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Posts Tagged ‘Ministero dell’Interno’

Sindaci minacciati ma in trincea. Migliaia di intimidazioni soltanto negli ultimi quattro anni

giovedì, marzo 30th, 2017

sindaciNinni Gemmato è il sindaco di Terlizzi, comune di circa 27mila abitanti in provincia di Bari. Lo scorso 7 marzo, alle 10.30 del mattino, il suo staff ha trovato una pallottola attaccata col nastro adesivo alla porta del suo ufficio. Ventiquattro ore prima, Gemmato aveva ricevuto anche una lettera con all’interno la fotocopia proprio di un proiettile. Prima di lui, il 4 marzo, era toccato a Pasquale Chieco, primo cittadino di Ruvo di Puglia al quale era stata incendiata la casa di campagna. Sono solo alcuni degli episodi avvenuti nelle scorse settimane. Ma non gli unici. Le minacce a sindaci, assessori e consiglieri comunali, infatti, stanno purtroppo diventando circostanze all’ordine del giorno.

I numeri dell’Osservatorio sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, istituito il 2 luglio 2015 col decreto del ministro dell’Interno su sollecitazione dell’Associazione nazionale dei comuni (Anci), ne sono la dimostrazione plastica. Nei primi tre mesi del 2017 sono stati 15 i sindaci che hanno subito atti intimidatori mentre solo fra gennaio e maggio 2016 i casi “censiti” sono stati 180: il 78% al Sud e nelle Isole, il 9% al Nord-Ovest, l’8% al Nord-Est e infine il 5% al Centro.

I numeri – A finire nel mirino, nel 44% dei casi, sono stati proprio i primi cittadini. Ma – come detto – non mancano nemmeno le minacce a consiglieri comunali (20%), assessori comunali (15%), assessori regionali (5%), vice sindaci (5%) e consiglieri municipali (4%). Un fenomeno rilevante e preoccupante, considerato pure il tributo di sangue pagato fra il 2010 e il 2013 dal sindaco di Pollica Angelo Vassallo, da quello di Cardano al Campo Laura Prati e da Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino morto dopo un lungo periodo di coma. Non solo. Nel triennio 2013-2015, sempre secondo i dati del ministero dell’Interno, gli amministratori che hanno subito intimidazioni sono stati 2.098. Nel raffronto tra 2013 e 2014, a livello nazionale si è registrato un aumento del 19,4%, passando dai 674 casi a 805 (di cui 5 attribuiti alla criminalità organizzata). Nel 2015, invece, gli atti intimidatori sono stati in tutto 619, con incrementi rispetto ai dodici mesi precedenti in Sardegna, Basilicata, Friuli Venezia-Giulia e Piemonte.

Giro di vite – Fenomeni di questo tipo, fa sapere l’Associazione guidata dal sindaco di Bari Antonio Decaro, non sono ascrivibili unicamente alla malavita organizzata, visto che la responsabilità degli amministratori locali è cresciuta al punto da sovraesporre gli stessi primi cittadini agli occhi dell’opinione pubblica. Per questo motivo, l’Anci propone un inasprimento della fattispecie penale inerente la violenza e le minacce di natura intimidatoria nei confronti dei sindaci, la copertura assicurativa per gli amministratori che subiscono danni – sia materiali sia immateriali – a seguito di atti di intimidazione e la costituzione dell’Associazione come parte civile nei procedimenti contro le attività criminose di stampo mafioso. Ma non solo. Per Decaro e colleghi è infatti necessaria la “riattivazione” dell’Osservatorio del Viminale, la cui ultima riunione tecnica si è svolta a luglio 2016. Praticamente otto mesi fa.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 29 marzo 2017 per La Notizia

Altro che lotta al bullismo. Pure il numero verde fa flop

sabato, dicembre 24th, 2016

Bullismo_MinIntEra nato con un intento nobile: segnalare via sms episodi di bullismo o legati alla droga nelle scuole italiane, consentendo così alle Forze dell’ordine di intervenire tempestivamente. Un’iniziativa voluta, è scritto sul sito del ministero dell’Interno, “in un’ottica di sicurezza partecipata, come strumento in più a disposizione di educatori, operatori scolastici, ragazzi, genitori e Forze dell’ordine per arginare e combattere due vere e proprie piaghe” che “negli ultimi quattro anni in Italia sono costati la vita a dodici studenti morti per droga e ad altri due, morti suicidi per ragioni attribuite ad atti di bullismo”. Tutto molto interessante, un passo in avanti significativo, si dirà. Se non fosse che da settembre scorso, da quando cioè gli studenti sono tornati in classe per l’inizio del nuovo anno scolastico, al numero verde 43002 attivato nel 2014 dal Viminale non risponde più nessuno. Proprio così. Ma, particolare ancora più curioso, il numero non è nemmeno “verde”: il costo del messaggio viene infatti addebitato all’utente che lo invia. Un problema che non è passato inosservato.

Tanto che a Montecitorio il Movimento 5 Stelle ha indirizzato un’interrogazione (prima firmataria la deputata Marialucia Lorefice) al neo ministro dell’Interno, Marco Minniti, per chiedere spiegazioni. Rivelando, ad esempio, come da una telefonata effettuata alla Questura di Torino sia stata accertata l’effettiva sospensione del servizio. Di più: “Il problema della disattivazione – è scritto nell’interrogazione – è stato sollevato da oltre un mese al ministero, ma nulla è cambiato a riguardo”. Il motivo? Non è dato saperlo. “Bullismo e cyberbullismo”, dice a La Notizia la Lorefice, “sono due fenomeni estremamente gravi e sempre più dilaganti. Occorre un intervento normativo che punti soprattutto sulla prevenzione, l’educazione e il recupero della vittima ma anche di colui che commette l’illecito”.

