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L’Aquila, la Asl assegna (senza bando) 63mila euro a 16 fra tv, siti web e blog locali. In cambio pubblicità istituzionale

venerdì, gennaio 8th, 2016

Alla vigilia di Natale, l’azienda sanitaria locale ha deciso di stanziare la somma destinata ad alcuni organi d’informazione per la “diffusione di informazioni istituzionali”. Il direttore generale uscente, Silveri: “Nessun rischio di asservimento della stampa”. Ma il presidente dell’ordine dei giornalisti regionale scrive alla Procura della Repubblica: “Quali criteri di scelta sono stati adottati?”

conferenza-stampa-675Una torta da 63.500 euro più Iva. Soldi pubblici che grazie ad una delibera, la numero 2235 approvata il 24 dicembre 2015 dall’Azienda sanitaria locale (Asl) de L’Aquila, si spartiranno per due anni 16 testate abruzzesi: quotidiani online, blog, soprattutto televisioni. Un bel regalo di Natale che la Asl aquilana, diretta fino al 31 dicembre scorso da Giancarlo Silveri, ha voluto fare a pochi eletti. A quale scopo? “Alle testate televisive e giornalistiche – è scritto nel documento – dovrà essere richiesta la diffusione di informazioni istituzionali riguardanti l’Azienda, la diffusione dei comunicati redatti dall’ufficio stampa aziendale, la realizzazione di spot, redazionali, interviste e quant’altro considerato utile al raggiungimento degli obiettivi del Piano della Comunicazione dell’Azienda Sanitaria”. Pubblicità trasformata in servizi giornalistici, insomma. Una circostanza che sta scatenando polemiche sul territorio, in particolar modo fra gli addetti ai lavori.

Sedici, come detto, le testate coinvolte. A cominciare da Tele Sirio, “la prima web tv d’Abruzzo”, come recita il suo sito, alla quale andrà la fetta più grossa del totale: 12mila euro. Due in meno, invece, sono quelli che incasserà L’AqTv, in onda su due distinti canali del digitale terrestre in Abruzzo. Radio L’Aquila e Abruzzo Web riceveranno 6 mila euro a testa, mentre le testate online Il Capoluogo e Primadanoi dovranno accontentarsi, rispettivamente, di 4.500 e 4 mila euro. Nella lista però figurano anche Marsica Live, sito diretto da Eleonora Berardinetti, figlia del consigliere regionale Lorenzo Berardinetti, e Periodico vola (ad entrambe andranno 2.500 euro). Senza dimenticare L’EditorialeL’Aquila BlogAbruzzo 24ore, CentrabruzzonewsOnda TvAntenna 2, TV6 e Aquila TV, che riceveranno duemila euro ciascuna.

A gestire i rapporti con gli organi di informazione citati poc’anzi sarà Pierluigi Tancredi, ex assessore e consigliere regionale dell’Aquila in quota centrodestra, oggi responsabile delle relazioni esterne dell’azienda sanitaria, “al fine di determinare, con caratteristiche di contingenza e/o programmatorie, il contenuto giornalistico sinallagmatico del corrispettivo economico”, è scritto nella delibera. Nella quale vengono anche esplicitati i criteri di scelta delle testate e della suddivisione delle somme. “Per quanto riguarda gli importi massimi di affidamento per ciascuna testata – spiega l’atto –, sono proposti da questo servizio sulla base di vari parametri, peraltro non sempre riscontrabili con precisione e già utilizzati in passato quali la diffusione sul territorio, la capacità di attrarre utenze sulla base dei pochi dati di ascolto e di lettura che è stato possibile ottenere, la capacità tecnica di produrre spot, format, redazionali, interviste e approfondimento sui temi sanitari”.

