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Posts Tagged ‘Giuseppe Civati’

Intervista a Civati: “Questa Leopolda è diventata la passerella del potere”

domenica, novembre 6th, 2016

Governo: Civati,voterei no ma non voglio lasciare PdC’è una foto che li ritrae vicini, Giuseppe Civati e Matteo Renzi. Era il 2010, Leopolda numero uno. Quella della “rottamazione”. Il primo era consigliere regionale della Lombardia, il secondo sindaco di Firenze. Oggi di quella stagione non è rimasto più nulla, dice a La Notizia il leader di Possibile. “L’unica cosa che Matteo ha rottamato è stata la sinistra – attacca Civati –. Sei anni fa c’era la prospettiva di costruire un’area riformista che unisse le diverse tradizioni culturali. Poi, purtroppo, tutto si è trasformato in un grande casting”.

Però dica la verità: le manca non essere lì?
No. Mi dispiace il fatto che dalla prima edizione ad oggi questo appuntamento si sia progressivamente allontanato da quello che era il suo obiettivo iniziale. Del resto, questa è la metafora del Paese. Renzi si è disfatto di chi, come me, ha opinioni diverse scegliendo di trasformare la Leopolda prima in un comitato elettorale, poi in un evento governativo e infine in una passerella del potere.

Ma quella è stata anche casa sua. O no?
È stata, ha detto bene. Poi Renzi ha “cambiato verso” al Partito democratico facendolo diventare qualcosa di irriconoscibile.

Sei anni fa lei sedeva accanto all’allora sindaco di Firenze. È rimasto qualcosa del “rottamatore” che diceva di voler essere?
È rimasta l’ambizione. Renzi è un animale politico e personalmente non l’ho mai sottovalutato, al contrario di quanto hanno fatto altri, come Pier Luigi Bersani. Io non sono mai stato “renziano”, come ha sempre sostenuto qualcuno. Ero lì per portare il mio contributo, le mie idee. Poi il presidente del Consiglio ha scelto di fare una corsa in solitaria, con il suo gruppo dirigente molto “fiorentino”, contraddicendo tanti punti della “Carta di Firenze” che presentammo allora.

Rileggendo le “100 idee per l’Italia” del 2011 si scopre che Renzi proponeva l’abolizione di una delle due Camere e la riduzione, da 945 a 500, dei parlamentari. Poi è andata diversamente.
Se avesse presentato una riforma del genere gliel’avremmo votata. Quella su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi il 4 dicembre, invece, è la smentita di se stesso.

Insomma, dalla prima Leopolda ad oggi Renzi ha “rottamato” Renzi. 
La traiettoria che ha seguito è un’occasione mancata. Credo in realtà che abbia rottamato una cosa sola.

A cosa si riferisce?
Alla sinistra. Cercare di far fuori Bersani per tenersi uno come Franceschini, sinceramente, non mi sembra proprio una “rottamazione”. A livello personale Renzi ha ottenuto tutto, peraltro facendo l’opposto di quanto raccontava, tipo che bisognava andare a Palazzo Chigi passando per il voto popolare. Dall’altra parte, non ha dato le risposte che la generazione che era alla Leopolda sei anni fa si aspettava. Questo lo si è capito bene quando ha preso il treno per andare ad Arcore e incontrare Silvio Berlusconi. Da quel momento in poi io e Matteo abbiamo imboccato due direzioni opposte.

Anche quest’anno su quel palco saliranno in tanti. 
Non io. Mi rattrista il fatto che Renzi non abbia voluto confrontarsi con me sulla riforma costituzionale. Gli avevo fatto un’esplicita richiesta tramite il suo ufficio stampa, ma non c’è stata data alcuna risposta.

Eppure del referendum si parlerà eccome.
Ma se ne parlerà il meno possibile. È la battaglia simbolo, ma da tempo hanno esaurito gli argomenti.

Se Renzi uscisse sconfitto dalle urne cosa dovrebbe fare?
L’unica prospettiva è andare ad elezioni con una legge elettorale diversa da quella terribile che ha inventato lui. Cosa rimarrà di questi anni folgoranti di Renzi? Una brutta riforma costituzionale, che gli italiani bocceranno; l’Italicum, che è pessimo e il Jobs Act, che piace solo a Berlusconi e simili. Per il resto, non mi sembra che la rivoluzione tanto decantata abbia portato a niente.
 
Articolo scritto il 5 novembre 2016 per La Notizia

Trivelle, Wwf: “Oltre 40 piattaforme mai sottoposte a valutazione di impatto ambientale, intervenga il ministero”

giovedì, aprile 14th, 2016

È quanto scritto dall’associazione ambientalista in un instant book recapitato nei giorni scorsi ai deputati. In previsione del referendum di domenica 17 aprile. Secondo l’organizzazione, il 47,7% delle strutture non sono mai state controllate. Ventisei di queste sono di proprietà dell’Eni. E così Mario Catania (Scelta civica) e il leader di Possibile, Giuseppe Civati, hanno indirizzato un’interrogazione a Gian Luca Galletti

trivelle-675Non c’è solo l’appello del presidente della Corte Costituzionale, Paolo Grossi, a turbare i sogni del premier, Matteo Renzi, in vista del referendum sulle trivelle di domenica prossima. A Montecitorio, sulle scrivanie dei deputati, nei giorni scorsi è infatti arrivata l’anticipazione di un instant book dal titolo emblematico, Trivelle insostenibilirealizzato dal WWF, l’organizzazione internazionale di protezione ambientale con sede in Svizzera. La cui costola italiana ha provato a dare risposta ad una domanda: qual è la situazione delle piattaforme offshore situate nella fascia di interdizione delle 12 miglia?

