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La massoneria ci riprova: dopo il silenzio di Grasso, lettera ai partiti per fare museo nel palazzo del Senato

mercoledì, gennaio 6th, 2016

Il Gran Maestro Bisi non ha avuto risposta al suo dossier per chiedere che sia riconcesso uno spazio al Grande Oriente d’Italia. Ora ci riprova con due missive indirizzate ai capigruppo

giustiniani-Una lettera. Anzi, due. Spedite direttamente al presidente del Senato, Pietro Grasso, e ai capigruppo delle forze politiche che siedono a Palazzo Madama. Dal Partito democratico a Forza Italia fino al Movimento 5 Stelle e ai ‘verdiniani’ di Ala. Insomma, stavolta il Grande Oriente d’Italia (Goi) è davvero determinato a riprendersi ciò che, a suo dire, gli spetta di diritto. Ovvero una porzione di Palazzo Giustiniani, la struttura che attualmente ospita l’appartamento di rappresentanza della seconda carica dello Stato e gli uffici dei senatori a vita un tempo di proprietà della più numerosa comunione massonica italiana, da utilizzare come sede del museo storico della massoneria. Circa centro metri quadrati all’interno dei quali esporre, nelle intenzioni del Goi, anche alcuni indumenti indossati dal massone italiano più famoso del mondo, Giuseppe Garibaldi. Una vicenda della quale ilfattoquotidiano.it si è recentemente occupato, anticipando i contenuti di un dossier che il Gran Maestro, Stefano Bisiha messo a punto e poi inviato al presidente del Senato. Accompagnato da una lunga lettera nella quale viene ripercorsa una questione che, fra grembiuli massonici, camicie nere e cavilli burocratici è iniziata oltre cento anni fa.

Missiva alla quale il presidente del Senato non ha però ancora fornito risposta, nonostante Bisi l’abbia spedita quasi due mesi fa, il 12 novembre 2015. Nelle due pagine e mezzo scritte di proprio pugno, il numero uno del Grande Oriente d’Italia ha ricordato a Grasso “il mancato adempimento da parte del Senato della Repubblica delle obbligazioni nascenti dall’atto transattivo intercorso il 14.11.1991 tra Intendenza di Finanza, Senato e Società Urbs”, appositamente costituita dal Goi nel 1911 per l’acquisto della struttura. Poi espropriata dal fascismo nel 1926. Accordo, quello firmato ai tempi in cui a presiedere l’Aula di Palazzo Madama c’era Giovanni Spadolini, che prevedeva “la concessione in uso da parte del Senato alla Urbs, e quindi al Grande Oriente d’Italia, di una porzione limitata dei locali stessi da adibire a museo storico della massoneria italiana. (…) Mi auguro che si possa aprire un canale di comunicazione per portare ad attuazione piena l’accordo transattivo del 1991 e fornire così finalmente una risposta adeguata alle altre finalità sottese che – conclude Bisi – attengono alla stessa memoria storica del nostro Paese”.

Ma non è tutto. Perché alla luce del silenzio di Grasso, il Gran Maestro del Goi ha preso nuovamente carta e penna e il 16 dicembre scorso ha scritto un’altra lettera. Indirizzandola, stavolta, a Luigi Zanda (Pd), Renato Schifani (Area popolare), Michele Giarrusso (M5S), Paolo Romani (FI), Lucio Barani (Ala), Mario Ferrara (Gal), Cinzia Bonfrisco (Conservatori e Riformisti), Gian Marco Centinaio (Lega Nord), Karl Zeller (Per le Autonomie) e Loredana De Petris (Gruppo Misto). Una missiva in questo caso più stringata, una pagina e mezzo circa, attraverso la quale Bisi chiede ai capigruppo dei partiti rappresentati a Palazzo Madama, “anche a nome di 23mila cittadini di questa Repubblica (cioè il totale degli iscritti al Goi, ndr), di contribuire alla soluzione di quanto sottoscritto per la realizzazione della piccola area museale della massoneria italiana”. Risposte? Per il momento nessuna. E chissà se arriveranno mai.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 5 gennaio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Massoneria: il Grande Oriente d’Italia vuole rientrare nel palazzo del Senato

venerdì, ottobre 30th, 2015

Il gran maestro Stefano Bisi ha preparato un dossier. Per indirizzarlo al presidente Grasso. Chiede che siano onorati vecchi accordi. Formalizzati negli anni Novanta dopo una lunga controversia. Per riavere almeno parte dei locali della vecchia sede espropriata dal fascismo. Per allestirci un museo con vecchi cimeli massonici. A cominciare dagli indumenti di Garibaldi

Articolo_Massoniera_ilFatto.itIl presidente del Senato, Pietro Grasso, è avvisato: la massoneria vuole tornare a Palazzo Giustiniani. Proprio così. E questa volta fa sul serio. Il Grande Oriente d’Italia (Goi), la più numerosa comunione massonica italiana, è pronto ad andare fino in fondo. Rivendicando ciò che, stando agli accordi che lo stesso Goi sostiene di avere formalizzato tra la fine degli Anni ’80 e l’inizio del decennio successivo con l’allora presidente del Senato Giovanni Spadolini, gli “spetterebbe di diritto”. Ovvero “una limitata porzione dei locali” della struttura che oggi ospita l’appartamento di rappresentanza della seconda carica dello Stato e gli uffici dei senatori a vita da utilizzare come “sede del museo storico della massoneria italiana”. Oltre cento metri quadrati all’interno dei quali esporre, fra le altre cose, alcuni degli indumenti indossati dal primo libero “Muratore d’Italia”, Giuseppe Garibaldi. Avete capito bene, proprio di una rivendicazione pressante si tratta. All’interno di una lunga e complicata vicenda arricchita da numerose carte bollate.

