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Posts Tagged ‘Mariarosaria Rossi’

I morosi non pagano: Forza Italia rischia di fallire

giovedì, aprile 6th, 2017

Berlusconi visita il comitato elettorale per Bertolaso SindacoHanno fatto orecchie da mercante. Costringendo il tesoriere del partito, Alfredo Messina, a brandire nuovamente carta e penna per scrivere una lettera dal finale infuocato. Sintetizzabile più o meno così: Forza Italia è a rischio fallimento. Tutto vero. A niente è servito l’appello lanciato il 27 gennaio scorso dal successore di Mariarosaria Rossi in un’altra missiva indirizzata a parlamentari, europarlamentari e consiglieri regionali azzurri. Nella quale, in sostanza, Messina “invitava” i “morosi” a versare entro il 28 febbraio la quota che gli eletti devono corrispondere al partito. Pena il deferimento al collegio dei probiviri e (addirittura) l’esclusione dalle prossime liste. “Siamo oramai sotto il livello di sopravvivenza”, avvertiva il tesoriere, ed “esiste un limite fisiologico al di sotto del quale la ‘macchina partito’ diventa un puro costo e non è più di nessuna utilità”. Come avranno risposto gli interessati? Si saranno premurati di saldare i debiti? Macché.

Per capire l’andazzo basta prendere infatti la seconda lettera messa nero su bianco da Messina il 31 marzo, che La Notizia ha potuto visionare. “Lo stato d’insolvenza rimane grave – ha chiarito senza mezzi termini il guardiano delle casse di FI –. Con vivo rammarico faccio presente che nel bimestre gennaio-febbraio 2017 solo il 40% dei parlamentari e il 10% dei consiglieri eletti ha finora provveduto ad erogare i corrispettivi mensili dovuti”. Più chiaro di così. Non solo. Messina ha tenuto a ricordare “come i costi di funzionamento non possano essere ulteriormente ridotti, cosicché l’unica via è quella di riequilibrare le entrate”. E allora “mi permetterete di chiedere a coloro che persistono nella posizione di parziale o di totale insolvenza”, conclude il tesoriere di FI, “se siano consapevoli che il Movimento rischia la paralisi, e se ritengano sia equo e leale che solo alcuni debbano farsi carico per tutti di tenere in vita la struttura di Forza Italia”.

Ma cosa dicono i parlamentari? L’ex ministro Gianfranco Rotondi twitta così: “Accade ora a Forza Italia quel che nell’indifferenza generale accadde al mio partito: insolvenza, zero entrate, sto pagando io a rate. Va così”. Interpellato da La Notizia, invece, un suo collega, dietro garanzia di anonimato, ci va giù durissimo: “Ormai FI non esiste come partito ma solo come ramo d’azienda di Berlusconi, quindi se la paghi lui…”. 

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 5 aprile 2017 per La Notizia

Berlusconi passa all’incasso e apre la caccia ai morosi di Forza Italia. Chi non salda si scordi la prossima candidatura

giovedì, febbraio 23rd, 2017

photolenta_big_photoLi vuole tutti, e li vuole subito. Senza perdere altro tempo. Silvio Berlusconi ha deciso di passare all’incasso, puntando a stanare una volta per sempre i tanti “morosi” di Forza Italia. Tutto vero. Dentro al partito azzurro infatti sono parecchi quelli che nel corso degli ultimi anni non hanno messo mano al portafogli e versato gli importi dovuti a titolo di contributo. Soldi che servono per sostenere le attività del partito. Ma non solo. Ecco perché adesso il Cavaliere ha deciso di lanciare un vero e proprio aut aut: o pagate o siete fuori. Il messaggio è arrivato ai diretti interessati con una lettera, partita dopo l’ultima riunione del comitato di presidenza (di cui fanno parte alcuni pezzi da novanta come Carfagna e Gelmini) e firmata da Alfredo Messina, che dalla metà del 2016 ha preso il posto di Mariarosaria Rossi come tesoriere.

“Siamo ormai sotto il livello di sopravvivenza, (…) esiste un limite fisiologico al di sotto del quale la ‘macchina partito’ diventa un puro costo e non è più di nessuna utilità”, scrive Messina senza mezzi termini: “Si tratta di uno stato di insolvenza risalente, con riferimento agli ultimi anni, già al 2014 e al 2015 e che si è persino aggravato nel corso del 2016”. Il tutto prima di dettare i tempi.

