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Posts Tagged ‘Processo lungo’

La calda estate di Angelino

giovedì, agosto 4th, 2011

Con la nomina di Francesco Nitto Palma al ministero della Giustizia, Angelino Alfano potrà concentrarsi su un obiettivo che appare difficile da raggiungere: ridare credibilità al Pdl. Ce la farà? I nodi spinosi sono molti, e le sette “parole magiche” pronunciate dal neo segretario potrebbero non bastare.

Silvio Berlusconi ha puntato tutto su di lui. Lo ha definito «un uomo generoso, leale, un ragazzo intelligente che non mente mai». Ha fatto di più: in un’intervista a Repubblica, giornale non certo “amico”, il Cavaliere è addirittura arrivato ad investirlo ufficialmente come suo successore, convincendo e al tempo stesso scontentando alcuni dei suoi fedelissimi. Nelle sue mani, dunque, Angelino Alfano ha le chiavi di una macchina che tre anni fa sembrava poter superare a pieni voti tutti i crash test, ma che ora si ritrova con qualche ammaccatura di troppo e qualche componente da sostituire. Nel giorno della sua nomina (per acclamazione), lo scorso primo luglio, il neo segretario politico del Pdl ha parlato chiaro, impostando il suo discorso intorno a sette concetti chiave da cui intende ripartire. Un mese e mezzo dopo, a che punto siamo?

ONESTÀ E SANZIONI – «Dobbiamo lavorare perché il Pdl diventi un partito degli onesti. E visto che è un nuovo inizio, va detto che non tutti lo sono». Nel pronunciare queste parole Alfano ha stupito molti. Certo, nel mezzo l’ex ministro della Giustizia ha tenuto a ricordare che Berlusconi è «un perseguitato dalla giustizia», ma sentire che non tutti nel Popolo della Libertà sono scevri da colpe non è cosa di tutti i giorni. Alle parole, per ora, non sembrano essere seguiti i fatti. Se per ridare vigore al partito, e ad un classe politica che a destra e a sinistra sembra colpita quotidianamente dagli scandali, il punto di partenza è il cosiddetto “processo lungo” (che ha passato l’esame del Senato e verrà calendarizzato a settembre alla Camera) allora non poteva esserci inizio peggiore. Nel mezzo ci sono lo scandalo P4, che vede coinvolto il deputato Alfonso Papa, arrestato il venti luglio dopo il parere favorevole della Camera; quello che riguarda l’ex braccio destro del ministro dell’Economia Tremonti Marco Milanese, che ha screditato in maniera non troppo indiretta anche il titolare di via XX Settembre; infine, l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa mossa nei confronti del titolare dell’Agricoltura Saverio Romano, per cui la procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio. Il rinnovamento paventato da Alfano deve cominciare facendo luce su zone d’ombra evidenti. Un conto è il garantismo, un altro l’impunità.

MERITO – Parola spesso utilizzata impropriamente dalla nostra classe dirigente (non solo a livello politico), è entrata nel vocabolario personale del nuovo segretario del centro-destra. «Bisogna valorizzare il merito e il talento – ha sottolineato Alfano – altrimenti non vincono i migliori. Il partito deve saper offrire a un giovane consigliere provinciale o a un delegato la possibilità di diventare segretario, come accaduto a me». E come si mette in pratica un concetto tanto nobile quanto difficile da realizzare? In un solo modo: cambiando la legge elettorale. Uno dei capisaldi della Legge Calderoli, meglio conosciuta come Porcellum, è quello delle liste bloccate: gli elettori non possono esprimere le loro preferenze perché le scelte sui candidati le fanno i partiti. Con un ritorno al Mattarellum, o con l’introduzione di un sistema maggioritario a doppio turno, ai cittadini verrebbe data la possibilità di tornare ad esercitare un vero diritto di voto, scegliendo coloro che vengono ritenuti meritevoli di rappresentare la cosa pubblica.

