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Vivere verde – da “Il Punto” del 16/11/2012

giovedì, novembre 22nd, 2012

La quattro giorni dedicata alla green economy ha visto lo svolgimento degli “Stati Generali”, che hanno reso note le 70 proposte ecosostenibili per portare l’Italia fuori dalla crisi. Il governo, per bocca dei ministri Clini e Passera, ha annunciato la concessione di incentivi per l’efficienza energetica. Critiche da Wwf e Greenpeace: «Con Monti non c’è stata un’inversione di tendenza»

Avete mai pensato di regalare alla vostra dolce metà, uomo o donna che sia, una collana o un anello realizzato con materiale riciclato? Oppure di ridurre il volume dei rifiuti e contemporaneamente ricaricare la batteria della vostra auto elettrica? A Rimini, trasformatasi per quattro giorni (dal 7 al 10 novembre) nella capitale della green economy e teatro della 16esima edizione di “Ecomondo”, tutto è stato possibile. Perfino indossare orecchini fatti con i tasti di un computer e anelli di bottoni, gli eco-bijou. Un appuntamento che ha visto la presenza di oltre 84mila visitatori (con un incremento dell’11 per cento rispetto al 2011) e che quest’anno è stato accompagnato dagli “Stati generali della Green Economy”, composti da 39 associazioni di imprese che rappresentano tutti i settori dell’economia “verde” italiana, supportati dalla Fondazione per lo sviluppo Sostenibile con la collaborazione del Ministero dell’Ambiente.

LE 70 PROPOSTE “GREEN” - Sono tante le proposte per diffondere una nuova visione della green economy formalizzate nel corso della quattro giorni di lavori. Gli “Stati Generali” ne hanno messe nero su bianco 70, divise in otto gruppi. Si parte dalle misure generali, come l’adozione di una fiscalità ecologica e la promozione di un migliore utilizzo delle risorse dei fondi europei, per arrivare allo sviluppo di una mobilità sostenibile, attraverso la promozione e la diffusione di veicoli a basse emissioni e lo sviluppo di infrastrutture digitali al servizio dei trasporti. Nel mezzo ci sono lo sviluppo della ecoinnovazione; dell’ecoefficienza, del riciclo e della rinnovabilità dei materiali; dell’efficienza e del risparmio energetico (in questo caso, uno dei punti cardine è l’attuazione della “Direttiva sull’efficienza energetica”, approvata ad inizio settembre dal Parlamento europeo, che fra le altre cose delega agli Stati membri di  fissare il proprio target nazionale di riduzione dei consumi nel rispetto dei vincoli del “Pacchetto 20-20-20” che l’Unione europea ha approvato nel 2008); delle fonti energetiche rinnovabili; delle filiere agricole di qualità ecologica e la tutela e la valorizzazione dei servizi degli ecosistemi. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini e quello dello Sviluppo Economico Corrado Passera, presenti all’evento, hanno annunciato l’emanazione di un decreto legge del governo che concederà nuovi incentivi per termico ed efficienza energetica – per un totale di 900 milioni di euro annui nell’arco di 24 mesi – ai privati e alla Pubblica amministrazione. Si tratta di aiuti fino al 40 per cento della spesa per tecnologie che utilizzano, ad esempio, le biomasse e gli impianti solari termici. Provvedimento che fa il paio con i 470 milioni già previsti dal Decreto sviluppo a vantaggio delle aziende che assumeranno giovani lavoratori a tempo indeterminato e alle quali saranno concessi i finanziamenti a tasso agevolato per tre anni. Atti che non hanno comunque risparmiato critiche all’esecutivo tecnico. «Dal 2008 ad oggi abbiamo assistito ad un drastico taglio degli stanziamenti a favore del ministero dell’Ambiente e delle politiche ambientali: siamo passati da 1,6 miliardi agli attuali 450 milioni. E con Monti non c’è stata nessuna inversione di tendenza» ha dichiarato a la Repubblica il responsabile dell’Ufficio relazioni istituzionali del Wwf Stefano Lenzi. Più duro il parere di Giuseppe Onufrio, direttore di Greenpeace: «Sull’energia si è dato un colpo di freno eccessivo alle fonti rinnovabili e si è disegnata una “Strategia energetica nazionale” di corto respiro che dà il via libera alle trivelle a mare, mantiene la produzione a carbone e non è credibile sulle rinnovabili».