Pagare prego – “Il comitato di presidenza – ha continuato Messina – ha stabilito che entro il 28 febbraio p.v., senza la possibilità di ulteriori proroghe, tutti gli appartenenti al movimento politico Forza Italia devono provvedere a regolarizzare la propria posizione per le insolvenze pregresse”. Altrimenti? Stavolta le “pene” per coloro che non si metteranno in regola sono pesanti. Si va dalla decadenza automatica da ogni incarico di partito all’esclusione dalle riunioni degli organi collegiali, passando per il deferimento al collegio dei probiviri “per le valutazioni di competenza”. In ogni caso, “è fin d’ora esclusa la ricandidatura alla prossima tornata elettorale politica o regionale”. Proprio così c’è scritto. Certo, l’ex premier non ha voluto usare solo il bastone. Così ha deciso di predisporre una serie di “agevolazioni” per chi salderà i propri debiti.

Saldi al via – Per esempio, coloro che saneranno totalmente la loro posizione entro la data prevista “beneficeranno di una riduzione del 20% degli importi dovuti sia a titolo di contributo, sia a titolo di versamento dell’importo di 25.000 euro non effettuato all’inizio legislatura”. E ancora: “Coloro che chiederanno una rateizzazione degli importi dovuti dovranno”, sempre entro fine mese, “avere versato l’intera quota di iscrizione e almeno il 25% dell’importo dovuto”, impegnandosi a versare la somma restante in 4 rate trimestrali (senza interessi). Basterà questa apertura per svegliare dal letargo i “morosi”? “Visto com’è andata nel Pdl, dove sono sempre esistiti figli e figliastri e anche chi non era in regola è stato comunque ricandidato, nessuno ci crede”, dice a La Notizia un illustre parlamentare forzista.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 22 febbraio 2017 per La Notizia

Finanziamento partiti, Forza Italia: “Abolire il tetto donazioni a 100mila euro previsto da legge Letta”

mercoledì, marzo 16th, 2016

È quanto chiede la tesoriera azzurra, Mariarosaria Rossi. Con un disegno di legge depositato a Palazzo Madama. Per cambiare “l’ennesima norma contro Silvio Berlusconi”. Ma i colleghi degli altri schieramenti si dicono apertamente contrari. A cominciare da Bonifazi (Pd) e Librandi (Scelta civica). Critiche dal M5S: “Si rischia di finire sotto ricatto delle lobby”. Mentre Sel propone il ritorno ai contributi pubblici. Con l’istituzione di un fondo presso il Mef: un euro per ogni voto regolarmente espresso alle elezioni

mariarosaria-rossi675È stato assegnato alla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Dove però, almeno fino a questo momento, è rimasto lettera morta. Probabilmente per la delicatezza del tema, visto che siamo in tempo di tagli e spending review. Stiamo parlando del disegno di legge (ddl) presentato dalla tesoriera di Forza Italia (FI), la senatrice Mariarosaria Rossi, allo scopo di abolire il tetto al finanziamento dei partiti fissato a 100mila euro annui – per le erogazioni liberali di persone fisiche e non – dalla legge del governo di Enrico Letta (2014). Quella che ha messo la parola “fine” proprio sul finanziamento pubblico diretto e indiretto alle varie formazioni che siedono in Parlamento, sostituendolo con agevolazioni fiscali, detrazioni e destinazione volontaria del 2 per mille Irpef. Il quale si è finora rivelato un flop, visto che nel 2015 solo il 2,7% dei contribuenti ha deciso di destinarlo loro. Provocando non pochi danni alle casse dei partiti. A cominciare proprio da quello di Silvio Berlusconi, che a dicembre ha licenziato gli 80 dipendenti di FI con una lettera inviata proprio dalla Rossi. “Un atto dovuto, che mi ha causato grande sofferenza”, ha spiegato la diretta interessata in un’intervista rilasciata a dicembre al Corriere della Sera.

PIÙ SOLDI PER TUTTI  Ma cosa prevede, in soli due articoli, il disegno di legge della tesoriera forzista? Di modificare cinque commi (7, 8, 9, 10 e 12) dell’articolo 10 della suddetta legge, permettendo così “a ciascuna persona fisica” di “effettuare erogazioni liberali in denaro o comunque corrispondere contributi in beni e servizi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, anche per interposta persona o per il tramite di società controllate, in favore di un singolo partito politico”. Non solo. I benefici sono estesi pure ai “soggetti diversi dalle persone fisiche” i quali, è scritto ancora nel ddl, “possono anch’essi effettuare erogazioni liberali in denaro o comunque corrispondere contributi in beni e servizi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, in favore dei partiti politici”. Insomma, un ritorno al passato. Per cercare di cambiare “l’ennesima norma contra personam per impedire a Silvio Berlusconi di continuare a sostenere Forza Italia”, come l’ha bollata la Rossi parlando con il quotidiano di via Solferino. Una proposta che però, malgrado l’intento della guardiana delle casse di Forza Italia di trovare un consenso bipartisan, non trova d’accordo i tesorieri dei principali partiti. A cominciare proprio da quello del Partito democratico (Pd), Francesco Bonifazi.

