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Il ritorno a casa di Angelino. Alfano tenta di ricucire con Forza Italia, ma nel partito di Berlusconi trova porte chiuse

domenica, febbraio 26th, 2017

Angelino_AlfanoPorte chiuse. Anzi, serrate. Dentro Forza Italia proprio non ne vogliono sapere di ricucire con Angelino Alfano. Il ministro degli Esteri e leader di Ncd ha lanciato l’ennesimo messaggio ai suoi ex compagni di viaggio, quelli cioè che hanno condiviso con lui la parabola del Pdl. “Esiste un importante spazio per idee e movimenti politici di impronta liberale e popolare, moderata e riformatrice” ed “esiste tra il Partito democratico e la Lega”, ha scritto Alfano in una lettera inviata al Corriere. Insomma: l’ex delfino di Berlusconi auspica un rassemblement dei moderati. “Un’occasione per Forza Italia – l’ha definita – per riavvolgere il nastro e non annegare irreversibilmente la propria vocazione riformista nel mare del populismo anti europeo e anti euro”. Tradotto: mollate Lega e Fratelli d’Italia e ricuciamo.

Solo il capogruppo azzurro a Palazzo Madama, Paolo Romani, ha commentato ufficialmente l’uscita del ministro. “Mentre si pone il problema della creazione e della collocazione strategica di un polo moderato e liberale”, ha spiegato all’Adnkronos, “notiamo che il baricentro di Ncd si è spostato nell’area renziana, tant’è che Alfano voleva convincerci a votare a febbraio come chiedeva l’allora premier”.

Meglio soli – Un messaggio inequivocabile. Ma gli altri cosa ne pensano? “In questi anni si sono combattute battaglie, penso a quelle sulla riforma costituzionale e sulle unioni civili, che hanno visto Alfano sempre schierato dalla parte di Renzi”, ricorda a La Notizia Lucio Malan. “Lui ci chiede di scegliere da che parte stare? Non credo ci siano grossi dubbi… Forse il ministro avrebbe dovuto pensarci prima: le scelte sbagliate prima o poi si pagano”. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Francesco Paolo Sisto. “La coerenza e la fedeltà a Berlusconi sono i due valori fondanti di Fi – dice –. Alfano tiene due piedi in una scarpa, il fatto che il suo appello arrivi a ridosso di possibili elezioni è a dir poco singolare”. La coalizione, chiarisce Sisto, “è formata da noi, Lega e Fratelli d’Italia: qualsiasi operazione di disturbo deve essere valutata con attenzione, soprattutto se riguarda chi ha contribuito a ‘far fuori’ politicamente il nostro leader e continua senza pentimento a dare appoggio al Governo e ad amministrazioni locali di sinistra che ci vedono all’opposizione”.

Spazi stretti – Per il vicepresidente del Senato, Maurizio Gasparri, si tratta di “una prospettiva che non esiste, viste anche le pregiudiziali che Alfano ha nei confronti di Salvini e Meloni”. E anche Nunzia De Girolamo, tornata in Forza Italia dopo un passaggio in Ncd, chiarisce: “Non vedo perché dovremmo creare un altro contenitore in un quadro già frammentato”, e poi “i presunti partiti a cui fa riferimento il ministro degli Esteri non hanno i numeri per vincere”. Certo, “bisogna essere il più inclusivi possibile, ma non è certo mettendo dei veti che si costruisce l’alternativa”. “Alfano non pensi di poterci dividere, semmai rifletta definitivamente su cosa fare”, chiosa il deputato umbro Pietro Laffranco: “Il Centrodestra deve unirsi, gli egoismi non sarebbero compresi dagli elettori che ci vogliono coesi, come hanno dimostrato penalizzandoci proprio sulla base del nostro grado di compattezza”. Caustica Daniela Santanché. “Alfano ha fatto ben capire che è alla ricerca di un posto di lavoro”, il tweet condito dall’hashtag #staisolo. Il rischio, del resto, è proprio quello.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 25 febbraio 2017 per La Notizia