VIA D’USCITA DALLA CRISI - Vivere verde non vuol dire solo avere città con alte percentuali di raccolta differenziata e bassi livelli di inquinamento ambientale. Significa anche creare lavoro e combattere la crisi. In questo senso la green economy sta diventando un serbatoio importante per coloro che sono in cerca di occupazione. Secondo i dati del rapporto Green Italy 2012, realizzato da Unioncamere e Fondazione Symbola con il patrocinio dei ministeri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, il 38,2 per cento delle assunzioni è “verde”. Non solo: come ricordato dal rapporto Green economy per uscire dalla crisi, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) stima che entro il 2030 potrebbero essere creati fino a 20 milioni di nuovi posti nel settore della produzione e della distribuzione di energia da fonti rinnovabili. «La green economy è un’economia che può garantire la crescita e lo sviluppo, migliorare il benessere, fornire posti di lavoro dignitosi, ridurre le disuguaglianze, combattere la povertà e preservare il capitale naturale da cui tutti dipendiamo. Tale economia offre un modello efficace per promuovere lo sviluppo sostenibile», ha invece sottolineato la Commissione europea, che nel 2011, nel corso dei lavori di preparazione della Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile (Rio+20), ha fissato obiettivi e azioni per lo sviluppo della green economy – fra cui la crescita di iniziative per la formazione di partenariati innovativi fra i vari paesi. Stando a quanto affermato da un rapporto dell’Unep (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente), per convertire l’economia tradizionale in una green economy andrebbe investito ogni anno il 2 per cento del Pil mondiale. Parliamo, in sostanza, di circa 1.300 miliardi di dollari da impegnare in dieci settori strategici, fra cui la produzione e la distribuzione di energia da fonti rinnovabili (360 miliardi) e la creazione di sistemi di mobilità sostenibile (190). Per quanto riguarda l’Italia, il lavoro da fare è tanto. Sotto il profilo della ecoinnovazione, l’Eco-innovation Scoreboard 2011 ha segnalato come il nostro Paese sia al 16esimo posto nell’Europa a 27 e sotto la media europea. A pesare c’è il capitolo rifiuti. In Italia la raccolta differenziata stenta a decollare, con evidenti disparità fra le diverse aree geografiche della penisola. Un dossier redatto di recente da Anci (Associazione nazionale dei comuni italiani) e Conai (Consorzio nazionale imballaggi) testimonia come la media nazionale si attesti al 35,53 per cento, con punte positive (50 per cento) al Nord e negative (22) al Sud. Non va poi dimenticata la fortissima contrazione della superficie agricola del nostro Paese: negli ultimi trent’anni, secondo l’Istat, la Superficie agricola totale (Sat) è diminuita di 5,3 milioni di ettari, mentre quella utilizzata (Sau) di 3 milioni di ettari. Ciò a causa, nella maggior parte dei casi dell’espansione edilizia e industriale.

ISTANTANEE DA RIMINI - Fra i 16 padiglioni della Fiera di Rimini ce n’è per tutti i gusti. Dalle auto elettriche agli ecopannelli realizzati con materiale legnoso di recupero evitando l’abbattimento di nuovi alberi, fino alla moquette “riciclabile”. Importante, in questo senso, è il lavoro compiuto dalla Ecoplus, l’azienda dell’ingegner Claudio Ginnasi, che produce piastre su basamento rigido o terreno battuto interamente ricavate da pneumatici usurati. «Questi prodotti possono essere utilizzati sia nei parchi gioco che a bordo piscina, oppure per strada in città. Dossi artificiali prodotti con il nostro materiale – ci spiega Ginnasi – sono completamente antiscivolo e hanno il vantaggio di non portare al deterioramento della segnaletica stradale. Sono uno strumento sicuro in particolare per chi viaggia sulle due ruote in situazioni atmosferiche difficili». C’è poi chi, come Achab Group, ha dato vita ad un’iniziativa davvero singolare: una «raccolta punti amica dell’ambiente» che premia la sostenibilità ambientale attraverso una partnership fra cittadini, Enti locali e grande distribuzione. Ogni 100 grammi di minori emissioni di CO2 gli utenti che si registreranno su un apposito sito Internet raccoglieranno dei punti che, accumulati, permetteranno di ottenere sconti e promozioni nelle attività commerciali aderenti all’iniziativa. Vivere verde, pensare positivo.

