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A Piacenza il Pd mette il bavaglio ai suoi militanti

domenica, giugno 15th, 2014

BandieraPdA Piacenza succede che la costola locale del Pd, con una modifica del regolamento provinciale, “inviti” i suoi militanti ad «astenersi da commenti negativi e acostruttivi» rivolti nei confronti del partito su Facebook, Twitter etc., pena il deferimento al Presidente della Commissione di Garanzia dell’Unione Provinciale/Territoriale di Piacenza (provate a dirlo tutto d’un fiato, se ci riuscite).

«Gli iscritti al Partito Democratico della Federazione Provinciale di Piacenza debbono astenersi da commenti negativi e acostruttivi rivolti al Partito Democratico stesso nella persona dei singoli Segretari di Circolo, di Unione di Vallata, di Unioni d’Area o del Segretario/a Provinciale tramite social network o altri mezzi di informazione telematica e/o mediatica in generale se non hanno prima richiesto idonea convocazione del Circolo di riferimento e affrontato, in tale sede, e discusso le tematiche e gli argomenti che lo pongono in conflitto con il Partito stesso. Nel caso che gli iscritti non procedano nella predetta discussione, ma procedano direttamente alla pubblicazione sui social network dei commenti negativi e volti a portare nocumento acostruttivo al Partito Democratico gli iscritti e le iscritte resisi palesemente responsabili di tali atteggiamenti verranno deferiti al Presidente della Commissione di Garanzia dell’Unione Provinciale/Territoriale di Piacenza che procederà in forza di quanto previsto dal Codice Etico del Partito Democratico».

Tutti, tranne i Radicali

martedì, gennaio 15th, 2013

L’aspirante governatore del Lazio Nicola Zingaretti non vuole ricandidare i consiglieri uscenti dopo gli scandali che hanno travolto i gruppi. Ma Berardo e Rossodivita hanno smascherato «Batman» Fiorito. In Lombardia Cappato annuncia: «Noi fuori? Non c’è il consenso dei partiti della coalizione»  

CONGRESSO RADICALI ITALIANIAvete mai letto una fiaba in cui i buoni perdono e i cattivi vincono? «Impossibile», diranno i più. Vero. Ma la realtà è un’altra cosa. E dunque accade che, nel pieno della campagna elettorale, tutti si siano dimenticati dei Radicali. Il partito di Marco Pannella promotore di mille battaglie, scioperi della fame, denunce sociali. Quello che, tanto per rimanere ancorati al recente passato, ha smascherato con le proprie denunce – avanzate dai consiglieri uscenti Rocco Berardo e Giuseppe Rossodivita – «Batman» Fiorito e provocato un terremoto che alla Regione Lazio ha portato alle dimissioni della governatrice Renata Polverini.

Dargli un “premio” per il loro coraggio? Macché, anzi. Dalla corsa che a meno di clamorose sorprese lo porterà alla Pisana, il candidato del centrosinistra Nicola Zingaretti ha escluso proprio i Radicali. La sua intenzione – suffragata dalle parole di Massimiliano Smeriglio, coordinatore per la campagna elettorale del centrosinistra alle Regionali – pare sia quella di non ricandidare i consiglieri uscenti dopo gli scandali che hanno travolto i gruppi. Ma è una tesi che non regge perché, come detto, il partito di Pannella era un corpo estraneo al sistema; e poi perché molti degli ex esponenti del Pd in Regione sono stati “dirottati” alla Camera e al Senato (Esterino Montino, ex capogruppo dei democrat in consiglio regionale, correrà per la poltrona di sindaco di Fiumicino). Insomma nessuno, o quasi, è rimasto a bocca asciutta. «Tranne i Radicali», come recita un hashtag che negli ultimi mesi spopola su Twitter. Va ricordato, per dovere di cronaca, che nel 2008 fu lo stesso Partito democratico a “sabotare” l’elezione di Emma Bonino alla Pisana, come rivelato nel novembre 2011 dall’allora direttore dell’Unità Concita De Gregorio (l’ex vicepresidente del Senato decise di sfidare la Polverini ma perse con uno scarto di poco inferiore al 3%). La giornalista affermò che, in seguito alla fuoriuscita di Gianfranco Fini dal partito di Berlusconi, il Pd si accordò per far vincere “Renata” e rafforzare la componente “finiana” del Pdl in modo da provocare un clamoroso ribaltone in Parlamento portando centrosinistra e Terzo Polo al governo (è andata diversamente, come sappiamo). Ma quello del Lazio non è un caso isolato.