Patto anti-scissione – da “Il Punto” del 28/09/2012

giovedì, ottobre 4th, 2012

Il piano per evitare che il partito imploda a causa del passo indietro degli ex An. Che starebbero trattando con il Cavaliere seggi “sicuri” alla Camera alle prossime elezioni. Gli ex ministri sono in fibrillazione: hanno paura di non essere ricandidati

«Berlusconi è diventato come un taxi: tutti vogliono salire a bordo della sua auto. E il giorno dopo le elezioni, ottenuto ciò che volevano, i suoi “passeggeri” scenderanno in blocco. Anche perché, come lei capirà, questa è l’ultima occasione in cui il Cavaliere potrà far eleggere qualcuno». Comincia così il colloquio de Il Punto con un ex esponente del Pdl che svela le grandi manovre interne al partito. Rivelazioni che arrivano nel giorno in cui la situazione nel Lazio precipita quasi fino a schiantarsi, con Berlusconi chiamato alla personale “discesa in campo” – in attesa che dica ufficialmente se sarà o meno della contesa per le politiche del 2013 – per evitare l’effetto domino ad un mese dalle elezioni in Sicilia e con le comunali di Roma alle porte (senza dimenticare la Lombardia, dove tra Roberto Formigoni e la Lega Nord è in atto una tregua armata).

ACCORDI E COMPROMESSI - «Ovviamente – aggiunge il nostro interlocutore – fra quelli che usufruiranno del passaggio di Berlusconi ci sono anche gli ex An». Pomo della discordia da mesi, nelle segrete stanze di via dell’Umiltà. Sempre prossimi alla scissione, spesso contrari alle linee guida del partito, i discendenti del Movimento Sociale non hanno mai nascosto il loro malumore, complici anche le dichiarazioni al vetriolo di qualche ex forzista della prima ora come Nunzia De Girolamo («Meglio Renzi di La Russa e Gasparri», ha fatto sapere la deputata campana) e Giancarlo Galan, e le lotte intestine fra le correnti. Ma se il Pdl sembra già sull’orlo del baratro, l’ennesima diaspora – dopo aver già perso 80 fra deputati e senatori dall’inizio della legislatura, come vi avevamo raccontato la scorsa settimana – segnerebbe la morte definitiva del partito. Fra l’altro alla fine di ottobre si voterà in Sicilia. Una Regione strategica nei piani di Berlusconi, dove il Popolo della Libertà ha deciso di appoggiare il candidato de La Destra Nello Musumeci. Quindi meglio evitare cataclismi e scendere a compromessi. Quali, per esempio? «Pare che gli ex An abbiano già chiesto al Cavaliere circa 20 seggi alla Camera in vista delle prossime elezioni. Prima i numeri erano più alti – si parlava di 50 posti –, poi però il rischio di una scissione postuma ha portato ad un ridimensionamento». Dunque le polveri sembrano poter prendere fuoco, malgrado i tentativi dell’ex premier di tenere serrate le fila e dare la parvenza di solidità e compattezza.

