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Terremoto a orologeria – da “Il Punto” del 13/04/2012

aprile 23rd, 2012 by mercantenotizie

Lo scorso 24 febbraio, a “Il Punto”, l’ex ministro Galan aveva dichiarato di essere favorevole ad una «separazione consensuale» fra ex An e Forza Italia. Tutto tacque. Poi un mese dopo arriva l’intervista a “Il Giornale” in cui ribadisce il concetto, e il partito va nel caos. Mentre al suo interno c’è chi afferma che l’unità ritrovata sia in realtà una “tregua armata” in vista delle amministrative

«Per quanto mi riguarda, sono assolutamente favorevole ad una “separazione consensuale” con gli ex An e ad un ritorno a Forza Italia. Perché diciamocelo con sincerità: nei quattro anni del Predellino non ci siamo amalgamati. Secondo, e lo dico con amicizia nei confronti degli ex An, ci guadagneremmo entrambi in termini di voti». Così parlò Giancarlo Galan più di un mese fa. Sul numero de Il Punto del 24 febbraio, infatti, l’ex ministro di Agricoltura e Beni culturali manifestò la sua propensione ad un ritorno alla fase di progettazione. «Dov’è finita l’idea di partito innovatore e diverso che dicevamo di voler essere?», si domandò. Il colloquio è stato ignorato. Ma poi, esattamente trentasette giorni dopo, Galan rilascia un’intervista a Il Giornale. E dice: «Alle elezioni amministrative qualche esperimento qua e là lo si poteva anche fare. Una separazione consensuale. Con gli ex An dico che ci conviene, andremmo meglio divisi, restando in una federazione ma separati. La fusione tra An e Forza Italia non è riuscita». Scoppia il putiferio. Il vulcanico Ignazio La Russa invita il collega «a farsi un partito con Fini», Berlusconi convoca un vertice a Palazzo Grazioli e chiede ai suoi di stare uniti. Sorrisi e strette di mano all’uscita, ma c’è chi – presente alla riunione – rivela a Il Punto: «La tendenza è quella di tenere “sopita” questa spaccatura. È un’unità ritrovata in funzione delle prossime amministrative. Difficoltà ce ne sono: anche il tema della riforma della legge elettorale sarà un gran bel problema. Per fortuna non sono volati i coltelli, anzi Galan è stato pure applaudito nel corso del suo intervento. Certo, non da tutti» (facile capire chi abbia tenuto le mani saldamente incollate al tavolo). Quindi l’armistizio paventato dai pezzi da novanta del partito dopo l’incontro del 3 aprile scorso appare in realtà come una “tregua armata” per evitare che il partito si sfaldi a meno di un mese dall’appuntamento con le urne. Anche perché i temi sul tavolo di Angelino Alfano sono molteplici: dalle elezioni alla riforma della legge elettorale e del mercato del lavoro, dal proliferare di liste civiche con la dicitura «Forza» alla sospensione (che culminerà con l’espulsione?) dei 14 fra assessori e consiglieri regionali che a Verona hanno appoggiato la ricandidatura del leghista Flavio Tosi.

UN RITORNO DI «FORZA» – La prima è stata «Forza Lecco», nata in casa dell’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla. Poi, a seguire, sono arrivate anche «Forza Verona», «Forza Veneto» e «Forza Toscana». Ma di liste civiche come quelle appena sciorinate ne spuntano ormai ogni giorno (altre sono ancora in fase embrionale in altre città d’Italia). E dietro queste manovre – fanno sapere da ambienti interni al Pdl – c’è il benestare di Berlusconi. Tranne a Verona (se ne parlerà più avanti). A Lecco la corrente nata in opposizione al ruolo degli ex An nel partito ha ricevuto la benedizione nientemeno che dell’ex titolare della Funzione pubblica Renato Brunetta. A ribadirlo anche una nota diffusa dal coordinamento locale: «Brunetta, verso il quale proviamo profonda stima e ammirazione per l’eccezionale lavoro svolto alla guida del ministero, ha sottolineato la positività nella nascita della nostra associazione, indicandoci come “un laboratorio arrivato alle cronache nazionali, che è il benvenuto”». Analogo il discorso per «Forza Veneto», «un’area culturale nata per riportare nel Pdl il genuino spirito di Silvio Berlusconi», come ha dichiarato uno dei promotori dell’iniziativa, Alessandro Zanon. Anche qui, manco a dirlo, il motivo che ha portato alla nascita della nuova creatura sono le tensioni con gli eredi dell’Msi, che qualcuno – tranchant – chiama «ex fascisti». Espressione diversa, ma motivazioni identiche, hanno portato in Friuli-Venezia Giulia alla nascita di «Popolo di Gorizia». Una lista venuta alla luce in cambio della promessa della Lega Nord di appoggiare la rielezione del sindaco uscente, Ettore Romoli (Pdl). E che dire di Como? Alle primarie del partito vince Laura Bordoli (An più Comunione e Liberazione), con i laici che non digeriscono il risultato e tuonano: «I fascisti rimangono fascisti, se non ti uniformi a questa banda prendi i manganelli in testa». La partita è ancora aperta, malgrado la mediazione di La Russa e Verdini. Senza dimenticare i casi che riguardano Monza, Imperia e il Trentino Alto Adige, dove si sono formate addirittura due compagini («Forza Trentino» e «Forza Alto Adige», entrambe su spinta della berlusconiana Micaela Biancofiore). Infine c’è chi, come Isabella Bertolini, dopo aver tirato su «Forza Emilia Romagna» ha dichiarato a L’Opinione delle Libertà: «Bisogna chiedersi perché tantissimi di quelli che nel 1994 hanno votato Forza Italia l’anno prossimo avranno seri problemi a barrare il simbolo del Popolo della Libertà». Già, perché?

