C’è una foto che li ritrae vicini,
Giuseppe Civati e
Matteo Renzi. Era il 2010, Leopolda numero uno. Quella della “rottamazione”. Il primo era consigliere regionale della Lombardia, il secondo sindaco di Firenze. Oggi di quella stagione non è rimasto più nulla, dice a
La Notizia il leader di Possibile. “L’unica cosa che Matteo ha rottamato è stata la sinistra – attacca Civati –. Sei anni fa c’era la prospettiva di costruire un’area riformista che unisse le diverse tradizioni culturali. Poi, purtroppo, tutto si è trasformato in un grande casting”.
Però dica la verità: le manca non essere lì?
No. Mi dispiace il fatto che dalla prima edizione ad oggi questo appuntamento si sia progressivamente allontanato da quello che era il suo obiettivo iniziale. Del resto, questa è la metafora del Paese. Renzi si è disfatto di chi, come me, ha opinioni diverse scegliendo di trasformare la Leopolda prima in un comitato elettorale, poi in un evento governativo e infine in una passerella del potere.
Ma quella è stata anche casa sua. O no?
È stata, ha detto bene. Poi Renzi ha “cambiato verso” al Partito democratico facendolo diventare qualcosa di irriconoscibile.
Sei anni fa lei sedeva accanto all’allora sindaco di Firenze. È rimasto qualcosa del “rottamatore” che diceva di voler essere?
È rimasta l’ambizione. Renzi è un animale politico e personalmente non l’ho mai sottovalutato, al contrario di quanto hanno fatto altri, come Pier Luigi Bersani. Io non sono mai stato “renziano”, come ha sempre sostenuto qualcuno. Ero lì per portare il mio contributo, le mie idee. Poi il presidente del Consiglio ha scelto di fare una corsa in solitaria, con il suo gruppo dirigente molto “fiorentino”, contraddicendo tanti punti della “Carta di Firenze” che presentammo allora.
Rileggendo le “100 idee per l’Italia” del 2011 si scopre che Renzi proponeva l’abolizione di una delle due Camere e la riduzione, da 945 a 500, dei parlamentari. Poi è andata diversamente.
Se avesse presentato una riforma del genere gliel’avremmo votata. Quella su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi il 4 dicembre, invece, è la smentita di se stesso.
Insomma, dalla prima Leopolda ad oggi Renzi ha “rottamato” Renzi.
La traiettoria che ha seguito è un’occasione mancata. Credo in realtà che abbia rottamato una cosa sola.
A cosa si riferisce?
Alla sinistra. Cercare di far fuori Bersani per tenersi uno come Franceschini, sinceramente, non mi sembra proprio una “rottamazione”. A livello personale Renzi ha ottenuto tutto, peraltro facendo l’opposto di quanto raccontava, tipo che bisognava andare a Palazzo Chigi passando per il voto popolare. Dall’altra parte, non ha dato le risposte che la generazione che era alla Leopolda sei anni fa si aspettava. Questo lo si è capito bene quando ha preso il treno per andare ad Arcore e incontrare Silvio Berlusconi. Da quel momento in poi io e Matteo abbiamo imboccato due direzioni opposte.
Anche quest’anno su quel palco saliranno in tanti.
Non io. Mi rattrista il fatto che Renzi non abbia voluto confrontarsi con me sulla riforma costituzionale. Gli avevo fatto un’esplicita richiesta tramite il suo ufficio stampa, ma non c’è stata data alcuna risposta.
Eppure del referendum si parlerà eccome.
Ma se ne parlerà il meno possibile. È la battaglia simbolo, ma da tempo hanno esaurito gli argomenti.
Se Renzi uscisse sconfitto dalle urne cosa dovrebbe fare?
L’unica prospettiva è andare ad elezioni con una legge elettorale diversa da quella terribile che ha inventato lui. Cosa rimarrà di questi anni folgoranti di Renzi? Una brutta riforma costituzionale, che gli italiani bocceranno; l’Italicum, che è pessimo e il Jobs Act, che piace solo a Berlusconi e simili. Per il resto, non mi sembra che la rivoluzione tanto decantata abbia portato a niente.
Articolo scritto il 5 novembre 2016 per La Notizia