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Senato, resa dei conti tra ex berlusconiani: i verdiniani chiedono lo scioglimento del gruppo di Fitto

domenica, febbraio 14th, 2016

Da compagni della rivoluzione liberale a fratelli coltelli. Barani (Ala) consegna una lettera formale a Pietro Grasso: “Non hanno più i numeri, i Conservatori e riformisti vadano nel Misto”. Dopo l’ultimo addio di Pagnoncelli, la componente dell’ex governatore della Puglia conta ora solo 9 membri. Uno in meno di quanti richiesti dal regolamento. La guerra innescata dal mancato invito del capogruppo della componente di Verdini ad una riunione di minoranza. Ma Bonfrisco (Cr) replica: “Non sono stata io a convocarla, vicenda figlia della frammentazione del centrodestra”  

fittoS’erano tanto amati. Tutti insieme, o quasi, appassionatamente, nella grande famiglia del berlusconismo. Ma il passato è d’obbligo. Perché oggi, tra i vecchi amici di un tempo, non corre più buon sangue. E dalla favola della rivoluzione liberale, la nuova sceneggiatura dello psicodramma del centrodestra racconta il dramma dei fratelli coltelli. Protagonista dell’ultimo sgarbo tra ex condomini del fu Popolo della libertà, il capogruppo di Ala, la componente che fa capo a Denis Verdini nata il 29 luglio 2015 dalla scissione con Forza Italia, Lucio Barani. Che martedì scorso ha consegnato, insieme al suo vice Riccardo Mazzoni, una lettera al presidente del Senato Pietro Grasso. Oggetto: richiesta di scioglimento, a norma di regolamento, del gruppo dei Conservatori e riformisti, riferimento parlamentare dell’ex governatore della Puglia Raffaele Fitto. Sceso sotto il numero legale di 10 componenti (il minimo richiesto per formare un gruppo a Palazzo Madama) dopo l’addio di Lionello Pagnoncelli che, il 29 gennaio scorso, seguendo le orme di Eva Longo e Ciro Falanga, ha fatto le valigie per traslocare proprio fra i banchi dei rivali verdiniani.

LETTERA AVVELENATA – “Grasso ha riconosciuto la fondatezza della mia richiesta e mi auguro che già nei prossimi giorni vengano presi provvedimenti – spiega Barani a ilfattoquotidiano.it –. Mi risulta che il presidente abbia già comunicato agli altri capigruppo il contenuto della mia lettera”. Una questione che, effettivamente, regolamento alla mano sembrerebbe fondata: in base all’articolo 14 comma 6, quando i componenti di un gruppo – che non rappresenta un partito presente con il medesimo contrassegno alle ultime elezioni per il Senato, come nel caso dei Conservatori e riformisti – si riducono a meno di 10, “il gruppo è dichiarato sciolto” e i parlamentari che ne facevano parte, qualora entro tre giorni non aderiscano ad altri gruppi, vengono iscritti al Misto. “Lo scopo della norma è evidente – prosegue Barani –. Innanzitutto evitare una ripartizione impropria delle risorse spettanti ai gruppi che, in caso di scioglimento, i Conservatori e riformisti dovranno in parte restituire”. Inoltre, aggiunge il capogruppo di Ala, “occorre ripristinare gli equilibri nelle commissioni permanenti che, in questo momento, tengono conto di una componente che non ha più i numeri sufficienti ad esistere”.

FRATELLI COLTELLI – Insomma, un bel guaio per la componente nata il 3 giugno 2015 dalla scissione capeggiata da Fitto in polemica con Silvio Berlusconi e il Patto del Nazareno. Ma cosa ha scatenato il duro affondo dei verdiniani? Tutto comincia da una riunione delle forze di minoranza, tenutasi a ridosso del rinnovo delle presidenze delle commissioni del Senato. E organizzata, secondo Barani, dalla capogruppo dei fittiani Anna Cinzia Bonfrisco. All’ordine del giorno, l’assegnazione dei ruoli spettanti alle opposizioni e gli emendamenti al ddl Cirinnà sulle unioni civili attualmente all’esame dell’Aula. Incontro al quale, però, il capogruppo di Ala non è stato invitato. Uno sgarbo che i verdiniani non hanno preso affatto bene. “Una vera e propria discriminazione, tipica dei metodi fascisti. E solo perché avevamo votato sì alla riforma costituzionale del governo”, lamenta il presidente dei senatori verdiniani. Che lancia l’ultima bordata: “A differenza loro, che si definiscono minoranza, noi ci consideriamo opposizione – conclude Barani –. La differenza? Non diciamo ‘no’ a prescindere ma valutiamo e votiamo, provvedimento per provvedimento, ciò che riteniamo utile al Paese”.

