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Dj Fabo, parla Riccio, l’anestesista che aiutò Welby a morire: “Tradito il gesto di Piergiorgio, restiamo nel Medioevo”

mercoledì, marzo 1st, 2017

Riccio_MarioCiò che è accaduto a Fabiano Antoniani (Dj Fabo) è il segno dell’“arretratezza culturale” dell’Italia. Lo dice senza mezzi termini il Dottor Mario Riccio, l’anestesista che dieci anni fa aiutò Piergiorgio Welby a morire. “Mi auguro che l’Europa ci imponga di prendere in considerazione la questione dell’eutanasia”, aggiunge Riccio a La Notizia.

Il caso di Dj Fabo arriva dopo quelli di Welby, Englaro, Nuvoli, Piludu, Bettamin… Eppure quella legge tanto necessaria è ferma al palo.
L’Italia è l’unico Paese occidentale avanzato che sta ancora decidendo se un paziente può o non può rifiutare parzialmente o totalmente le terapie. Mentre il mondo discute di ben altro, noi continuiamo a vivere in una situazione di arretratezza culturale. Un Medioevo dal quale, prima o poi, mi auguro usciremo. Sa qual è il paradosso?

Qual è? Mi dica.
Paesi come il Canada, l’Olanda, il Belgio, dove l’eutanasia è legale, sono realtà ricche, che non hanno scelto questa via per “liberarsi” dei malati o perché costa troppo trattarli. Al contrario, questi hanno fatto il percorso inverso riconoscendo che in certe condizioni è giusto che lo Stato sostenga situazioni critiche e pesanti come quella di Dj Fabo.

Eppure il 60% degli italiani, dicono i sondaggi, è favorevole alla “dolce morte”. Quindi?
Trattando questo tema ormai da molti anni, posso dirle che la percentuale di cittadini favorevoli all’eutanasia è maggiore del 60%. Recentemente la sensibilità dell’opinione pubblica è maturata: molte persone che potrebbero trovarsi in disaccordo con la decisione presa da Welby o Dj Fabo capiscono che non possono impedire che altri facciano scelte diverse. 

Ma allora qual è il problema?
Esiste uno zoccolo duro, una componente culturale, politica e confessionale che ritiene assolutamente necessario combattere una battaglia per impedire che ognuno disponga di se stesso. È un discorso che prescinde dalla diversità di vedute, che pure va benissimo, sia chiaro, ma che cozza con la volontà del paziente.

Il ruolo della Chiesa quanto influisce in questo discorso?
Meno di quanto si possa immaginare. Certo, rimangono le posizioni oltranziste di alcuni prelati, ma all’interno della Chiesa la sensibilità è molto cambiata. Basti pensare alla posizione dello scomparso Cardinal Martini, che non condannava il rifiuto delle terapie, qualunque esse fossero. Lui stesso rifiutò di collegarsi al ventilatore.

Il vuoto normativo rappresenta un “tradimento” nei confronti di Piergiorgio Welby, che per primo ha lanciato un segnale al legislatore?
Senza ombra di dubbio. Fra l’altro, la proposta di legge sul testamento biologico di cui è relatrice Donata Lenzi del Pd, che dovrebbe arrivare in Aula nelle prossime settimane, presenta dei grossi limiti, che rischiano di limitare fino ad annullare la volontà del paziente. Per esempio, nel testo non si parla di sedazione palliativa profonda continua. Si parla invece di una pianificazione delle cure necessariamente da condividere assieme al medico.

Anche la Federazione Nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) ha delle responsabilità?
Personalmente, credo che la Fnomceo abbia la responsabilità di non aver mai preso una posizione su temi come questo. La classe medica se ne disinteressa, eppure la riguardano: è un grande vuoto, ci si è fatti sfuggire un’occasione permettendo che a parlare fossero altri. Mi piacerebbe che ci fosse uno scatto d’orgoglio. Vedremo.

Alla fine, il rischio è quello di un ennesimo intervento dell’Europa.
Sono un po’ démodé e ho fiducia nell’Europa. Mi auguro che, dopo quanto avvenuto con le unioni civili, l’Ue imponga all’Italia di prendere in considerazione la questione dell’eutanasia. Altrimenti continuerà ad alimentarsi un “turismo sanitario” che già adesso fa registrare numeri importanti.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 28 febbraio 2017 per La Notizia