Twitter: @GiorgioVelardi              

Soliti “nuovi” avanzano – da “Il Punto” del 30/03/2012

mercoledì, aprile 4th, 2012

L’ex numero uno di Confindustria si prepara a scendere in campo. «Se la politica non si rinnova faremo la nostra parte», ha più volte ribadito. Fini gli tende la mano, ma il progetto politico di Italia Futura sembra essere un altro: fare da garante al “patto di legislatura”

«Del doman non v’è certezza», assicurava alla metà del 1400 Lorenzo de’ Medici nella sua “Canzone di Bacco”. E nel domani della politica italiana accade lo stesso. Le certezze sono crollate da quando Mario Monti è diventato presidente del Consiglio, varando misure dure che i partiti – quelli che ora sembrano aver ritrovato un innato «spirito nazionale» – non hanno avuto il coraggio di mettere nero su bianco negli ultimi vent’anni. Ovvio che il cammino verso il 2013, quando terminerà l’esperienza politica dell’ex Commissario europeo e dei suoi ministri, sia irto di ostacoli. E allora ecco comparire figure nuove (o pseudo tali) sulla strada che porta alle urne. Italia Futura, il “serbatoio di pensiero” fondato nel luglio del 2009 da Luca Cordero di Montezemolo, scalda i motori. Si trasformerà in un partito, con il presidente della Ferrari candidato premier? «Forse», dicono i ben informati. È ormai chiaro che l’ex presidente di Confindustria sia pronto alla sua personale “discesa in campo”. Il gruppo di seguaci è variegato, ma formato da facce già viste. E il suo progetto potrebbe non essere quello di proporsi come leader di un partito – o di una coalizione – che lo porti a Palazzo Chigi. Bensì, fare da garante a quel “patto di legislatura” che il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini continua a chiedere con insistenza.

TRA FINI E CASINI – A destra? O a sinistra? Meglio al centro. Tra Fini e Casini. Anche se tutti e tre gli schieramenti (meglio: alcune parti di essi) vogliono accaparrarsi «the uncrowned king of Italy», come lo ha definito pochi mesi fa il Wall Street Journal. C’è chi, però, lo ha fatto capire in maniera netta. «Io e Luca diciamo cose simili, ci sentiremo e ci incontreremo in vista della costituente di centrodestra. Se son rose fioriranno», ha annunciato poco meno di quindici giorni fa Gianfranco Fini da Pietrasanta, dove si è svolta la convention di Futuro e Libertà. Che, ha tenuto a precisare il presidente della Camera, «non è un partito – perché i partiti finiscono per diventare nomenclatura –, ma un atto d’amore per l’Italia, nato dalla ribellione a Berlusconi». Per Fini la realtà appare però a tinte fosche. Oscurato da Casini, l’ex leader di Alleanza nazionale si è trovato nuovamente schiacciato sotto il peso di una figura forte com’è oggi il numero uno dell’Udc. Meglio studiare una exit strategy dal Terzo polo, aprendo a tutte quelle forze (politiche o meno che siano, visto che Italia Futura è ancora un think tank) per risollevare le sorti di una creatura che rischia di essere dimenticata in malo modo dalla storia della politica italiana. Montezemolo, per ora, resta a guardare. Anche perché, malgrado il direttore di Italia Futura Andrea Romano abbia dichiarato che «Casini e Montezemolo sono come l’acqua con l’olio, impossibili da amalgamare» (l’Unità, 23 agosto 2011), è proprio quel «governo di unità nazionale» chiesto a gran voce da Casini ad ingolosire il presidente della Ferrari. Infatti, proseguendo per altri cinque anni con la formula del ”tutti insieme appassionatamente”, in Parlamento Montezemolo potrebbe dare vita al progetto di quel «fronte liberale e democratico» di cui Carlo Calenda, Andrea Romano e Nicola Rossi (ex senatore del Pd ora nel gruppo misto, e “mente economica” della fondazione) hanno parlato in un recente articolo pubblicato sul sito di Italia Futura. La scorsa estate, quando il governo Berlusconi varò la manovra “lacrime e sangue”, lo stesso Rossi fu il relatore di un manifesto in dieci punti con cui Italia Futura chiedeva la dismissione del patrimonio mobiliare e immobiliare dello Stato e degli enti locali, l’abolizione delle Province e delle pensioni di anzianità, l’introduzione di un unico contratto di lavoro e la possibilità di licenziamenti per motivi organizzativi ed economici, più una serie di liberalizzazioni in settori strategici quali i servizi pubblici locali e il trasporto ferroviario regionale (Montezemolo è anche numero uno di Ntv, Nuovo Trasporto Viaggiatori). Un programma che ricalca in parte quello del governo Monti: un segno di continuità evidente, dunque. E molti interpreti, anche se il presidente del Consiglio deciderà – come ha più volte dichiarato – di non voler guidare un nuovo esecutivo, potrebbero essere gli stessi.