CASI LIMITE – Sono quelli di Verona e de L’Aquila. Nel capoluogo veneto, dopo un batti e ribatti durato mesi, si è andati incontro ad uno scenario che ha dell’incredibile. La nascita di «Forza Verona», formata da una cospicua fetta di amministratori Pdl uscenti che hanno deciso di appoggiare la ricandidatura del sindaco leghista Flavio Tosi – e non di Luigi Castelletti, scelto dal partito –, ha visto l’intervento diretto di Alfano, che ha sospeso i 14 “dissidenti”. Maroni non ha gradito la presa di posizione del segretario, tanto da etichettare il suo come «un atteggiamento da vecchio democristiano. Se sono traditori non puoi solo sospenderli, mi sembra una mezza misura che non capisco», ha aggiunto l’ex ministro dell’Interno. Dello stesso avviso anche Tosi: «Alfano non poteva fare di meno, non voleva fare di più». Poi c’è L’Aquila. E anche qui sono dolori. Perché il governatore della Regione, Gianni Chiodi, ha fatto da “padrino politico” al candidato sindaco dell’Mpa Giorgio De Matteis (attuale vicepresidente del consiglio regionale), uno che è riuscito nell’impresa di mettere insieme parti di Udc, Casa Pound e i Verdi. Scelta che però non viaggiava sulla stessa lunghezza d’onda di Alfano e Cicchitto, che hanno preferito Pierluigi Properzi (docente universitario), provocando una spaccatura evidente negli elettori di centrodestra di una città che vive ancora con i fasti del terremoto del 6 aprile 2009 negli occhi e nel cuore.

PERICOLO RIFORME – Quella del mercato del lavoro, prima di tutto. Ma anche le modifiche alla Costituzione e una nuova legge elettorale che cancelli il (mica tanto odiato) “Porcellum”. La paura che circola nelle stanze di via dell’Umiltà è quella che, in caso di tonfo alle amministrative, un’eventuale nuova diaspora lasci terreno fertile ai progetti del centrosinistra (che pure non se la passa tanto meglio) in tema di riforme. Ecco perché Alfano, dal palco di Taormina, ha fatto intendere che il nuovo mercato del lavoro va progettato e costruito prima di maggio. Perché quello che succederà dopo è ancora tutto da capire. Berlusconi ha parlato di una «nuova cosa» da presentare a margine della tornata elettorale – di che si tratti ancora non è dato sapere –, stoppando i malumori nati sul tema del nuovo sistema di voto dichiarando che il modello migliore «è un proporzionale alla tedesca, perché consente di correre da soli e di indicare il leader». Rendersi conto che nel Pdl ci sia bisogno di rinnovamento è come scoprire l’acqua calda. Nei sondaggi il partito oscilla fra il 20 e il 24 per cento, recuperando terreno dopo la caduta verticale dei mesi scorsi. Ma non basta. Perché quanto auspicato da Alfano nel giorno del suo insediamento come segretario («il partito degli onesti» e «la casa dei moderati») ha un cammino ancora lungo da percorrere. Ecco perché l’Udc e la “nuova” Lega di Maroni sono osservati speciali. E chissà che alla fine la «nuova cosa» non metta d’accordo tutti.

Twitter: @GiorgioVelardi

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