MI FACCIA IL PIACERE – Accuse che la Bonfrisco rispedisce al mittente. “Non posso rispondere di responsabilità non mie. La riunione delle opposizioni fu convocata dal capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani, e non da me”, spiega a ilfattoquotidiano.it. “Non conosco il carteggio tra il presidente Grasso e il gruppo Ala – assicura la senatrice dei Conservatori e riformisti –. Per certo, il tema è stato posto nell’ultima conferenza dei capigruppo: quando il presidente si esprimerà sul da farsi prenderemo atto della sua decisione nel rispetto dell’istituzione che rappresenta”. Di sicuro “non andremo a caccia di parlamentari solo per evitare lo scioglimento: noi proponiamo un progetto politico, chi vuole sposarlo è il benvenuto”. E con Barani? “Fra me e lui non c’è alcuna questione personale – conclude –. Questa vicenda è solo l’ennesimo effetto della frammentazione del centrodestra”.

(Articolo scritto con Antonio Pitoni il 12 febbraio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Legge di Stabilità, assenze al voto finale: Lega batte tutti, seguita da Forza Italia, Fratelli d’Italia, Sinistra, Misto e M5S

mercoledì, dicembre 23rd, 2015

Renzi aveva detto: “I grillini non erano in Aula”. I deputati Cinque Stelle assenti erano 37 su 91 (il 40,6% del gruppo). Il grillino Fico: “Il premier mente sapendo di mentire”. Ma il record spetta al Carroccio. Il cui tasso di diserzione ha toccato il 75%. Nel Pd assenze al 6%. Molti i big che hanno mancato il voto. Da Bossi alla Santanché, dalla Meloni e La Russa a Fratoianni. E poi, Ruocco, Lombardi, Toninelli, Boschi, Bersani, Colaninno…

italicum-ok-6751La bordata è arrivata in diretta televisiva. Di domenica pomeriggio, durante la seguitissima trasmissione di Massimo Giletti. Ospite de L’Arena, su Rai Uno, Matteo Renzi ha preso di mira i grillini: “La legge di stabilità è stata approvata alle 2.58 di stanotte e i 5 Stelle non erano in Aula perché purtroppofanno un’opposizione che regge fino a che sono accese le telecamere – ha accusato il premier –. Forse è la famosa febbre del sabato sera, si sono ammalati tutto insieme”. È davvero così? A scorrere i tabulati delle presenze di Montecitorio non è che l’ex sindaco di Firenze abbia tutti i torti. Numeri alla mano, però, le defezioni non hanno riguardato solo i grillini. Basti pensare che dei 630 inquilini di Montecitorio solo 362 (il 57,5%) hanno partecipato alla votazione finale – quella delle 2.58 appunto – sulla manovra finanziaria. Il restante 42,5%, l’equivalente di 268 deputati, mancava invece all’appello. Tra loro anche quelli di Forza Italia, che è riuscita a fare peggio dei pentastellati. Se dei 91 parlamentari della pattuglia del M5S in 37 (il 40,6% dell’intero gruppo) hanno saltato l’ultima votazione notturna, sono stati 36 su 54 (il 66,6%) gli azzurri che hanno lasciato vuoti gli scranni del partito di Silvio Berlusconi.