PASSERA E SQUINZI – A cominciare dal superministro Corrado Passera, il cui nome è stato addirittura indicato per il dopo-Monti. Che l’ex amministratore delegato di Intesa Sanpaolo sia entrato in politica per restarci è ormai acclarato. Così come il fatto che i suoi rapporti con lo stesso Montezemolo siano floridi. Il 20 per cento di Ntv, infatti, è in mano all’istituto di credito per cui Passera ha lavorato fino a pochi mesi fa. Percentuale posseduta grazie alla Imi investimenti (società del gruppo che opera nel settore dell’equity investment), mentre il 33,5 per cento è detenuto complessivamente da Montezemolo, Diego Della Valle e Gianni Punzo. C’è di più: Intesa Sanpaolo è la banca che ha prestato più fideiussioni e garanzie alla società ferroviaria: un valore nominale di 51 milioni di euro su un totale di 85. Una salda amicizia, insomma. Poi c’è la questione Confindustria. Lo scorso 22 marzo Giorgio Squinzi, patron di Mapei, è stato nominato nuovo numero uno di Viale dell’Astronomia. Una scelta che ha deluso Montezemolo, che aveva puntato tutto sull’altro candidato, Alberto Bombassei, e che ha decretato la vittoria di Emma Marcegaglia, primo sponsor di Squinzi. Più vicino alle politiche della Fiat, il presidente di Brembo avrebbe addirittura permesso un rientro del gruppo automobilistico torinese in Confindustria – o almeno così aveva ipotizzato l’ad Sergio Marchionne –, dopo l’uscita del primo gennaio scorso. Una sconfitta che non dovrebbe comunque frenare le aspirazioni di Montezemolo.

LE PROSPETTIVE – Nel frattempo Italia Futura lavora alla sua espansione. Le sedi regionali sono già presenti in Basilicata, Liguria, Puglia, Marche, Toscana e Veneto, ultima in ordine di tempo ad essere inaugurata, il 3 marzo scorso. E nei distaccamenti è facile trovare esponenti del mondo dell’imprenditoria e della stessa politica. In Toscana, prima di essere nominato coordinatore nazionale, c’era Federico Vecchioni, già presidente di Confagricoltura e attualmente a capo di Agriventure (gruppo Intesa); nelle Marche la numero uno è Maria Paola Merloni (Pd), ministro ombra per le Politiche Comunitarie, mentre in Liguria c’è il proprietario della tv regionale Primocanale Maurizio Rossi. Ma un certo appeal Montezemolo lo suscita anche negli altri schieramenti politici: gli ormai noti “scajolani” sembrano pronti ad abbracciare le sue idee. Chi il matrimonio lo ha già celebrato è Giustina Destro, una delle dissidenti del Pdl, che in un’intervista al quotidiano il Riformista, datata 12 novembre 2011, ha assicurato che «Montezemolo guiderà il nuovo centrodestra». E le critiche? Ci sono anche quelle. L’ex sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che una volta conclusa la sua esperienza col Pd aveva pensato di sottoscrivere il nuovo progetto, ha fatto sapere di non aver mai compreso appieno le intenzioni dell’ex leader degli industriali. «Speravo desse risposte, non è successo», ha dichiarato il filosofo. Il sentore è che queste arrivino presto. Molto prima di quanto immagini lo stesso Cacciari.