Tutto fermo – Circostanza per certi aspetti ancora più grave, ricorda la deputata pentastellata, “in Italia manca una normativa che li disciplini. Mesi fa in Parlamento è stata avviata la discussione di una proposta di legge in merito, che purtroppo ha perso la sua essenza originaria, è stata depotenziata, puntando sull’aspetto repressivo”. Così “oggi quella proposta è ferma al Senato: auspichiamo si ritorni presto a discuterla e che si capisca che la vera battaglia a questi fenomeni passa attraverso una buona forma di educazione, coinvolgendo famiglia e scuola”, conclude la Lorefice.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 23 dicembre 2016 per La Notizia 

Caso Giorgia Meloni, nei Comuni la parità di genere resta un miraggio: su 7.684 sindaci italiani solo 1.048 sono donne

venerdì, marzo 18th, 2016

È quanto emerge dai dati pubblicati dal ministero dell’Interno. Che documentano come le quote rose siano minoritarie nelle amministrazioni degli enti locali. Solo il 13,6% guida un comune contro l’86,4% dei colleghi uomini. Forbice pronunciata anche tra vice-sindaci, consiglieri e assessori. Maglia nera a quattro regioni: in Basilicata, Calabria, Trentino-Alto Adige e Umbria nessuna prima cittadina nei centri con più di 15 mila abitanti

sindaci-675È proprio vero: l’Italia non è un Paese per donne. Soprattutto in politica. A dirlo non sono solo la viva voce di Guido Bertolaso e Silvio Berlusconi, che hanno “consigliato” alla leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, di non correre per il Campidoglio perché “una mamma non può fare il sindaco”. O la parole pronunciate dall’0rmai ex candidata del Movimento 5 Stelle (M5S) a primo cittadino di Milano, Patrizia Bedori. “Mi avete chiamato casalinga, disoccupata, grassa e brutta”, ha scritto su Facebook attaccando frontalmente alcuni ex esponenti del M5S. A rivelarlo, invece, sono i dati messi nero su bianco dal Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali del ministero dell’Interno. Che periodicamente analizza la presenza maschile e femminile nelle amministrazioni locali. Con risultati tutt’altro che incoraggianti per il ‘gentil sesso’.

SINDACHE CERCASI – Gli ultimi numeri a disposizione sono datati 8 marzo 2016, giorno della ‘Festa della donna’. Ma, come detto, c’è poco da festeggiare. Per capirlo basta un solo dato: su 7.684 sindaci italiani solo 1.048 sono donne. Appena il 13,6%. Insomma, poco più di una su dieci. I primi cittadini uomini, al contrario, sono 6.636. Cioè l’86,4%. In particolare, nei centri con una popolazione fino a 15 mila abitanti, i sindaci di sesso maschile sono 6.036, quelli di sesso femminile 982. In quelli con popolazione superiore a 15 abitanti, invece, ai 600 sindaci uomini si contrappongono appena 66 sindache. E anche quando si parla dei vice-sindaci, 4.448 in totale, i numeri non sorridono alle donne. Che sono 1.067 contro 3.381 uomini. Ovvero il 24% contro il 76%.

STESSA MUSICA – Il leitmotiv è lo stesso anche quando si parla delle altre cariche. Prendiamo per esempio gli assessori comunali. In totale, in Italia se ne contano 18.089. Le donne? Sono soltanto 6.442 (il 35,6%) contro gli 11.647 colleghi uomini (il 64,4%). Poi ci sono i presidenti dei consigli comunali. Stavolta, lo squilibrio è ancora più forte rispetto ai casi elencati finora. Infatti, solo 260 dei 1.185 vertici degli organi di indirizzo e controllo politico-amministrativo locale censiti sono di sesso femminile. Tradotto in percentuale significa il 22%, contro i 925 di sesso maschile (il restante 78%). Infine, ci sono i consiglieri comunali: dei 71.599 totali (50.273 nei comuni con popolazione fino a 15 mila abitanti e 3.064 negli altri), le donne sono il 33,6% (24.083) e gli uomini il 66,4% (47.516).

GIRO D’ITALIA – Ma il Dipartimento per gli Affari interni e Territoriali del Viminale ha pubblicato anche le statistiche suddividendo la presenza della ‘quote rosa’ nelle varie regioni dello Stivale. Ne consegue che in Basilicata, in Calabria, in Trentino-Alto Adige e in Umbria – nei comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti – la casella dei sindaci donne è ferma azero. Non se la passano meglio nemmeno Campania (3 prime cittadine donne contro 65 uomini), Sicilia (2 contro 59), Toscana(7 contro 46), Abruzzo (una contro 15) e Friuli-Venezia Giulia (una contro 10). Anche in Emilia-Romagna il rapporto è alquanto squilibrato: 45 sindaci di sesso maschile e appena 8 di sesso femminile (il 15%). Stesso discorso pure nel Veneto amministrato dal leghista Luca Zaia, dove le sindache sono il 18,5%: appena 10 contro i 44 colleghi uomini.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 16 marzo 2016 per ilfattoquotidiano.it)