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Parlamento, promossi e bocciati

martedì, febbraio 26th, 2013

camera-dei-deputatiL’abbiamo chiamata, e tutt’ora lo facciamo, «casta». Immaginiamo politici fannulloni, sperperatori di denaro, completamente avulsi dalla vita “reale”. Però a questo punto è lecito fare una domanda: i nostri parlamentari – e di conseguenza i partiti a cui appartengono – sono davvero tutti uguali?

A questa e ad altre domande ha provato a rispondere il “Rapporto sull’attività del Parlamento nella XVI Legislatura” redatto da Openpolis, l’osservatorio nato nel 2008 che si occupa di trasparenza e accesso ai dati pubblici e che negli ultimi cinque anni ha messo sotto la lente d’ingrandimento l’attività del 945 parlamentari della Repubblica.

Nelle prime pagine del rapporto Openpolis spiega la metodologia seguita per l’analisi. «L’indice di produttività parlamentare propone la valutazione del lavoro di deputati e senatori in base a criteri di efficacia che aiutino a distinguere la gran massa di attività che non produce effetti – per esempio su circa 9.600 Ddl presentati appena 500 sono stati esaminati – da quella, poca, che invece da risultati», scrive l’associazione. «Non si entra mai nel merito di quanto un atto dispone, se sia buono o cattivo, ma ci si limita ad attribuire un punteggio ad ogni passaggio di iter. L’indice è uno strumento che ha il vantaggio della sintesi – è scritto ancora – ma che tuttavia non deve essere preso come uno strumento per la misurazione esatta. Serve per analizzare e valutare la complessa realtà parlamentare, non certo per formulare giudizi». Tre sono i criteri di produttività: l’iter dell’atto parlamentare, il consenso (ovvero la quantità e la tipologia di gradimento che il Primo firmatario di un atto riesce ad ottenere presso i suoi colleghi) e la partecipazione ai lavori (cioè il contributo del parlamentare ai lavori della Camera di appartenenza).

Il primo dato che salta all’occhio sfogliando le pagine del rapporto è quello che riguarda gli atti approvati e conclusi nel corso della XVI legislatura. Openpolis nota come il decreto legge (che, lo ricordiamo, è un provvedimento che il governo dovrebbe utilizzare in casi di estrema necessità e urgenza) sia oggi «una modalità di legiferazione quasi ordinaria». Basta leggere i numeri: dei 115 decreti presentati nei 5 anni di Legislatura – molti dei quali nell’anno del governo Monti – 97 sono stati convertiti (84,35%), mentre dei 9.572 disegni di legge solo 387 sono stati approvati (“appena” il 4,4%). Anche le risposte alle interrogazioni parlamentari, ovvero lo strumento di cui i partiti dispongono per chiedere al governo delucidazioni su una determinata questione, sono poche rispetto alle domande: 42.903 quella presentate, 16.694 quelle concluse (il 38,91%). Ne emerge che il Parlamento è sempre più “espropriato” del suo ruolo rispetto all’esecutivo.

Connessa alla questione del decreto legge c’è il ricorso alla fiducia. In questo caso, diceOpenpolis, «la tendenza già evidentemente troppo elevata nella fase del governo Berlusconi – con 16 leggi su 100 approvate con la fiducia – diventa del tutto patologica durante il governo Monti con un rapporto di quasi una legge su due per la quale si è fatto ricorso alla fiducia». Fra i provvedimenti votati in questi anni 3 voti di fiducia sono stati necessari per l’approvazione della Legge di sviluppo 2008, per il decreto Milleproroghe 2012 e per quello sulle semplificazioni fiscali; 4 per il Decreto sviluppo e la Riforma fiscale; 5 per la legge Anti-corruzione e per quella di Stabilità 2013 e addirittura 8 per la Riforma del mercato del lavoro.

Ci sono poi provvedimenti che l’associazione ha diviso in due categorie: leggi lepre e lumaca, ovvero quelle che da una parte sono state approvate in maniera rapida – se messe a confronto con le lungaggini parlamentari – e altre che al contrario sono rimaste in ballo per anni. «Il ritardo con cui il Parlamento e il governo rispondono alle esigenze reali del Paese», scrive Openpolis, «non è da imputarsi a “tecnicismi istituzionali” quanto piuttosto alla mancanza di volontà politica». Fra le “leggi lepre” ci sono, per esempio, il Lodo Alfano (124/2008, poi dichiarata incostituzionale dalla Consulta per la violazione degli articoli 3 e 138 della Carta), approvato in “appena” 20 giorni. Oppure la legge di Stabilità 2012 e quella di Bilancio 2012, 25 giorni. E la spending review del ministro Giarda, 32 giorni. Mentre fra quelle “lumaca” troviamo la legge per il contrasto ad usura ed estorsione, 1.357 giorni, quella per l’equo compenso dei giornalisti, 901, e quella per le quote rosa nelle società quotate in borsa, 782.