TUTTI A CASA – Nella lista degli assenti alla votazione decisiva della Camera non mancano i volti noti del movimento fondato da Beppe Grillo Gianroberto Casaleggio, a cominciare dagli ex capigruppo Roberta Lombardi e Giorgio Sorial (il quale spiega però che era malato). Non c’erano neppure Danilo Toninelli, uno degli artefici della trattativa con il Partito democratico (Pd) che ha permesso di sbloccare lo stallo dell’elezione dei giudici della Corte Costituzionale, e Mattia Fantinati, asceso all’onore delle cronache per il suo assalto al meeting di Comunione e liberazione dell’estate scorsa. Vuote anche le sedie di Massimo Baroni, Andrea Cecconi e Carla Ruocco, unica componente del direttorio assente sabato notte. “Quando attacca il Movimento 5 Stelle, Renzi mente sapendo di mentire”, accusa il deputato Roberto Fico. “Nel corso della discussione sulla legge di Stabilità abbiamo dimostrato come si fa opposizione – aggiunge il presidente della commissione di Vigilanza Rai e membro del direttorio del M5S a ilfattoquotidiano.it –. Rivelando, peraltro, che ‘marchettificio’ è questo provvedimento, grazie al quale verranno finanziate le fondazioni degli amici degli amici: un atteggiamento inaccettabile da parte del governo”. Quanto a Forza Italia, oltre al solito Antonio Angelucci, recordman di assenze secondo la classifica di Openpolis, non c’erano neanche Deborah Bergamini, Micaela Biancofiore, Daniela Santanchè e la figliol prodiga Nunzia De Girolamo. Tra i big non pervenuti tra gli scranni di Montecitorio, anche gli ex ministri Antonio Martino e Gianfranco Rotondi, che si dichiara, però, “assente giustificato” perché, racconta, “c’era il congresso di Rivoluzione Cristiana (il partito di cui è fondatore e presidente, ndr) al quale non potevo non partecipare”. La compagnia dei desaparecidos si allarga a Gabriella GiammancoJole Santelli e all’ex presidente della commissione Affari costituzionali, Francesco Paolo Sisto, reduce dalla batosta della mancata elezione alla Consulta. Senza dimenticare le ex ministre Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini, che hanno partecipato alle precedenti votazioni disertando, però, quella finale. I numeri, insomma, danno ragione a Renzi. Che oltre al M5S ha rimarcato, nel suo intervento televisivo, anche le defezioni di Forza Italia. Il suo Pd, peraltro, stavolta si è distinto per compattezza e presenza. Solo in 20 sui 301 del gruppo parlamentare della Camera, appena il 6,6%, sono mancati all’appello. Anche se scorrere i nomi degli assenti fa un certo effetto. Non hanno preso parte al voto delle 2.58 la ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi (così come lo stesso presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ma lui neanche è elencato nella lista degli aventi diritto in quanto non deputato), l’ex segretario del partito, Pier Luigi Bersani e l’attuale vice segretario, Lorenzo Guerini (che fa sapere di essersi sottoposto ad un “intervento chirurgico in mattinata e di essere rimasto in aula fino alle 19”). Notturna disertata anche dall’ex ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, dall’ex responsabile giustizia del partito, Danilo Leva, dal fedelissimo del premier e commissario alla spending review Yoram Gutgeld. Oltre ai deputati Micaela Campana (che però precisa che si trova in convalescenza post-operatoria da 10 giorni), Matteo Colannino e al guardasigilli Andrea Orlando, che però risultava in missione.

CERCASI LEGA – E gli altri gruppi? Pesanti le defezioni anche tra i deputati di Sinistra Italiana17 su 31, pari al 54,8%. Tra loro il candidato sindaco di Torino, Giorgio Airaudo, il vice presidente della commissione Antimafia Claudio Fava e Nicola Fratoianni. In Aula a ranghi ridottissimi anche la Lega Nord12 assenti su 16, il 75% dell’intera pattuglia parlamentare. A cominciare dal senatùr Umberto Bossi. Contagiati dalla febbre del sabato sera anche i deputati di Fratelli d’Italia: domenica notte ne mancavano all’appello 5 su 8, il 62,5% del totale. A cominciare dall’ex ministro e leader del partito Giorgia Meloni e Ignazio La RussaSette su 23, invece, le assenze fra gli scranni di Scelta Civica (il 30,4% del totale). Fra questi, Alberto Bombassei, presidente di Brembo, e gli ex 5 Stelle Ivan Catalano e Paola Pinna. Dieci deputati sui 31 totali sono stati gli assenti fra i banchi di Area Popolare (Ncd più Udc). Il 32,2%. Fra i quali il viceministro della Giustizia, Enrico CostaGiuseppe De Mita (nipote del più noto Ciriaco) e Sergio Pizzolante. Il gruppo Per l’Italia, che a Montecitorio fa capo a Lorenzo Dellai, ha fatto registrare il 30,7% di assenze: 4 deputati su 13. Hanno invece disertato la votazione delle 2.58, 33 deputati sui 62 totali del gruppo Misto (il 53,2%), del quale fanno parte numerose componenti. Dall’Alleanza liberalpopolare autonomie (Ala) diDenis Verdini (assenti Francesco Saverio Romano e Massimo Parisi) ai Conservatori e Riformisti di Raffaele Fitto (assente Daniele Capezzone). A proposito di febbre del sabato sera, Renzi ce l’aveva per caso anche con loro?

(Articolo scritto con Antonio Pitoni il 22 dicembre 2015 per ilfattoquotidiano.it)