Ma non sarebbe stato meglio utilizzare quei soldi per l’assistenza dei pazienti? “La Asl spende ogni anno circa 600 milioni di euro per curare i malati: quella assegnata alle sedici testate con questa delibera è una cifra minima utile, a mio avviso, ad informare correttamente i cittadini in un momento in cui la sanità sta andando incontro a cambiamenti epocali alla luce del decreto Lorenzin”, spiega a ilfattoquotidiano.it Giancarlo Silveri. Il quale rigetta anche qualsiasi possibile rischio di ‘asservimento’ della stampa. “Nell’assegnazione delle somme, definite in modo formale con i vari organi coinvolti, non è stata fatta una divisione fra buoni e cattivi – assicura l’ormai ex manager della Asl aquilana – Trovo giusto che i comunicati che l’azienda redige vengano pubblicati al fine di evitare qualsiasi forma di allarmismo derivante dalle scelte prese dal governo centrale. Al giorno d’oggi fare del terrorismo psicologico è facile: ho quindi ritenuto opportuno poter avere la possibilità di divulgare il nostro punto di vista su ciò che realmente accade”.

“Non si capisce sulla base di quali criteri siano state scelte alcune testate invece che altre: sarebbe stato opportuno per la Asl indire un bando pubblico onde evitare di ritrovarsi di fronte a figli e figliastri”, attacca però il presidente dell’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo, Stefano Pallotta. Il quale, contattato da ilfattoquotidiano.it, spiega di aver inviato questa mattina una lettera al direttore generale dell’azienda e alla Procura della Repubblica de L’Aquila per ottenere copia della documentazione prodotta al fine di prevenire qualsiasi violazione deontologica. “I giornalisti hanno delle regole precise stabilite da numerose carte – ricorda Pallotta –. Il principio cardine di questa professione è l’autonomia: non ci possono né devono essere versamenti di denaro i quali rischierebbero di minare la credibilità delle testate e dei colleghi coinvolti”.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 7 gennaio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Ciò che è giusto o sbagliato

giovedì, marzo 28th, 2013

patrizia-moretti-federico-aldrovandiViviamo in un mondo strano. Ma strano davvero.

Un mondo in cui la ragione sembra essere andata in letargo lasciando il posto all’irrazionalità pura, alle vittorie degli antieroi, al giusto che diventa sbagliato e allo sbagliato che – al contrario – diviene cosa corretta. In sostanza non riusciamo più a discernere cosa è bene da cosa è male, cosa è “dritto” da cosa, invece, assume derive insostenibili anche per coloro a cui il cuore e lo stomaco hanno sempre funzionato correttamente.

Prendi mercoledì 27 marzo. E come città scegli Ferrara. In particolare, vai sotto gli uffici del Comune dove lavora Patrizia Moretti, mamma di Federico Aldrovandi. Ma prima di fare ciò torna con la mente ad un giorno di inizio autunno di otto anni fa. Questo ragazzotto emiliano aveva 18 anni quando, la sera del 25 settembre 2005, decise di tornare a casa a piedi dopo aver trascorso qualche ora in compagnia dei suoi amici in un locale di Bologna. Federico aveva assunto stupefacenti, ma in quantità minima. Sul percorso di casa incontra una pattuglia della polizia. Un «invasato violento», lo definiscono i due agenti che – per fronteggiarlo – ne chiamano altrettanti in soccorso. Quattro contro uno. Federico non è l’incredibile Hulk. Ma lo affrontano in quattro. Si spezzano due manganelli, il ragazzo viene picchiato e poi gli agenti chiamano l’ambulanza. Per la cronaca, i sanitari trovano Federico con le mani ammanettate dietro la schiena, privo di sensi. Morirà poco dopo.