Veniamo ora ai parlamentari. Quali sono stati, nei cinque anni a Montecitorio e Palazzo Madama, quelli più presenti e quelli – al contrario – maggiormente assenti? Partiamo dalla Camera, dove Remigio Ceroni (Pdl) risulta essere il deputato con la più alta percentuale di presenze in aula (99,88%), seguito da Giorgio Lainati e Simone Baldelli (entrambi del Pdl) con il 99,84 e il 99,78% delle presenze. Nella “top three” dei deputati maggiormente assenti ci sono invece Antonio Gaglione (Misto, 91,70%), Niccolò Ghedini (Pdl, 81,20%) e Denis Verdini (Pdl, 75,90%). Al quinto posto spunta anche Pier Luigi Bersani, segretario del Pd e candidato premier del centrosinistra, con il 72,30% di assenze. A Palazzo Madama, invece, i tre senatori più presenti sono Cristiano De Eccher (Pdl, 99,90%), Achille Totaro (Fdi, 99,80%) e Mario Pittoni (Lega Nord, 99,70%). Fra quelli maggiormente assenti, nelle prime tre posizioni ci sono Giovanni Pistorio (Misto, 65,30%), Domenico Nania (Pdl, 64,50%) e Emma Bonino (Radicali, 60,80%).

Un conto sono le presenze, un altro la produttività (come spiegato in precedenza). Anche in questo caso, Openpolis ha stilato una classifica di deputati, senatori e gruppi parlamentari che hanno lavorato di più rispetto agli altri. Alla Camera i tre parlamentari più produttivi sono risultati essere Donato Bruno del Pdl (indice di produttività pari a 1248,4), Franco Narducci del Pd (1138,5) e Antonio Borghesi dell’Idv (1113,4). Nelle prime tre posizioni al Senato ci sono invece Carlo Vizzini dell’Udc-Svp (1574,8), Lucio Malan del Pdl (1398,9) e Gianpiero D’Alia (Udc-Svp, 1314). Chi sono, invece, i più “fannulloni”? Alla Camera i primi tre della lista sono Niccolò Ghedini (Pdl, 14,4), Denis Verdini (Pdl, 23,2) e Antonio Angelucci (Pdl, 26,2). Al Senato spiccano Vladimiro Crisafulli (Pd, 22,2), Raffaele Stancanelli (Pdl, 22,7) e Sergio Zavoli (Pd, 33,2). Il primo posto fra i gruppi parlamentari più produttivi è occupato dall’Italia dei valori di Antonio Di Pietro con un indice di produttività pari a 418,3 alla Camera e 445 al Senato. Solo quinti e sesti Pd (222,9) e Pdl (197) alla Camera, con il partito di Berlusconi che al Senato scivola all’ottavo posto.

Un altro capitolo del rapporto è dedicato a deputati e senatori che vanno e vengono. Quello del cambio di casacca, scrive Openpolis, è stato «uno dei fenomeni caratterizzanti la XVI Legislatura». L’Udc di Casini risulta essere l’unico partito di quelli che ha intrapreso fin dal principio la Legislatura ad avere un “saldo” positivo: +2 deputati alla Camera e +8 al Senato conquistati in questi anni. Una vera emorragia è quella che ha invece colpito il Pdl, che ha perso 70 deputati e 27 senatori, mentre il Pd ha visto passare ad altri partiti 13 deputati (come pure l’Idv) e 14 senatori.

C’è, infine, un particolare che riguarda il governo Monti. Sapete qual è il gruppo parlamentareche – sia alla Camera che al Senato – ha sostenuto maggiormente l’esecutivo del Professore? Chi ha risposto Udc e Fli ha sbagliato. È infatti il Pd la formazione più ”fedele”. Alla Camera, dei 99 voti finali, i democratici hanno votato favorevolmente nell’83% dei casi (+6% rispetto all’Udc e +23% rispetto a Fli), mentre a Palazzo Madama, in 83 voti finali, la percentuale raggiunge l’85% (+10% rispetto ad Api-Fli e +15% rispetto all’Udc). Scenario che si riflette anche su deputati e senatori che hanno sostenuto maggiormente il governo tecnico. Nelle prime 22 posizioni a Montecitorio ben 20 sono del Pd. Idem al Senato. Che sia il preludio ad un accordo, già sottoscritto, fra Bersani e Monti dopo le elezioni? Lo sapremo fra poche settimane.

Twitter: @GiorgioVelardi