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Da Renzi solo superficialità. Staino vota Orlando per riunire il Centrosinistra

domenica, aprile 30th, 2017

Sergio_StainoSergio Staino non è uno abituato a disertare appuntamenti così importanti. Ecco perché domani l’ex direttore de l’Unità, vignettista e “papà” di Bobo, sarà fra coloro che sceglieranno il nuovo segretario del Pd. Nonostante una disaffezione generalizzata per le primarie, alle quali dovrebbero partecipare, dicono i sondaggi, circa la metà di iscritti e simpatizzanti del 2013. “Voterò per Andrea Orlando perché credo che un suo buon risultato possa contribuire a riunire il Centrosinistra, un lavoro che Matteo Renzi ha più difficoltà a realizzare”, spiega Staino a La Notizia.

Il rapporto fra voi due non è mai stato idilliaco…
Ha avuto degli alti e dei bassi, lo chiamerei dialettico, com’è giusto che sia all’interno di un partito di tante anime. Al di là delle questioni personali, è indubbio che l’ex sindaco di Firenze abbia la vittoria in tasca. Mi piacerebbe che dopo queste primarie Renzi si convincesse a svolgere un lavoro collegiale, senza continuare a fare di testa sua, com’è successo finora. Il Pd deve rispettare tante anime, non una sola.

In questo, secondo lei, “Matteo” va rimandato senza appello.
Direi proprio di sì. Se vittoria sarà, mi auguro sia “temperata”: Renzi deve seguire i consigli di chi ne sa più di lui, guardarsi intorno, senza ripetere esperienze come quella de l’Unità, per esempio. Ci ha ignorati fin dall’inizio, non è stato piacevole…

Perché il Guardasigilli e non Emiliano? Anche lui vuole tagliare i ponti con l’esperienza dell’ex premier.
Non lo prendo neanche in considerazione. Gliel’ho detto anche a quattr’occhi: fin quando sarà ufficialmente membro della magistratura non lo vedrò come un uomo politico. La sua peraltro è una linea avventurista, superficiale e contraddittoria: francamente, spero che prenda pochi voti.

Queste potrebbero essere le primarie che segneranno la fine del Pd?
Non lo so, di sicuro c’è che la sinistra italiana è in una crisi profondissima e senza un leader. L’abbandono di una filosofia politica storicamente consolidata si è profondamente perduta lasciando spazio alla superficialità tipica del mondo globale e virtuale. Non c’è più nessuno che studia.

Nemmeno Renzi?
Nemmeno lui. Avrebbe dovuto imparare da grandi vecchi come Macaluso, Masullo, Vega. Invece ha dimostrato tanta superficialità: la politica è molto più dura e profonda.

Ieri, sul Corriere, Pagnoncelli ha scritto che queste primarie sembrano “più un processo di legittimazione del leader che un laboratorio di nuove idee”. Condivide?
Sono d’accordissimo.

Quindi il Pd sta diventando un partito personale?
Sta diventando sicuramente quello che Veltroni non voleva che fosse, cioè una forza fondata sul corpo del leader. L’errore più grande commesso da Renzi è stato quello di aver dissolto il Pd. La “botta” più forte che ha preso, cioè la sconfitta al referendum, è stata figlia dell’assenza del partito sul territorio. Oggi rivolgersi ai contesti locali con una piattaforma che si chiama “Bob” vuol dire aver capito poco…

Domani ai gazebo dovrebbe andare circa la metà di coloro che votarono nel 2013. Pesa la scissione di Mdp?
Conterà tanto, anche perché Bersani e D’Alema gettano sfiducia. Una sensazione che certe mattine coinvolge anche me, ma poi mi ricordo di essere schiavo della parola di Gramsci.

Renzi intanto ha chiuso loro le porte in ottica alleanze post-voto.
Il Pd, al di là di chi lo guiderà, dovrà cercare di stringere alleanze, possibilmente senza andare contro natura. Credo però che quella con Mdp sia un’esperienza chiusa: dopo le accuse con cui sono andati via meglio lasciarsi dove stanno, complice pure lo scarso numero di seguaci che hanno. Guarderei piuttosto a Pisapia e a Sinistra Italiana.

E se alla fine, invece, l’alleanza il Pd la facesse con Berlusconi?
In condizioni eccezionali, a difesa della democrazia possono crearsi alleanze eccezionali. Un patto con Berlusconi per arginare l’avanzata del grillismo va messo in conto. Vedremo, mi auguro che non ce ne sia bisogno.

Tornerà a dirigere l’Unità?
Al momento non ci sono le condizioni: esiste un coacervo di problematiche e la totale assenza di volontà politica di superarle. Mi sono dimesso per questo. Aspettiamo il risultato delle primarie, ma se Renzi resterà in sella non so quanto gli interesserà de l’Unità.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 29 aprile 2017 per La Notizia

Gentiloni stai davvero sereno. Il viceministro Bubbico è passato con Mdp, ma rassicura: “Fiducia doverosa”

giovedì, marzo 2nd, 2017

11190908283_4814201231_bSi sono costituiti ieri sia a Montecitorio (37 deputati guidati da Francesco Laforgia) sia a Palazzo Madama (14 senatori capitanati da Maria Cecilia Guerra) i gruppi di Articolo 1 – Movimento democratico e progressista. Al Senato, fra i membri c’è anche il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.

Senatore, Gentiloni può “stare sereno”?
Sono meridionale e perciò scaramantico, eviterei di usare certe espressioni… La serenità va conquistata di giorno in giorno, agendo per confermare gli obiettivi annunciati.

Continuerete ad appoggiare il Governo o no?
I neonati gruppi di Democratici e progressisti confermano la fiducia all’Esecutivo, una fiducia che personalmente reputo doverosa perché l’Italia possa essere aiutata a ritrovare la via migliore per rilanciarsi e tornare a crescere. Si tratta ora di capire come questa nostra volontà possa essere effettivamente declinata.

Lei continuerà a far parte dell’Esecutivo?
Sono pronto a fare un passo indietro in ogni circostanza.

Il premier sapeva che avrebbe lasciato il Pd?
Certamente. Della decisione che ho assunto ho informato per tempo sia lui sia il ministro Minniti.

Quali sono le vostre priorità?
Il problema principale è quello di affrontare la questione economico-sociale. Gentiloni sta lavorando per garantire stabilità, rassicurare i mercati e mantenere un rapporto proficuo coi partner europei. Va interrotto in tutti i modi il processo recessivo in atto da troppo tempo.

Veniamo al Pd. Nei giorni scorsi Renzi ha detto che dietro la scissione c’è la regia di D’Alema…
Ha detto bene Bersani: l’artefice della nostra fuoriuscita è stato l’ex segretario. Nel Pd c’è una visione e un metodo che ci auguriamo sia lo stesso Renzi a correggere. Qui non è in discussione una persona ma il destino del Paese. Vanno superati quegli atteggiamenti ascrivibili ad arroganza e provincialismo.

A cosa si riferisce?
Una manifestazione tipica del provincialismo è quella di cercare le soluzioni altrove. Tradotto: non serve andare in California, basta guardare alla complessità del mondo e alle nostre risorse inespresse.

Orlando o Emiliano potrebbero “ricucire” lo strappo?
Vorrei tanto che fosse Renzi a fare opera di pacificazione, prendendo atto del fatto che non è il capo di una tribù ma di una comunità ricca e articolata.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 1 marzo 2017 per La Notizia