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Fra «minestre riscaldate» e il ritorno a “qualcosa di destra” – da “Il Punto” del 27/07/2012

martedì, luglio 31st, 2012

E pur si muove! Non la Terra, come nel significato originale dell’espressione coniata nel ‘700 dallo scrittore Giuseppe Baretti, ma la destra italiana. Che, nei giorni in cui Silvio Berlusconi annuncia ufficialmente il suo ritorno in campo, è in fermento. «Ridare vita ad Alleanza nazionale», opponendola alla nuova (?) Forza Italia dell’ex premier, è il progetto che circola nelle (non tanto) segrete stanze. Perché è stato Altero Matteoli, storico colonnello aennino, ad uscire allo scoperto. «Un po’ di tempo fa ci siamo trovati a cena Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri, Gianni Alemanno e il sottoscritto. In quella circostanza mi è stata prospettata l’idea di rifare Alleanza nazionale. Ho detto loro di non contare su di me», ha rivelato in un’intervista al quotidiano “Libero”. Ma che la componente di destra del Pdl fosse in agitazione lo si era capito da tempo. Proprio su questo giornale, a febbraio, avevamo ipotizzato una «Benedetta scissione», ovvero una separazione consensuale fra le due componenti del partito con il benestare di Berlusconi. Il quale ha poi però lasciato dormire l’idea, prima di rispolverarla in un momento – quello attuale – in cui il restyling passa soprattutto attraverso il ripulisti di dissidenti e malpancisti. Pensare ad una nuova Forza Italia ne è il segnale manifesto. Ma allora viene da chiedesi se non sia stato azzardato dare vita, solo quattro anni fa, al Pdl. Perché di tensioni ce n’erano già allora. Tanto che Gianfranco Fini, a dicembre del 2007 e solo un mese dopo il famoso annuncio del Predellino, andava dicendo che il Cavaliere era «alle comiche finali. Almeno per me, non esiste alcuna possibilità che Alleanza nazionale si sciolga e confluisca nel nuovo partito di Berlusconi, del quale non si capiscono valori, programmi, classe dirigente. Non ci interessa la prospettiva di entrare in un indistinto partito delle libertà». È andata diversamente, come sappiamo. Per il Pdl (che si è poi formato, con all’interno An, e ha vinto le elezioni del 2008), ma soprattutto per il presidente della Camera, epurato in plenaria e costretto a dare vita ad un nuovo soggetto politico (Fli) poi confluito nel Terzo polo. Le voci critiche, allora, non mancarono. Ma fra parole dette e non dette ci fu chi, come Roberto Menia, manifestò apertamente il suo dissenso, parlando di uno scioglimento (quello di An) avvenuto troppo in fretta. «Non credo ci volesse Einstein per vedere e capire ciò che stava accadendo» racconta Menia a “Il Punto”. «Io guardavo ciò che succedeva a destra – la mia storia politica è cominciata nel Movimento sociale ed è poi proseguita in An –, dove c’era un’identità abbastanza chiara, e mi accorgevo come il bipolarismo stesse degenerando, diventando un bipartitismo imposto. Un centrodestra italiano “diffuso” ci poteva stare, ma in quel modo diventava una omologazione di massa senza principi, fatta senza discussione, per calcolo ragionieristico e aziendalistico. E “sotto padrone”. I “colonnelli” del mio partito vedevano in questa frettolosa adesione una sorta di assicurazione sulla vita – prosegue il Capogruppo di Fli in Commissione Esteri –, immaginando di poter vivere sonni tranquilli e dorati». E Fini? «Si stava andando verso le elezioni, bisognava decidere se esserci o non esserci. Lui scelse la prima via, che sembrava anche pagare. Alle urne si andò con una lista comune, non con un partito unico: quello si è formato un anno dopo. Ed è ciò che io rimprovero: non c’era alcun bisogno di farlo. Si poteva optare per una federazione, garante delle diverse identità. Ora mi viene da sorridere», aggiunge Menia. Il motivo? «I miei ex colleghi di An, che sono ancora nel Pdl, denunciano adesso quello che noi dicevamo quando abbiamo “strappato”. Mi sembra che siano un po’ in ritardo». Un eventuale ritorno ad An? «Non credo alle minestre riscaldate. Tornare indietro è impossibile e sbagliato. Piuttosto, visto che la politica è sempre in evoluzione, credo che un domani si ricreerà “qualcosa a destra”. Ma bisognerà evitare di fare la ridicola sommatoria dei vari individui che hanno vissuto una fase in cui tutto si è disgregato. Se ci sono giovani che vogliono rimettere insieme una destra pluralista ed europea ben venga. Si eviti però di rincollare i cocci di un vaso che si è rotto». E mentre Fini, fanno sapere ambienti a lui vicini, non è d’accordo sul fare un tuffo nel passato, l’idea per il nuovo corso che coinvolgerebbe anche La Destra di Francesco Storace sarebbe quella di candidare una donna alla presidenza del Consiglio. Una vera novità per la politica italiana. Forse l’unica.