C’È CHI DICE NO  “Abbiamo voluto l’abolizione del finanziamento pubblico e l’abbiamo ottenuta – dice il deputato dem a ilfattoquotidiano.it –. Mi sembra un errore innalzare il limite dei 100 mila euro perché si corre il rischio di concentrare il finanziamento stesso nelle mani di pochi privati. Perciò quella soglia deve rimanere ferma dov’è: si impegnino tutti a fare raccolta con il 2 per mille che per il Pd è stato il vero punto di forza”. La pensa allo stesso modo anche il tesoriere di Scelta civica, Gianfranco Librandi. “Se eliminassimo il limite al finanziamento – spiega il parlamentare centrista – sarebbero troppo agevolati quei partiti che fanno riferimento a gruppi finanziari o di capitalisti nazionali o multinazionali”. Anche se, aggiunge, “le regole attuali si sono dimostrate inadeguate all’obiettivo di rendere funzionanti i vari schieramenti come espressione della volontà popolare” e “anche il sistema del M5S non funziona, per la totale mancanza di chiarezza e trasparenza di bilancio relativa alle fonti di finanziamento”. Però “un limite ci deve essere”, conclude Librandi, che propone “erogazioni fino a 200 mila euro per le persone fisiche e fino a 500 mila per quelle giuridiche, più la destinazione volontaria del due per mille e naturalmente un fund raising libero”.

SOTTO RICATTO  Apertamente contrario al ddl presentato dalla senatrice di Forza Italia anche il Movimento 5 Stelle. “Già all’epoca del decreto Letta, che proponeva di limitare le donazioni liberali ai partiti a 300 mila euro, ci opponemmo presentando anche diversi emendamenti, tra cui quelli per abbassare la soglia a 10 mila euro e per procedere alla confisca delle somme di denaro pubblico non rendicontate e in molti casi sperperate dai partiti”, afferma la capogruppo a Palazzo Madama, Nunzia Catalfo. “Togliere il tetto dei 100 mila euro e consentire così ai partiti di ricevere ingenti somme di denaro da privati – prosegue – è molto pericoloso perché espone la politica al ricatto delle lobby e mina la democrazia nel nostro Paese che già, di fatto, è a rischio. Noi poco trasparenti? Al contrario, il M5S ha ampiamente dimostrato come si possa fare politica senza percepire rimborsi elettorali o senza grandi risorse a disposizione”, conclude la parlamentare ‘grillina’. “Il Nuovo centrodestra ha deciso di puntare sul 2 per mille e sui contributi volontari della base, è un problema che sostanzialmente non ci riguarda – taglia corto il tesoriere degli ‘alfaniani’ Paolo Alli –. Disquisire sull’innalzamento del tetto previsto dalla legge credo abbia più che altro un effetto psicologico e niente di più”.

SOLO UN EURO  A Montecitorio, invece, Sinistra Ecologia Libertà ha depositato una proposta di legge, primo firmatario Giovanni Paglia, per l’istituzione di un fondo per il finanziamento dei partiti e dei movimenti politici presso il ministero dell’Economia, “alimentato annualmente in sede di legge di stabilità nella ragione di 1 euro per ogni voto regolarmente espresso nel corso delle consultazioni elettorali”. Praticamente quasi un ritorno ai vecchi rimborsi elettorali. I beneficiari? “I partiti con almeno un rappresentante eletto nel Parlamento nazionale o in almeno tre consigli regionali”. E ancora: “Si prevede l’esclusione del finanziamento diretto o indiretto da parte, ad esempio, di persone fisiche o giuridiche – dice la proposta – che abbiano in essere concessioni da parte dello Stato, delle regioni, degli enti locali, di enti pubblici ovvero di società a partecipazione pubblica diretta o indiretta”.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 14 marzo 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Forza Italia in libera uscita, dopo il Senato ora tocca alla Camera: verso l’addio anche Lainati e Romele

giovedì, dicembre 24th, 2015

A Montecitorio gli emissari di Verdini al lavoro. Girandola di contatti con gli ex colleghi del partito di Berlusconi per rafforzare il gruppo di Ala. Praticamente fatta per la Polverini, in stand by anche i campani Cesaro, Russo e Sarro: solo la nomina di Mara Carfagna a nuovo capogruppo azzurro in sostituzione di Brunetta potrebbe convincerli a restare. D’Anna: “FI paga l’appiattimento sulle posizioni di Meloni e Salvini”. Ma nel mirino ci sono anche i fittiani a Palazzo Madama: l’obiettivo è sgonfiare i Conservatori e Riformisti dell’ex governatore della Puglia