La stessa situazione si presenta, infatti, anche in Lombardia, dove il prossimo 24  e 25 febbraio si tornerà alle urne per eleggere il successore del “Celeste” Formigoni. Qui il candidato scelto dagli elettori del centrosinistra attraverso le primarie si chiama Umberto Ambrosoli, figlio di Giorgio, l’avvocato ucciso nel 1979 dai sicari di Michele Sindona. Eppure «a fronte della nostra richiesta di incontro per discutere dell’alleanza, mi è stato comunicato dall’entourage di Ambrosoli che la soluzione prospettata non prevede l’apparentamento della nostra Lista, sul quale non vi sarebbe il consenso dei partiti della coalizione», ha spiegato l’ex europarlamentare Marco Cappato. Pure in questo caso sembra esserci la longa manus del Pd, che con i Radicali proprio non vuole avere più nulla a che fare (la Lista “Amnistia, Giustizia e Libertà” si presenterà da sola anche a livello nazionale). Pannella non demorde e, fra uno sciopero della fame e l’altro, promette battaglia. Nel frattempo “Marco” si dedica alla sua decennale campagna, quella per il miglioramento della condizione delle carceri italiane. Di recente la Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo ha condannato l’Italia al risarcimento di sette detenuti per “danni morali”, ritenendo il nostro Paese colpevole di trattamento inumano e degradante nei loro confronti. Un problema che non sembra interessare nessuno. Tranne i Radicali.

g.velardi@ilpuntontc.com

Cina, la nuova censura ora colpisce le reti Wi-fi

venerdì, luglio 29th, 2011

Che la Cina sia la fucina delle restrizioni delle libertà individuali, politiche e religiose è ormai cosa nota. L’ultimo stop riguarda ancora la rete Internet, e a finire sotto il colpo della scure stavolta sono i bar e i ristoranti che offrono gratuitamente ai clienti l’accesso alle reti Wi-fi.

La polizia di Pechino ha già fatto sapere che dalla capitale il regolamento verrà esteso a breve in tutto il paese, e che i gestori dei locali che offrono il servizio dovranno acquistare un software (costo: 2.200 euro circa) che permette di individuare gli internauti che stanno navigando all’interno degli esercizi commerciali. La violazione della privacy è evidente, e occorre un celere intervento degli organismi internazionali per fare in modo che la questione non cada nel dimenticatoio.

Ma perchè il governo cinese compie questa nuova mossa? Ufficialmente, fanno sapere dai veritici del partito comunista che poche settimane fa ha festeggiato i suoi 90 anni, è per «fermare i criminali che usano la rete per ricatti, traffici proibiti e giochi d’azzardo». In molti, proprio su Internet, parlano però di una paura di contagio della “primavera araba”, con Internet diventato il fulcro dei ribelli di Tunisia, Egitto, Libia etc… Non solo: c’è chi ipotizza che lo stop sia dettato dal fatto che il World Wide Web sia diventato il primo veicolo di protesta contro il governo per l’incidente fra due treni nella zona Orientale del paese di sabato 23 luglio. «Le autorità vogliono nascondere la verità sull’accaduto per proteggere i corrotti funzionari delle ferrovie», si legge su alcuni blog.

Nel “Paese di mezzo” sono già bloccati tutti i social network (YouTube, Twitter e Facebook): elemento che rende di fatto impossibile la condivisione di notizie interessanti, ma in dissenso con i principi del partito. L’ennesima brutta storia da raccontare di una Cina che negli ultimi anni è diventata uno dei giganti dell’economia mondiale.