Twitter: @GiorgioVelardi

Soliti “nuovi” avanzano – da “Il Punto” del 30/03/2012

mercoledì, aprile 4th, 2012

L’ex numero uno di Confindustria si prepara a scendere in campo. «Se la politica non si rinnova faremo la nostra parte», ha più volte ribadito. Fini gli tende la mano, ma il progetto politico di Italia Futura sembra essere un altro: fare da garante al “patto di legislatura”

«Del doman non v’è certezza», assicurava alla metà del 1400 Lorenzo de’ Medici nella sua “Canzone di Bacco”. E nel domani della politica italiana accade lo stesso. Le certezze sono crollate da quando Mario Monti è diventato presidente del Consiglio, varando misure dure che i partiti – quelli che ora sembrano aver ritrovato un innato «spirito nazionale» – non hanno avuto il coraggio di mettere nero su bianco negli ultimi vent’anni. Ovvio che il cammino verso il 2013, quando terminerà l’esperienza politica dell’ex Commissario europeo e dei suoi ministri, sia irto di ostacoli. E allora ecco comparire figure nuove (o pseudo tali) sulla strada che porta alle urne. Italia Futura, il “serbatoio di pensiero” fondato nel luglio del 2009 da Luca Cordero di Montezemolo, scalda i motori. Si trasformerà in un partito, con il presidente della Ferrari candidato premier? «Forse», dicono i ben informati. È ormai chiaro che l’ex presidente di Confindustria sia pronto alla sua personale “discesa in campo”. Il gruppo di seguaci è variegato, ma formato da facce già viste. E il suo progetto potrebbe non essere quello di proporsi come leader di un partito – o di una coalizione – che lo porti a Palazzo Chigi. Bensì, fare da garante a quel “patto di legislatura” che il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini continua a chiedere con insistenza.

TRA FINI E CASINI – A destra? O a sinistra? Meglio al centro. Tra Fini e Casini. Anche se tutti e tre gli schieramenti (meglio: alcune parti di essi) vogliono accaparrarsi «the uncrowned king of Italy», come lo ha definito pochi mesi fa il Wall Street Journal. C’è chi, però, lo ha fatto capire in maniera netta. «Io e Luca diciamo cose simili, ci sentiremo e ci incontreremo in vista della costituente di centrodestra. Se son rose fioriranno», ha annunciato poco meno di quindici giorni fa Gianfranco Fini da Pietrasanta, dove si è svolta la convention di Futuro e Libertà. Che, ha tenuto a precisare il presidente della Camera, «non è un partito – perché i partiti finiscono per diventare nomenclatura –, ma un atto d’amore per l’Italia, nato dalla ribellione a Berlusconi». Per Fini la realtà appare però a tinte fosche. Oscurato da Casini, l’ex leader di Alleanza nazionale si è trovato nuovamente schiacciato sotto il peso di una figura forte com’è oggi il numero uno dell’Udc. Meglio studiare una exit strategy dal Terzo polo, aprendo a tutte quelle forze (politiche o meno che siano, visto che Italia Futura è ancora un think tank) per risollevare le sorti di una creatura che rischia di essere dimenticata in malo modo dalla storia della politica italiana. Montezemolo, per ora, resta a guardare. Anche perché, malgrado il direttore di Italia Futura Andrea Romano abbia dichiarato che «Casini e Montezemolo sono come l’acqua con l’olio, impossibili da amalgamare» (l’Unità, 23 agosto 2011), è proprio quel «governo di unità nazionale» chiesto a gran voce da Casini ad ingolosire il presidente della Ferrari. Infatti, proseguendo per altri cinque anni con la formula del ”tutti insieme appassionatamente”, in Parlamento Montezemolo potrebbe dare vita al progetto di quel «fronte liberale e democratico» di cui Carlo Calenda, Andrea Romano e Nicola Rossi (ex senatore del Pd ora nel gruppo misto, e “mente economica” della fondazione) hanno parlato in un recente articolo pubblicato sul sito di Italia Futura. La scorsa estate, quando il governo Berlusconi varò la manovra “lacrime e sangue”, lo stesso Rossi fu il relatore di un manifesto in dieci punti con cui Italia Futura chiedeva la dismissione del patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato e degli enti locali, l’abolizione delle Province e delle pensioni di anzianità, l’introduzione di un unico contratto di lavoro e la possibilità di licenziamenti per motivi organizzativi ed economici, più una serie di liberalizzazioni in settori strategici quali i servizi pubblici locali e il trasporto ferroviario regionale (Montezemolo è anche numero uno di Ntv, Nuovo Trasporto Viaggiatori). Un programma che ricalca in parte quello del governo Monti: un segno di continuità evidente, dunque. E molti interpreti, anche se il presidente del Consiglio deciderà – come ha più volte dichiarato – di non voler guidare un nuovo esecutivo, potrebbero essere gli stessi.