berlusconi-675Lunedì pomeriggio Luca D’Alessandro percorreva chilometri da un lato all’altro del Transatlantico di Montecitorio. Senza mai staccare mani e orecchie dal telefonino. Insieme ad Ignazio Abrignani e Massimo Parisi sta gestendo i contatti con gli ex colleghi di Forza Italia che stanno meditando seriamente l’addio al partito di Silvio Berlusconi. Per gli emissari di Denis Verdini, fondatore della nuova componente parlamentareAlleanza Liberalpopolare Autonomie (Ala), sono giornate intense e decisive. E il trasloco annunciato ieri al Senato dai coniugi Sandro Bondi e Manuela Repetti insieme ad Enrico Piccinelli tra i banchi del gruppo dell’ex plenipotenziario del Cavaliere sarebbe solo l’antipasto di quello che, entro la fine dell’anno, potrebbe succedere anche alla Camera. Dove a parte l’ex governatrice del Lazio, Renata Polverini, che ha praticamente già anticipato a mezzo stampa l’intenzione di passare coi verdiniani, potrebbero lasciare FI anche l’ex capo ufficio stampa del partito Giorgio Lainati e Giuseppe Romele. Nomi ai quali vanno aggiunti anche quelli di una serie di deputati ancora in forse, che stanno meditando sul da farsi. A cominciare dalla pattuglia dei campani (da Luigi Cesaro a Paolo Russo e Carlo Sarro), che restano però in attesa della nomina della Mara Carfagna come nuovo capogruppo al posto del contestato Renato Brunetta prima di sciogliere la riserva.

TUTTI CONTRO TUTTI – È questo il risultato delle ultime, travagliate vicende che stanno spaccando il partito di Berlusconi. A cominciare dalle laceranti divisioni emerse in occasione del voto sulla mozione di sfiducia individuale contro il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi, in relazione alla vicenda Banca Etruria. Un episodio che ha seminato all’interno dei gruppi parlamentari ulteriori dosi di malumore e scontento. “Più che di scontento parlerei di sconcerto”, fotografa con una battuta la situazione dentro FI il senatore verdiniano Vincenzo D’Anna a ilfattoquotidiano.it.“Ormai assistono attoniti a tutta una serie di decisioni in contrasto tra loro: da un lato Brunetta attacca Renzi, dall’altro Romani cerca di interloquire con il Pd per mantenere l’accordo sui giudici costituzionali; mentre il giorno dopo Berlusconi sconfessa gli uni e gli altri – continua –. C’è gente che non ci si raccapezza più, il tutto mentre il partito si appiattisce sul lepenismo e l’euroscetticismo da una parte e la xenofobia e il razzismo del duo Meloni-Salvini dall’altra”. E proprio al Senato l’esodo potrebbe non finire qui. Nella lista degli indecisi, infatti, ci sarebbe anche i nome di Sante Zuffada.

DAGLI AI FITTIANI – Ma nel mirino del fondatore e leader di Ala non ci sono solo i berlusconiani. Infatti “l’altro obiettivo di Verdini a Palazzo Madama, oltre agli ex colleghi di Forza Italia, sono i fittiani”, rivela un ex ministro azzurro. Cioè i senatori del gruppo Conservatori e Riformisti, nato a giugno di quest’anno, che fa capo all’europarlamentare pugliese. E a cui Verdini, nei mesi scorsi, ha già strappato due importanti pedine: Eva Longo (nominata vicepresidente di Ala al Senato) e Ciro Falanga (segretario). “A Palazzo Madama – prosegue la fonte – l’uscita di un solo senatore dal gruppo di Fitto porterebbe di fatto alla sua implosione, perché scenderebbe sotto la soglia minima dei dieci eletti necessaria per formare una componente autonoma”. Proprio questo sembra essere l’obiettivo dichiarato di Verdini. Il quale, in particolare, ha messo gli occhi su Antonio Milo e Marco Lionello Pagnoncelli (anche loro ancora incerti sul da farsi). “Ma potrebbe non essere finita qui – aggiunge l’ex ministro –, anche perché il pressing è a tutto campo, sia alla Camera sia al Senato”. E poi, rivela, “quello che Verdini ha da offrire non ce l’ha nessun altro”. Ovvero? “Niente poltrone di governo o ricandidature alle prossime elezioni, ma prospettive lavorative utilizzando l’esecutivo”. Cioè quelli che in gergo vengono definiti incarichi di sottogoverno. Non è un caso che ciò che resta del ‘cerchio magico’ di Forza Italia (Deborah BergaminiMariarosaria Rossi e Giovanni Toti) stia spingendo affinché Berlusconi torni in campo in prima persona per raddrizzare la situazione. Ammesso che, arrivati a questo punto, ciò possa ancora servire a qualcosa.

(Articolo scritto con Antonio Pitoni il 23 dicembre 2015 per ilfattoquotidiano.it)