Volendo calcare la mano con la sintesi, vanno ricordate due cose. La prima: mentre la perizia medico legale disposta dal Pm dà la colpa della morte del 18enne all’assunzione di alcol e droga, quella fatta svolgere dai legali della famiglia parla di una «anossia posturale» (cioè di mancanza di ossigeno) dovuta ad un peso eccessivo caricato sulla parte posteriore del corpo del ragazzo. Qualcuno, insomma, gli è salito sopra e li è rimasto per un po’. La seconda: il 21 giugno dello scorso anno i quattro poliziotti sono stati condannati in via definitiva – dopo il primo grado e l’Appello è arrivata la pronuncia della Cassazione – a 3 anni e 6 mesi di reclusione per «omicidio colposo». Tre di loro, inoltre, sono stati anche condannati per aver depistato le indagini. Un quadro chiaro.

Eppure, tornando a ieri, è andato in scena uno spettacolo degno del teatro dell’assurdo. Alcuni agenti del Coisp, il COordinamento per l’Indipendenza Sindacale delle forze di Polizia, hanno manifestato sotto l’ufficio della mamma di Federico. Un atto di solidarietà nei confronti dei loro colleghi. Solidarietà? A casa mia si è solidali con qualcuno che, ingiustamente, è accusato di un fatto che non ha commesso, o è finito vittima di un atteggiamento discriminatorio, di un furto, di una violenza. In quel caso, sì, è giustificata la solidarietà. Ma qui, come si dice in questi casi, la giustizia ha fatto il suo corso. E ha – come detto – condannato i quattro agenti. Dunque, mi domando: che senso aveva quella pantomima? Cosa hanno voluto dimostrare questi impavidi colleghi della “gang” nel disturbare una persona che sta lavorando ma, soprattutto, la memoria di un’altra che non c’è più?

Nulla. Assolutamente nulla. Inoltre basta fare una piccola ricerca in rete per scoprire che, poco più di venti giorni fa, lo stesso sindacato aveva inviato una lettera di protesta al presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, per un articolo pubblicato su estense.com (quotidiano online ferrarese). Nel pezzo, la testata dava notizia di una iniziativa del Coisp – un tour a bordo di un camper circolante per Ferrara – stanco «della falcidia sociale, del discredito e del fango quotidiano che ci viene gettato addosso da “alcuni”. Quattro nostri colleghi oggi sono rinchiusi in una cella. Poliziotti in gabbia, in carcere, al pari o anzi più dei criminali incalliti».

Una vicenda, scrive ancora il Coisp (secondo quanto riportato dal sito Internet), «strumentalizzata da blog, giornali, televisione, cinema, libri. Il dolore e la morte in prima pagina hanno consentito, per anni, a giornali di vendere, a televisioni di fare ascolti, ad altri di lucrare con libri e cinema».

Poi però a Iacopino si chiede di «censurare pesantemente il comportamento dell’articolista in nome della mancanza di deontologia professionale e di correttezza dell’informazione». Quel che più brucia, però, è che gli agenti che ieri hanno compiuto un atto vile – arrivando addirittura a voltarsi quando la signora Moretti è scesa mostrando loro la foto del figlio senza vita – non saranno sanzionati. Ci sarà solo «un giudizio morale assolutamente negativo», ha fatto sapere il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri. In un Paese che ha fatto finire la moralità sotto la suola delle proprie scarpe queste parole hanno il retrogusto amaro dello scherzo di Carnevale.

Twitter: @GiorgioVelardi

La luce rossa sempre accesa e quel voyeurismo incontrollato

lunedì, ottobre 24th, 2011

Il Grande Fratello, il personaggio immaginario creato da George Orwell e presente nel romanzo 1984, sembra aver preso vita. Da anni – e ce ne rendiamo conto proprio questa sera, visto che (ahinoi) in tv inizierà la 12esima edizione del programma condotto da Alessia Marcuzzi – siamo costantemente “accecati” dalla luce dei riflettori, che nostro malgrado ci informano in maniera maniacale e con eccessiva dovizia di particolari di fatti di cronaca (ma non solo).

