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«Il mio nome è Minzolini. Onorevole Minzolini»

martedì, gennaio 22nd, 2013

CASA AN: MINZOLINI, DA GIORNALE E LIBERO INCHIESTA PURAIn corsa per uno scranno al Senato, nelle file del Pdl, c’è anche lui. Il «direttorissimo», «minzolingua», «scodinzolini», il creatore di un nuovo genere giornalistico: il «minzolinismo». Domenica, quando è stata annunciata la candidatura in Liguria di Augusto Minzolini, ex discusso direttore del “Tg1” la cui stella si è eclissata dopo il rinvio a giudizio per peculato da parte della Procura di Roma a causa delle spese pazze (oltre 60mila euro) sostenute con la carta di credito aziendale, il giornalismo italiano è andato in tilt. Il nome di Minzolini non era circolato prima, ed è arrivato come un fulmine a ciel sereno.

A parer mio, lo dico chiaro e tondo, la “colpa” della candidatura dell’ex numero uno del “Tg1” non è del Pdl. Piuttosto, è “merito” di un sistema distorto. Malato. In Italia i giornali e i telegiornali sono in mano ad editori impuri (eccezion fatta per pochi casi). Gente i cui interessi si legano a filo doppio alla politica, all’imprenditoria, ad affari di qualsiasi genere e natura. Minzolini viene dal servizio pubblico, dirà qualcuno. Certo, tutto giusto. Ma, altra aberrazione tutta nostra, sulla Rai la longa manus dei partiti è sempre pronta – e lo sarà finché non arriverà un terremoto di vaste proporzioni che sconquasserà l’attuale situazione – alla spartizione di incarichi, poltrone, direttori, giornalisti, opinionisti, ospiti… Sono pochi coloro che non hanno un “padrino” a cui, un giorno, dover rendere conto o restituire il favore. Ed ecco che il giornalismo muore. Perché non è più al servizio del cittadino, perdendo quindi la sua fondamentale funzione sociale, ma di “questo” o “quello”. È ciò che è successo con Minzolini. Niente più, niente meno. Bastava ascoltare la paradossalità degli editoriali del «direttorissimo» – come amava chiamarlo Silvio Berlusconi – per capire che il telegiornale della prima rete Rai avesse perso serietà, imparzialità, terzietà. Cosa peggiore: il senso della realtà.

E il mondo dell’informazione italiana cos’ha fatto? Non lo ha “emarginato”, lasciando che si squagliasse come neve al sole. Al contrario, ha creato il personaggio: Minzolini è diventato il protagonista di parodie, sketch, prese in giro, rubriche satiriche sui giornali. Lui ha cavalcato l’onda ed è rimasto al suo posto finché, come detto, non è arrivato il punto di rottura (il rinvio a giudizio per peculato). Oggi rischiamo – anzi, è quasi una certezza – di doverlo chiamare «Onorevole». E lui, dopo un periodo di parziale silenzio (a maggio la Rai lo ha comunque nominato direttore del coordinamento dei corrispondenti esteri), è tornato alla carica.

Andate in edicola e acquistate “il Fatto Quotidiano”, “la Repubblica” e “Il Messaggero”. Sul giornale di Travaglio e Padellaro troverete un’intervista a Minzolini in cui lo stesso dice che «Marcello (Dell’Utri, ndr) è stimabilissimo e colto», e che «se ho deciso di candidarmi devo ringraziare voi che per un anno mi avete messo il bavaglio» (quale?). Su “Repubblica” e “Il Messaggero” – dove sono presenti altri due colloqui con il «direttorissimo» – il ritornello è sempre lo stesso: «Adesso respiro, ero imbavagliato» e «comunque di candidarmi me l’hanno proposto loro, mica l’ho chiesto io». Insomma, è stato un premio. Alla faccia di quei giovani e meno giovani preparati che hanno perso il treno, e che rischiano di fare la muffa confinati in un angolo. Qualcuno, mai come adesso, dovrebbe assumersi le proprie responsabilità.

Twitter: @GiorgioVelardi

Tv, ridiamo ai bambini lo spazio che meritano

sabato, gennaio 7th, 2012

Continuano a proliferare, neanche portassero chissà quale innovazione nel tubo catodico, i programmi che vedono come protagonisti i bambini. La Befana mi ha regalato – ahimè – l’ultima meraviglia: una versione de L’Eredità (il programma pre-Tg1 condotto da Carlo Conti sul primo canale Rai) con concorrenti piccoli ma al tempo stesso già grandi. Quelli che hanno partecipato ieri sera al quiz dell’uomo più abbronzato della televisione italiana sembravano essere dei mostri: uno, a 10 anni, sta già scrivendo un libro; un’altra, stessa età, non è fidanzata ma è innamorata di un ragazzo più grande di lei; infine, l’ultima ha 4 “spasimanti”, ma non sa quale scegliere.