Eutanasia, il Parlamento si muove: a Montecitorio inizia la discussione delle quattro proposte di legge

sabato, marzo 5th, 2016

Dopo numerosi rinvii, le commissioni Affari sociali e Giustizia della Camera si sono riunite per esaminare i testi depositati negli ultimi due anni. Da quello di iniziativa popolare, sottoscritto da centomila cittadini. A quello di Sinistra Italiana, prima firmataria la deputata Marisa Nicchi. Senza dimenticare la pdl della ex M5S Eleonora Bechis. Obiettivo: colmare il vuoto normativo entro la fine della legislatura in corso

camera675È a tutti gli effetti un fatto storico. Dopo anni di dibattiti pubblici e rinvii che non hanno mai portato ad alcun risultato concreto. Ma adesso potrebbe essere la “volta buona”. Le commissioni Affari sociali e Giustizia di Montecitorio, riunite per l’occasione, hanno iniziato la discussione delle quattro proposte di legge (pdl) sull’eutanasia. Una seduta interlocutoria in vista dell’apertura della discussione vera e propria su una tematica che, come accaduto al Senato sulle unioni civili, rischia di mettere a dura prova schieramenti politici e, soprattutto, la tenuta della maggioranza. Quel che è certo è che il tema della ‘dolce morte’ è entrato ufficialmente nel dibattito parlamentare. Grazie soprattutto a Sinistra italiana, che ne ha chiesto la calendarizzazione. Con l’obiettivo di arrivare, prima della fine della legislatura (2018), all’approvazione del provvedimento. Colmando così un vistoso vuoto normativo. Sono quattro le pdl che saranno analizzate dai deputati delle due commissioni della Camera. A cominciare da quella di iniziativa popolare depositata il 13 settembre 2013 e sottoscritta da oltre centomila persone.

MORTE OPPORTUNA – Perché “ben oltre la metà degli italiani, secondo ogni rilevazione statistica, è a favore dell’eutanasia legale, per poter scegliere, in determinate condizioni, una morte opportuna invece che imposta nella sofferenza”, spiega la relazione introduttiva della pdl (4 articoli). Nella quale vengono ricordati i casi di ‘accanimento terapeutico’: quelli di Eluana EnglaroGiovanni NuvoliLuca Coscioni e Piergiorgio Welby. Per prima cosa “ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale o di terapia nutrizionale”. Ma solo a determinate condizioni. Il paziente infatti deve essere maggiorenne, la sua richiesta deve essere “attuale e inequivocabilmente accertata” e motivata dal fatto che egli “è affetto da una malattia produttiva di gravi sofferenze, inguaribile o con prognosi infausta inferiore a diciotto mesi”. E ancora: il soggetto in questione deve essere stato informato “congruamente e adeguatamente” delle sue condizioni e “di tutte le possibili alternative terapeutiche e prevedibili sviluppi clinici e abbia discusso di ciò con il medico” (affinché la ‘dolce morte’ non provochi in lui “sofferenze fisiche”). Inoltre i parenti entro il secondo grado e il coniuge devono essere informati e, con il consenso del malato, devono avere modo di poterlo incontrare per un colloquio. La proposta fa anche riferimento al comportamento del personale medico e sanitario. Chi “non rispetta la volontà manifestata dai soggetti” di morire ricorrendo ad una pratica che attualmente in Italia costituisce reato “è tenuto, in aggiunta ad ogni altra conseguenza penale o civile ravvisabile nei fatti, al risarcimento del danno, morale e materiale, provocato dal suo comportamento”.

LIBERO ARBITRIO – Un’altra proposta depositata è quella di Sinistra Italiana, prima firmataria la deputata Marisa Nicchi, sostanzialmente identica a quella depositata dalla sua ex collega di partito, Titti Di Salvo (poi passata al Pd). Un testo più lungo e articolato (12 articoli) secondo il quale un medico che pratica l’eutanasia non è punibile se il paziente è maggiorenne, capace di intendere e di volere al momento della richiesta – che deve essere volontaria, ben ponderata e non frutto di pressioni esterne – e affetto da una patologia con prognosi infausta e in fase terminale, senza prospettive di sopravvivenza. Il medico stesso, fra le altre cose, è tenuto a “dialogare con il paziente al fine di condividere con lui la convinzione che non vi sia altra soluzione ragionevole per la sua patologia” nonché a consultare un altro medico (che non deve aver avuto alcun contatto con il malato e dovrà redigere una relazione sul caso) “ai fini della conferma del carattere grave e incurabile della malattia”. Ma se il paziente, una volta deciso per la ‘dolce morte’ con una dichiarazione redatta e firmata personalmente entro i cinque anni precedenti, dovesse ripensarci? Nella pdl di Sinistra italiana è scritto chiaramente che egli “può revocare la sua richiesta in ogni momento”. Infine, la proposta prevede l’istituzione di una ‘Commissione nazionale di controllo e valutazione sull’attuazione della legge’ composta da 16 membri, designati sulla base delle loro conoscenze e della loro esperienza nelle materie di competenza della commissione stessa.

OBIEZIONE VIETATA – Infine, la pdl della deputata di Alternativa Libera-Possibile, Eleonora Bechis che conta un unico articolo. Fra le altre cose, nel testo si determina che “il personale medico e sanitario è tenuto a rispettare la volontà del paziente” relativa alla ‘dolce morte’ e “non può dichiarare obiezione di coscienza”. Anche stavolta, come nel caso della proposta di legge di iniziativa popolare, il personale medico-sanitario che non rispetta la volontà del paziente è tenuto a risarcire il danno (morale e materiale) provocato dal suo comportamento.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 4 marzo 2016 per ilfattoquotidiano.it)