Quanto accaduto nell’ultima settimana ha poi avvalorato ancor di più la tesi espressa poc’anzi. Sono due i fatti che hanno colpito la mia attenzione. Il primo è quello relativo alla morte di Mu’ammar Gheddafi, il dittatore libico ucciso giovedì scorso da un gruppo di ribelli appartenenti al Cnt (Consiglio nazionale di transizione), dopo 42 anni di tirannia. Il video della sua cattura, ripreso con un telefonino – ce ne siamo resi conto dalla scadente qualità delle immagini – ha fatto il giro del mondo in poche ore. Lo abbiamo visto e rivisto in tutte le salse. Ma peggio ancora è accaduto dopo la sua morte, avvenuta in circostanze ancora tutte da chiarire. Perchè, per fugare i dubbi dei pochissimi che non credevano alla morte del raìs, il suo corpo è stato esposto come trofeo (o bottino di guerra, utilizzare il termine che più vi garba) al mercato dei polli di Misurata. Con, fra un grido di gioia e l’altro, le foto ricordo dell’evento del millennio, manco fossimo a Los Angeles nella famosa notte degli Oscar. Piccola nota a margine di questa prima parte dell’articolo: se il nuovo volto della Libia è questo, tanti auguri!

Ma veniamo a quanto accade fra le mura di casa nostra. Potremmo stare qui a parlarne per giorni e mesi. Forse anni. Ma c’è un episodio – il secondo e ultimo – che pochi giorni fa mi ha lasciato incredulo e sconcertato nel momento in cui ne leggevo il resoconto. Claudia Losito – nome sconosciuto ai più, me compreso, semplicemente perchè non è nessuno se non la compagna di Remo Nicolini, già fidanzato di Guendalina Tavassi, la concorrente del Grande Fratello 11 (a volte ritornano, guarda un po’) – ha partorito in diretta televisiva. Sì, avete letto e capito bene. Il suo parto è stato trasmesso in diretta da Pomeriggio Cinque, il programma condotto da Barbara D’Urso in onda ogni pomeriggio su Canale5. C’è un però, che ha reso questo “evento” assai pericoloso per i pazienti dell’ospedale Santo Spirito in Saxia, che si trova a Roma sul Lungotevere (vicino a San Pietro), dove la donna ha dato alla luce il suo primogenito: le troupe targate Mediaset hanno occupato le corsie del nosocomio, creando non pochi grattacapi al personale clinico, mentre nel parcheggio della struttura le macchine degli operatori hanno parcheggiato nei posti riservati ai motorini (e molti degli infermieri e dei medici usano proprio questo mezzo di locomozione per andare al lavoro). La presidente della Regione Lazio Renata Polverini ha chiesto spiegazioni a riguardo, ma siamo sicuri che il tutto si risolverà in una bolla di sapone.

Quel che è più grave, a mio avviso, è che Pomeriggio Cinque è una testata giornalistica (il direttore è Claudio Brachino): ergo, il programma deve rispettare tutte quelle norme deontologiche che regolano la trasmissione di determinati contenuti. Ne cito due in particolare: la Carta di Treviso e il Codice dentologico, appunto. Il primo documento, firmato il 5 ottobre 1990 da Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa italiana e Telefono azzurro, tutela i minori coinvolti – principalmente – in fatti di cronaca. Per carità, un parto non è un fatto di cronaca, ma le immagini di un bambino appena nato non dovrebbero essere trasmesse di fronte a milioni di persone. O no? Il secondo atto – a cui può essere collegata pure la legge sulla privacy – all’art. 6 recita:

La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti“.

Il problema, in questo caso, è che un parto non è nemmeno una notizia (ma forse, dopo aver visto il servizio sui calzini del Giudice Raimondo Mesiano, per Mediaset lo è diventata). Se volete fare i voyeur e guardare il video in questione, eccovi il link: http://video.corriere.it/parto-tv-polemiche-la-diretta/1534dfa8-fb19-11e0-b6b2-0c72eeeb0c77. Buona visione!