Ecco, poi gli fanno le domande, e scopri che da geni quali sembrano questi piccoli Piero Angela – ma lui, sicuramente, da piccino era fatto di un’altra pasta – sono in realtà mediocri e “normali”, malgrado le apparenze. Quello del libro (un giallo ambientato a Londra. A 10 anni? Mah!), decanta la sua media del 10 a scuola, guardando Conti come a fargli capire: «Ma scusa, che domanda mi hai fatto? Non si vede che ho la faccia di uno che ha il massimo dei voti in tutte le materie?», e poi è il primo ad essere eliminato. Sbaglia due domande su tre – la prima è sul calcio, ma lui sbuffa quando la legge perché il calcio proprio non lo digerisce; la seconda è ancora più imbarazzante: «La prosa è la forma di espressione linguistica in cui si scrivono parole in versi. Vero o falso?». E lui risponde «vero», con la faccia da sapientino. Eh no bello mio, quella è la poesia! –, ma poi si mette al posto del presentatore e lancia le sfide successive, perché è sempre stato il suo sogno. Ma quanti ne ha?

L’Eredità non è il primo, ma solo l’ultimo di questi format in cui bambini di 5, 10, 15 anni sembrano vestiti e truccati come 50enni. Poi, facendo riferimento ai contest canori, non possono pronunciare le parole «sesso»,  «amore» e affini perché è immorale. Gli immorali sono quelli che, di fronte quella telecamera, ce li hanno sbattuti. La tv ridia ai bambini lo spazio che meritano. Il rischio è quello di creare dei mostri. Sperando che non sia già troppo tardi.

Simona Ventura e quelle parole che fanno rabbrividire

mercoledì, agosto 31st, 2011

Vuoi o non vuoi, è stata (anche) la sua estate. Il passaggio dalla Rai a Sky, dove ha portato il format che da anni la vede protagonista indiscussa (X-Factor), poi l’intervista a Vanity Fair in cui ha sparato autentiche cannonate contro dirigenti ed ex colleghi del servizio pubblico. Ma non è finita qui, perchè se al peggio non c’è mai fine, allora Simona Ventura ha tenuto in caldo la frase ad effetto, quella per il gran finale che – però – ha provocato le ire dei telespettatori e perfino dei suoi sostenitori.

«Da circa un anno riflettevo sul fatto che ero appesantita dai tre programmi Rai in contemporanea: “L’isola dei famosi”, “Quelli che il calcio” e appunto “X Factor”. Cominciavo a pensare che potevo fermarmi, ma di mezzo c’erano i mutui», ha detto “Super Simo” durante una conferenza stampa. Apriti cielo. Gli internauti si sono scatenati, tanto da creare una fan page su Facebook (https://www.facebook.com/group.php?gid=226283116672&ref=ts#!/pages/La-Ventura-Fatico-ad-arrivare-a-fine-mese-per-via-dei-mutui-Vergognati/140245659403616) in cui se ne leggono di tutti i colori.

Parole, quelle di una delle conduttrici più amate del tubo catodico, che suonano davvero in modo stonato. Il Governo, due giorni fa, ha modificato per la terza volta la manovra economica, che nel triennio 2011/2014 vedrà sacrifici e tagli indiscriminati a cittadini e pubblica amministrazione. Lei, che in Rai percepiva quasi due milioni di euro annui, farebbe bene a tacere. Ma in questo paese, ahinoi, si lamentano sempre i privilegiati.

Caro Santoro, pensa ai precari prima di chiedere un euro a puntata

venerdì, giugno 10th, 2011

Ieri sera, come tutti sapete, c’è stato il non addio Santoro alla Rai. Non l’addio, badate bene, ma il non addio. Perchè i tanti che pensavano di aver messo una pietra sopra a quell’Annozero che provoca molti pruriti a Berlusconi (e non solo), si sono dovuti ricredere quando il Michelone nazionale ha annunciato la sua intenzione di voler continuare a portare avanti la trasmissione, con il consenso dell’azienda (anche se oggi, fra la risposta di Garimberti alla proposta del conduttore e la replica dello stesso sembra essere arrivati davvero ai saluti), percependo un euro a puntata (vedi qui).

Bravo, Santoro, che ottimo professionista che sei: lavoreresti al costo di un caffè! Al servizio pubblico, però, il suo addio non è costato poco. Facciamo due conti: fra TFR, “scivolo” di 24 mesi, chiusura del contenzioso legale e ferie arretrate Santoro percepirà da Viale Mazzini la “modica” cifra di due milioni e 300mila euro (come dipendente Rai aveva uno stipendio di 662mila euro annui). “Ogni puntata di Annozero porta nelle casse mezze vuote dell’azienda un milione e mezzo di euro in pubblicità“, direte voi. Giusto, per carità.

Ma Santoro, che da abile giornalista d’inchiesta qual è conosce anche il numero di cronisti precari che ci sono in Italia (se non lo sa glielo dico io: 24.000, e molti di loro lavorano senza tutela e alcun contratto), non facesse lo sterile demagogo. Lavorare per un euro a puntata? Lo andasse a dire a tutti quei ragazzi che non hanno la fortuna di operare ai suoi livelli e mettono in tasca cinque centesimi per ogni riga di articolo che scrivono. E che, sicuramente, non arriveranno mai a guadagnare quello che lui ha percepito con questo fantasmagorico addio.