PAURA FRA GLI EX MINISTRI - Il Pdl oscilla, nei sondaggi, fra il 17 e il 21%. Alle elezioni del 2008 raccolse il 37,38% (conquistando 276 seggi alla Camera e 146 al Senato), alle Europee di un anno dopo il 35,3, staccando di quasi 10 punti il Pd. Oggi le statistiche dicono altro. Fotografano una realtà fatta di scandali, dimissioni, cambi di casacca e fallimenti, vedi quello del segretario Angelino Alfano (che non ha saputo risollevare le sorti del partito malgrado la personale investitura di Berlusconi). Il rischio è quello, per utilizzare un’espressione in voga da qualche mese a questa parte, di andare incontro ad una spending review elettorale senza precedenti, perdendo più di un terzo dei seggi. E a temere maggiormente ci sono i pesci grossi. Non è un caso, dunque, che solo poche settimane fa in un’intervista a Il Mattino Fabrizio Cicchitto abbia dichiarato che «un terzo dei parlamentari va scelto dai partiti con i listini bloccati. Di questo strumento si è fatto un pessimo uso – spiegava il capogruppo alla Camera dalle colonne del quotidiano campano –, ma senza di essi una serie di parlamentari di alto livello non sarebbero entrati o non entrerebbero più in Parlamento. Serve equilibrio, non demagogia». A questo proposito, la nostra fonte afferma: «Ci sono ex ministri che temono non solo per la loro rielezione, ma addirittura per la ricandidatura. È emblematico il caso della Lombardia, anche se in tutto il Nord ci sarà un crollo». Piccola digressione, necessaria per spiegare chi rischia davvero fra Milano e dintorni. Nella circoscrizione 1, ad esempio, sono inseriti Ignazio La Russa, Maurizio Lupi, Paolo Romani e Gianfranco Rotondi; nella 2 l’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini; nella 3 un ex An di lusso come Massimo Corsaro. Ma la Regione governata da Formigoni non è l’unica fonte di preoccupazione per i “senatori” del Pdl. «In Veneto (circoscrizione 2, ndr) è stato eletto Renato Brunetta. Con l’aria che tira sembra però che ora voglia candidarsi in Campania, in virtù di una casa che possiede a Ravello (comune in provincia di Salerno, ndr)». Un luogo che l’ex ministro della Funzione pubblica ha nel cuore: è quello dove, nel luglio 2011, ha sposato Titti Giovannoni. E dove ormai è di casa: chiedere per credere all’Hotel Bonadies, che Brunetta ha definito «la mia seconda famiglia». Più in generale, «sono in molti quelli che cercano di spostarsi. Il Lazio era un bacino solido, ma dopo quanto accaduto recentemente è venuto meno. Insomma, si stanno muovendo le tombe di famiglia pur di conservare il posto», conclude ironicamente l’interlocutore.

CARO “PORCELLUM”… - Dal palco di Atreju Angelino Alfano ha rassicurato tutti: la legge elettorale si farà entro la prima decade di ottobre. Anzi, ha incalzato il segretario, «chiediamo a coloro i quali in modo indiretto stanno difendendo il “Porcellum” di farlo pubblicamente». Peccato che, a ben guardare, sia proprio il Pdl a trarre i maggiori vantaggi dal mantenimento dell’attuale sistema di voto. I tempi per l’approvazione stringono, e il fatto che dopo mesi di trattative e di richiami del Capo dello Stato la situazione sia uguale a prima fa pensare che i cavilli – vedi il nodo che riguarda la reintroduzione o meno delle preferenze – siano in realtà dei semplici escamotage per annacquare il tutto. Ne è sicuro anche Pino Pisicchio, capogruppo alla Camera dell’Api, che il 20 settembre scorso ha scritto su Europa (organo ufficiale del Pd) che «i recenti resoconti descrivono un preoccupante impasse al Senato, dov’è partito il confronto». Questo perché – argomentava Pisicchio – «abbandonato lo schema originario che reggeva sull’intesa tra i partiti che sostengono il governo Monti, si profila l’ipotesi concreta di un blitz del Pdl e della Lega, forte dei numeri favorevoli al Senato, con la possibile adesione dell’Udc, se l’impianto includesse il voto di preferenza. Impostazione che, per la storica avversione del Partito democratico alle preferenze, rappresenta un considerevole gesto di rottura del patto tra i partiti della “strana maggioranza”». Il rischio concreto è «la produzione del nulla, con l’inesorabile ritorno del “Porcellum”, poiché il voto alla Camera non solo propone una diversa platea elettorale quanto a numerosità della maggioranza del Senato, ma anche la votazione segreta della legge elettorale». Esattamente quello che sembra volere il Pdl. Cambiare tutto per non cambiare niente. In pieno stile gattopardesco.

Twitter: @GiorgioVelardi