinistra” abbia espresso il suo punto di vista. Quando Michele Santoro vedeva minato il suo programma, quell’”Annozero” che sembra più “La Corrida” che un talk show politico, la mobilitazione è stata generale. Parafrasando le parole pronunciate dall’ormai ex istrione di Viale Mazzini, dico: “Sono un lettore del Corriere della Sera, e voglio che domani il mio giornale sia in edicola“.

Gruppo: https://www.facebook.com/pages/Per-la-libert%C3%A0-di-stampa-Corriere-in-edicola-il-6-Settembre/152604778162011?sk=info#!/groups/171445439596231/

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“Processo lungo”, l’ennesima mano tesa a criminali e mafiosi

sabato, luglio 30th, 2011

Difficilmente, su questo blog, avete trovato articoli che mostrassero, fra le righe, un esplicito orientamentamento politico. E, con altrettanta difficoltà, ne troverete altri a parte questo.

Quanto accaduto venerdì in Senato mi ha portato a riflettere molto e ad uscire, per una volta, dal mio ruolo di semplice “mercante di notizie“. Il cosiddetto “processo lungo” (che nei mesi successivi dovrà passare l’esame della Camera), lo dico subito e senza giri di parole, è una grande porcata, di cui il Governo dovrebbe vergognarsi. In pochi, purtroppo, sanno cosa preveda questa norma che per l’ennesima volta tende la mano ai criminali e ai mafiosi, e allunga a dismisura i tempi dei processi per favorirne la prescrizione. Sono 4 i capisaldi del disegno di legge:

  1. La modifica di alcuni articoli del codice di procedura penale, ovvero il 190, il 238 bis, il 438, il 442 e il 495, in materia di giudizio abbreviato e di delitti punibili con la pena dell’ergastolo;
  2. La norma permette alla difesa di presentare un numero illimitato di testimoni, anche nei processi di primo grado. Il giudice deve sentire tutti coloro che vengono convocati, senza poterne valutare la rilevanza o meno (in caso contrario, l’intero procedimento potrebbe essere considerato nullo). L’imputato potrà inoltre interrogare i testi, come accade in Germania, con l’avvocato che farà da mediatore per evitare errori nel porre le domande;
  3. Si dà l’addio alla “norma Falcone”, la quale prevede che una sentenza passata in giudicato possa essere considerata come prova in un altro processo. Vale lo stesso discorso fatto poco fa: si allungano ulteriormente i tempi per risentire di nuovo gli stessi testimoni, favorendo la prescrizione;
  4. Gli ergastolani non possono chiedere il rito abbreviato (con cui si evita il dibattimento e la decisione viene presa nell’udienza preliminare).

Tutte le norme valgono anche per i processi in corso, purchè questi siano ancora nella fase dibattimentale del primo grado. Come sottolineato in maniera esauriente da Luigi Ferrarella nell’edizione del Corriere della Sera di sabato 30 luglio, questa non è solo una norma ad personam per Berlusconi, ma è allargata a tutti quei delinquenti che sanno, una volta compiuto un reato, di poter anacquare il processo fino a spingerlo ai limiti dell’inverosimile. «Processo lungo, la mafia ringrazia», ha scritto ieri Famiglia Cristiana nell’edizione on line. Non serve aggiungere altro.

Lo “Squalo” è pronto a “mordere” anche in Italia

lunedì, luglio 11th, 2011

Una parola, semplice e d’impatto: Italia. Dovrebbe chiamarsi così, secondo le indiscrezioni riportate sabato 9 luglio dal Corriere della Sera, il nuovo quotidiano che Rupert Murdoch è pronto a lanciare a breve nel nostro paese.

Dopo la chiusura del News of the World, e il polverone che nelle ultime ore si sta facendo sempre più denso (secondo il Daily Mirror sarebbero state spiate anche le vittime dell’11 settembre 2001), pare che il figlio James abbia chiesto al padre-magnate il parere su un’idea che ha comunque già preso forma (secondo il quotidiano di Via Solferino il nome della testata è già stato registrato, con firme e nomi mai riconducibili al tycoon australiano).

Perchè investire in Italia, viene da domandarsi? La risposta è semplice: nel nostro paese il gruppo News Corporation non possiede un giornale. In ambito televisivo c’è Sky Italia, che ha oltre 7.600 dipendenti, dal 2003 ad oggi ha fatturato 15,9 miliardi di euro, e propone ai suoi abbonati un’offerta in continua espansione. Ora, però, è tempo di cambiare rotta e cimentarsi (anche) in altro. James, dicono i ben informati, vede ormai prossima la fine della carriera politica di Silvio Berlusconi. Sarebbe questo uno dei motivi che ha portato a fugare ogni dubbio: non avere più al governo il “nemico” numero uno nel settore dell’editoria privata è di per sè un buon inizio. 

Sembra che Rupert Murdoch non sia così convinto del nuovo prodotto, ma la prossima settimana ci sarà un incontro con il figlio per capire il da farsi.

D.a.Spo, ovvero: Dannazione! Adulti sconsiderati provocano orrore

mercoledì, aprile 27th, 2011

Sulla prima pagina del “Corriere della Sera” di oggi c’è una notizia curiosa. L’articolo, poi ripreso a pagina 24, titola: “Quei genitori ultrà litigiosi che ora rischiano il Daspo“.

Siamo a Jesolo, finale del Torneo di Pasqua fra la Fidene Calcio (compagine romana) e gli scozzesi del Langcraigs (categoria dilettanti, età dei giocatori 16/17 anni). Neanche il tempo di cominciare a giocare che i genitori dei calciatori della Fidene prima insultano e poi spintonano l’arbirtro, che interrompe la gara al 3′ minuto di gioco e chiama il 113. La Polizia identifica due persone, ma le indagini proseguono. I papà-ultrà ora rischiano il D.a.spo, ovvero il divieto di accedere alle manifestazioni sportive, mentre la Fidene non potrà participare alla manifestazione per i prossimi due anni. Ma non finisce qui, perchè un altro episodio degno di nota è accaduto nella semifinale giocata contro una formazione tedesca: dopo aver incitato in modo volgare i ragazzi, inveito contro gli avversari e sputato all’arbitro, questi esaltati hanno perfino preso a calci i propri figli, di cui non gradivano il rendimento.

Non è la prima volta che accadono episodi di questo tipo, tanto che chi gioca nelle serie considerate “minori” vive quotidianamente situazioni simili. Il problema è legato al fatto che, invece di insegnare l’educazione, la famiglia è diventata oggi il primo posto in cui apprendere come essere (al contrario) maleducati e aggressivi. Insieme alla scuola, considerata dalla sociologia l’altra grande agenzia di socializzazione a disposizione degli adolescenti, la famiglia ha completamente perso il suo ruolo guida. Anche quanto accaduto a Grosseto lo dimostra: i genitori dei ragazzi che hanno picchiato i due Carabinieri non sapevano che i loro figli fossero ad un rave party, durato la bellezza di tre giorni e due notti (e, va ricordato, tre dei quattro sono minorenni). Se da un lato c’è chi da la colpa al fatto che la famiglia coniugale in senso stretto è in crisi (spazio quindi alle cosiddette famiglia allargate), dall’altro il problema non deve esaurirsi così.

Come uscirne, dunque? È difficile dirlo ma, citando Beppe Severgnigni, oggi l’espressione D.a.Spo sembra proprio voler dire: “Dannazione! Adulti sconsiderati provocano orrore“.