PARTECIPAZIONE – Degli elettori, certo, ma anche di tutte le forze moderate e del Terzo Polo, con cui poter costruire un nuovo progetto in vista delle elezioni del 2013. Al popolo del Pdl, in una lettera pubblicata sul sito del partito in data 29 luglio, Alfano ha chiesto «suggerimenti per migliorare quanto di buono è già stato fatto in questi anni». C’è però bisogno di qualcosa di più, di una «rivoluzione culturale, molto difficile in un partito che ospita correnti, cordate e gruppi di potere sin qui tenuti insieme dal leader unico», come ha sottolineato di recente lo stimato politologo Alessandro Campi. Pensiero condivisibile, e anche in questo caso Alfano avrà il suo bel da fare. Capitolo alleanze: l’annuncio della nascita, a settembre, della Costituente popolare per riunire tutti i moderati italiani e dare vita ad un partito di ispirazione liberale e riformista fondato sui valori del PPE potrebbe fare gola a Pierferdinando Casini e Gianfranco Fini. Se il leader Udc ha chiesto al neo segretario di «riflettere e cogliere l’opportunità di voltare pagina», non chiudendo di fatto le porte ad un futuro insieme (la condicio sine qua non sono comunque le dimissioni di Berlusconi), il Presidente della Camera non sembra deciso a tornare nell’alveo del Pdl. Per Fini fare un passo indietro significherebbe ammettere il fallimento di Futuro e Libertà, demolendo la propria credibilità a vantaggio del Premier. Dati alla mano, alle urne il Terzo Polo (di cui fanno parte anche Api ed Mpa, ndr) raccoglierebbe oggi il 12 per cento dei voti (dati ISPO/C.C. Management S.r.l.): una percentuale rilevante per comporre il nuovo scacchiere della politica italiana.

PASSIONE – Quella che Alfano ha mostrato nel giorno della sua nomina ha spinto Adolfo Urso, Andrea Ronchi e Giuseppe Scalia a lasciare Fli per abbracciare la nascita della Costituente popolare citata pocanzi. All’ex ministro per le Politiche comunitarie è stato assegnato un posto nel board del Partito Popolare Europeo e il ruolo di responsabile organizzativo dell’intero progetto. Urso, invece, avrà il compito di coordinare le sei fondazioni già riconosciute dal PPE (Fare Futuro, Magna Charta, Liberal, Res Publica, Fondazione Sturzo e Popolari Europei di Franco Frattini) elaborando le tesi per un documento unitario in vista del congresso di Marsiglia a fine anno. Attenzione, però, agli attuali alleati, che in forme diverse stanno manifestando il proprio malessere. La Lega Nord lo ha fatto più volte nel corso degli ultimi mesi: prima parlando di stanchezza per le «sberle» prese dopo la disfatta alle Amministrative e ai referendum; poi con la votazione a favore dell’arresto di Papa; infine, portando avanti lotte intestine per l’apertura delle sedi ministeriali al Nord. Tutti accadimenti che hanno incrinato i rapporti con l’alleato di sempre. Se Alfano e Maroni rappresentano il futuro, il presente è ancora legato alla coppia Berlusconi-Bossi. E non è detto che i due continuino ad andare d’amore e d’accordo. C’è chi nel Pdl arriva, ma anche chi se ne va. Dopo Gianfranco Miccichè, pochi giorni fa è stata la volta di Ugo Cappellacci: da sempre legato a doppio filo a Berlusconi, il presidente della regione Sardegna ha riconsegnato la tessera perché «prima di tutto ci sono da difendere gli abitanti della mia terra, che il Governo ha umiliato».