ACCORDI VANI Una storia che tra grembiuli massonici, camicie nere e cavilli burocratici promette comunque scintille già nelle prossime settimane. “Il Goi è una delle poche istituzioni, se non l’unica nel nostro Paese, a non essere mai stata risarcita, nemmeno simbolicamente, della perdita dei propri diritti a causa della violenza fascista”, spiega a ilfattoquotidiano.it il numero uno Grande Oriente d’Italia, Stefano Bisi. Già, perché questa storia ha origini lontane. Che risalgono addirittura a oltre un secolo fa. Precisamente al 16 febbraio 1911, giorno in cui la società Urbs (appositamente costituita dal Grande Oriente d’Italia) acquistò Palazzo Giustiniani per un milione 55 mila lire. Sette piani e 405 vani che, da quel momento, divennero la sede nazionale della comunione massonica con a capo Ettore Ferrari. Almeno fino al 1926. Quando, con un decreto legge ad hoc, il fascismo sottrasse al Goi il cosiddetto “vaticano verde”. Caduto il regime mussoliniano, “i tentativi di riconquistare legalmente la nostra sede sono risultati del tutto vani – aggiunge Bisi – sia per gli errori di gestione commessi dagli avvocati a cui ci siamo affidati sia per la diffusa ostilità nei confronti del Grande Oriente d’Italia da parte della magistratura, ancora fortemente segnata dal fascismo”. Sarà. Comunque, da quel momento è cominciata la guerra a suon di carte bollate. Tanto che solo a luglio del 1961, spiegano al Goi, l’allora gran maestro Publio Cortini e il ministro delle Finanze dell’epoca, il democristiano Giuseppe Trabucchi, stipularono una convenzione attraverso la quale il demanio concedeva per vent’anni alla Urbs 48 locali all’interno di Palazzo Giustiniani. Canone annuo: un milione di lire. Prevedendo anche la possibilità di un “rinnovo di comune accordo fra le parti”. E ancora: diciassette anni dopo, presso la stessa sede, la società ottenne in concessione altri 25 locali. Ad un costo stavolta molto più alto: 9 milioni 600 mila lire l’anno.

ASPETTA E SPERA Ma non è tutto. Il 1° luglio 1981, dopo che il Goi aveva concluso l’acquisto di Villa il Vascello (sua attuale sede nazionale), a Roma, l’ufficio del Registro della Capitale contestò alla Urbs “l’occupazione senza titolo” dei locali di Palazzo Giustiniani. Diffidandola a lasciare gli immobili entro trenta giorni. “Eppure noi – dice Bisi – da un anno stavamo portando avanti le trattative per definire i termini di una nuova concessione”. Risultato? Nonostante il ricorso al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che concesse la sospensiva al provvedimento che di fatto “sfrattava” la loggia massonica dal Palazzo, fra marzo e maggio 1988 il Grande Oriente d’Italia riconsegnò i locali al Senato. Ma non certo a mani vuote. Fu infatti messa nero su bianco una transazione, definitivamente firmata il 14 novembre 1991 dal presidente della Urbs, Pietro Ruspini, e dall’Intendenza di Finanza di Roma, tramite la quale la presidenza del Senato (con la partecipazione del ministero delle Finanze) e la società si accordavano affinché a quest’ultima fosse concessa “una limitata porzione dei locali rilasciati per destinarli a sede del museo storico della massoneria italiana”. L’accordo prevedeva, protestano adesso i vertici massonici, la consegna dei locali in questione addirittura entro dodici-diciotto mesi.

DOSSIER PER GRASSO Eppure, “nonostante i numerosi pareri favorevoli di ministero delle Finanze, presidenza del Senato e Consiglio di Stato alla concessione dei locali di Palazzo Giustiniani al Goi – prosegue il numero uno del Grande Oriente d’Italia – la nomina di un nuovo presidente di Palazzo Madama, Carlo Scognamiglio, e l’improvvisa morte di Spadolini prima ritardarono e poi di fatto impedirono il mantenimento degli impegni presi. In tutti questi anni ci siamo scontrati contro un muro di gomma rappresentato dagli apparati burocratici del Senato e con la sostanziale indifferenza dei suoi nuovi presidenti”. Ecco perché il Gran Maestro e i suoi hanno messo a punto un dossier nel quale vengono ripercorse tutte le tappe dell’annosa questione. “Nelle prossime settimane lo invieremo al presidente Grasso, nella speranza che finalmente ci venga dato quanto ci spetta – conclude Bisi –. Basta considerare la massoneria soltanto come qualcosa di negativo: pur con i nostri difetti siamo un pezzo della storia d’Italia”. Chissà se anche a Palazzo Madama la pensano allo stesso modo.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 29 ottobre 2015 su ilfattoquotidiano.it)