PASSERA E SQUINZI – A cominciare dal superministro Corrado Passera, il cui nome è stato addirittura indicato per il dopo-Monti. Che l’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo sia entrato in politica per restarci è ormai acclarato. Così come il fatto che i suoi rapporti con lo stesso Montezemolo siano floridi. Il 20 per cento di Ntv, infatti, è in mano all’istituto di credito per cui Passera ha lavorato fino a pochi mesi fa. Percentuale posseduta grazie alla Imi investimenti (società del gruppo che opera nel settore dell’equity investment), mentre il 33,5 per cento è detenuto complessivamente da Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Punzo. C’è di più: Intesa Sanpaolo è la banca che ha prestato più fideiussioni e garanzie alla società ferroviaria: un valore nominale di 51 milioni di euro su un totale di 85. Una salda amicizia, insomma. Poi c’è la questione Confindustria. Lo scorso 22 marzo Giorgio Squinzi, patron di Mapei, è stato nominato nuovo numero uno di Viale dell’Astronomia. Una scelta che ha deluso Montezemolo, che aveva puntato tutto sull’altro candidato, Alberto Bombassei, e che ha decretato la vittoria di Emma Marcegaglia, primo sponsor di Squinzi. Più vicino alle politiche della Fiat, il presidente di Brembo avrebbe addirittura permesso un rientro del gruppo automobilistico torinese in Confindustria – o almeno così aveva ipotizzato l’ad Sergio Marchionne –, dopo l’uscita del primo gennaio scorso. Una sconfitta che non dovrebbe comunque frenare le aspirazioni di Montezemolo.

LE PROSPETTIVE – Nel frattempo Italia Futura lavora alla sua espansione. Le sedi regionali sono già presenti in Basilicata, Liguria, Puglia, Marche, Toscana e Veneto, ultima in ordine di tempo ad essere inaugurata, il 3 marzo scorso. E nei distaccamenti è facile trovare esponenti del mondo dell’imprenditoria e della stessa politica. In Toscana, prima di essere nominato coordinatore nazionale, c’era Federico Vecchioni, già presidente di Confagricoltura e attualmente a capo di Agriventure (gruppo Intesa); nelle Marche la numero uno è Maria Paola Merloni (Pd), ministro ombra per le Politiche Comunitarie, mentre in Liguria c’è il proprietario della tv regionale Primocanale Maurizio Rossi. Ma un certo appeal Montezemolo lo suscita anche negli altri schieramenti politici: gli ormai noti “scajolani” sembrano pronti ad abbracciare le sue idee. Chi il matrimonio lo ha già celebrato è Giustina Destro, una delle dissidenti del Pdl, che in un’intervista al quotidiano il Riformista, datata 12 novembre 2011, ha assicurato che «Montezemolo guiderà il nuovo centrodestra». E le critiche? Ci sono anche quelle. L’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che una volta conclusa la sua esperienza col Pd aveva pensato di sottoscrivere il nuovo progetto, ha fatto sapere di non aver mai compreso appieno le intenzioni dell’ex leader degli industriali. «Speravo desse risposte, non è successo», ha dichiarato il filosofo. Il sentore è che queste arrivino presto. Molto prima di quanto immagini lo stesso Cacciari.