REGOLE E PRIMARIE – Due parole che possono e devono essere trattate assieme. Perché le nuove regole sono (anche) quelle che nel centro-destra portano per la prima volta all’utilizzo di uno strumento finora “proprietà” dell’opposizione. Le hanno proposte Berlusconi e Alfano in persona, poi il Premier ha stupito tutti nominando il neo segretario come il candidato Pdl alle prossime elezioni. Lui ha rispedito il gentile regalo al mittente («nel 2013 avremo ancora bisogno, con gioia, della leadership di Berlusconi»), aprendo la corsa a quelle che preferisce chiamare «elezioni popolari». Come di consueto, quando si introduce una novità di simile portata, ecco nascere il fronte dei favorevoli e quello dei contrari. Fra i primi vanno annoverati il presidente della Lombardia Formigoni, il sindaco di Roma Alemanno e il ministro degli Esteri Frattini. Nel girone dei contrari, invece, spicca il titolare dei Trasporti Matteoli, che in una recente intervista al Corriere della Sera ha dichiarato: «Finora le primarie non sono state altro che una dimostrazione della debolezza dei partiti che non sono in grado di decidere da soli cosa fare». Intanto, con una proposta di legge presentata alla Camera e al Senato da Fabrizio Cicchitto e Gaetano Quagliariello, la maggioranza lavora perché il ricorso alle primarie diventi obbligatorio e regolamentato per i partiti, ma solo ed esclusivamente per i vertici degli enti locali (non per la scelta della leadership, quindi). A quelle del Popolo della Libertà, nel frattempo, potranno partecipare solo i tesserati, in modo da evitare eventuali infiltrazione esterne. Fra settembre e ottobre dovrebbero essere messe nero su bianco le regole definitive, in modo da arrivare a novembre alla scelta dei leader locali.

“Processo lungo”, l’ennesima mano tesa a criminali e mafiosi

sabato, luglio 30th, 2011

Difficilmente, su questo blog, avete trovato articoli che mostrassero, fra le righe, un esplicito orientamentamento politico. E, con altrettanta difficoltà, ne troverete altri a parte questo.

Quanto accaduto venerdì in Senato mi ha portato a riflettere molto e ad uscire, per una volta, dal mio ruolo di semplice “mercante di notizie“. Il cosiddetto “processo lungo” (che nei mesi successivi dovrà passare l’esame della Camera), lo dico subito e senza giri di parole, è una grande porcata, di cui il Governo dovrebbe vergognarsi. In pochi, purtroppo, sanno cosa preveda questa norma che per l’ennesima volta tende la mano ai criminali e ai mafiosi, e allunga a dismisura i tempi dei processi per favorirne la prescrizione. Sono 4 i capisaldi del disegno di legge:

  1. La modifica di alcuni articoli del codice di procedura penale, ovvero il 190, il 238 bis, il 438, il 442 e il 495, in materia di giudizio abbreviato e di delitti punibili con la pena dell’ergastolo;
  2. La norma permette alla difesa di presentare un numero illimitato di testimoni, anche nei processi di primo grado. Il giudice deve sentire tutti coloro che vengono convocati, senza poterne valutare la rilevanza o meno (in caso contrario, l’intero procedimento potrebbe essere considerato nullo). L’imputato potrà inoltre interrogare i testi, come accade in Germania, con l’avvocato che farà da mediatore per evitare errori nel porre le domande;
  3. Si dà l’addio alla “norma Falcone”, la quale prevede che una sentenza passata in giudicato possa essere considerata come prova in un altro processo. Vale lo stesso discorso fatto poco fa: si allungano ulteriormente i tempi per risentire di nuovo gli stessi testimoni, favorendo la prescrizione;
  4. Gli ergastolani non possono chiedere il rito abbreviato (con cui si evita il dibattimento e la decisione viene presa nell’udienza preliminare).

Tutte le norme valgono anche per i processi in corso, purchè questi siano ancora nella fase dibattimentale del primo grado. Come sottolineato in maniera esauriente da Luigi Ferrarella nell’edizione del Corriere della Sera di sabato 30 luglio, questa non è solo una norma ad personam per Berlusconi, ma è allargata a tutti quei delinquenti che sanno, una volta compiuto un reato, di poter anacquare il processo fino a spingerlo ai limiti dell’inverosimile. «Processo lungo, la mafia ringrazia», ha scritto ieri Famiglia Cristiana nell’edizione on line. Non serve aggiungere altro.