Analizzando i dati forniti online dall’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (Unmig) del ministero dello Sviluppo economico – lo stesso rimasto da pochi giorni senza un titolare dopo le dimissioni di Federica Guidi a causa dell’emendamento “Tempa Rossa” – e mettendoli a confronto con le norme relative alle valutazioni ambientali e alla sicurezza, il WWF è arrivato ad una conclusione che non può far certo dormire sonni tranquilli. E che, al tempo stesso, rappresenta un assist per gli stessi promotori del referendum del 17 aprile. Cioè: 42 delle 88 piattaforme localizzate entro la fascia offlimits delle 12 miglia, alle quali il governo vorrebbe prorogare la concessione, non sono mai state sottoposte a valutazione di impatto ambientale (Via). Si tratta del 47,7% del totale. Il motivo? Nel nostro Paese la Via è diventata operativa solo trent’anni fa (1986), proprio grazie alla legge che ha istituito il ministero dell’Ambiente. Mentre le 42 piattaforme in questione sono state costruite negli anni precedenti. Insomma: fatta la legge, trovato l’intoppo.

Ma a chi appartengono le piattaforme “incriminate”? Ventisei sono di Eni Eni Mediterranea Idrocarburi (che opera nel settore di esplorazione e produzione di idrocarburi in Sicilia), 9 di Edison e 5 di Adriatica Gas. Di queste, 5 sono piattaforme che estraggono petrolio. Ma c’è anche un altro aspetto che il WWF ha messo sotto la lente di ingrandimento: quello relativo all’età media delle piattaforme localizzate nella stessa fascia. Il 48% di queste, fa sapere l’organizzazione ambientalista, ha oltre 40 anni. E, come detto, non è mai stata sottoposta a Via. Di più: ci sono 8 piattaforme (tutte di proprietà di Eni) che secondo la classificazione dell’Unmig sono ‘non operative’ e che “sarebbe bene smantellare perché costituiscono comunque un impianto obsolescente inattivo, con evidenti rischi per la navigazione oltre ad avere, se vicino alla costa, un impatto paesaggistico immotivato”. A fronte di tutto ciò, il WWF ha chiesto un intervento diretto del ministero dell’Ambiente, che “dovrebbe ‘battere un colpo’ anche perché non risulta che abbia detto nulla a suo tempo nemmeno sulla soppressione, voluta dal governo e accolta dal Parlamento, del Piano delle Aree (previsto dallo Sblocca Italia e modificato dalle legge di stabilità 2016, ndr) per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi che avrebbe dovuto essere sottoposto a valutazione di impatto ambientale”.

Rilievi, quelli effettuati del WWF, che si spostano ora in Parlamento. Con un’interrogazione firmata dall’ex ministro dell’Agricoltura del governo Monti, Mario Catania (Scelta civica), e dal leader di Possibile, Giuseppe Civati. I quali, fra le altre cose, hanno chiesto al ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti (Udc), se “non voglia compiere tutti i passi necessari affinché le piattaforme realizzate prima del 1986 vengano comunque sottoposte alla valutazione di impatto ambientale”. Ma anche se “non voglia intervenire sul ministero dello Sviluppo economico per chiedere che le 8 piattaforme offshore Eni classificate come ‘non operative’ vengano smantellate dall’azienda responsabile”. È “la trivella di Pandora”, dice Civati a ilfattoquotidiano.it. “Ogni aspetto che riguarda il petrolio in questo Paese, dalle concessioni alle royalties, sta aprendo gli occhi a molti cittadini sull’inerzia di questo governo nell’affrontare le questioni – aggiunge –. Il 17 aprile confidiamo in un ‘sì’ per estendere la campagna a tutto ciò che è connesso: è il momento di cambiare, verso il futuro, non abbracciati ai fossili”.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche Catania. “Bisogna verificare l’assoluta sicurezza di queste piattaforme”, spiega l’ex ministro. “Non possiamo accettare nemmeno la più remota possibilità di incidente nel nostro mare, i danni sarebbero incalcolabili – aggiunge –. Sono inoltre convinto che debba finire la pratica di prorogare concessioni in scadenza, correndo anche il rischio di rendere perenne la presenza delle trivelle anche per giacimenti in esaurimento”.

(Articolo scritto il 12 aprile 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Primarie Milano, Civati e la sinistra sconfitta: “Mi hanno dato del pirla, ma ora tutti dicono che avevo ragione”

mercoledì, febbraio 10th, 2016

Il leader di Possibile punta il dito contro Sel: “Posizione incomprensibile, la sconfitta era assicurata”. E chiude sull’ipotesi di una sua candidatura a sindaco del capoluogo lombardo: “Serve un candidato civico, no a scelte calate dall’alto”. Ma in ballo c’è anche Roma: “Fassina farebbe bene a ritirarsi? Non spetta a me dirlo, ma si dovrebbe trovare un nome che rappresenti tutti quanti”

civati_675Il messaggio è chiaro. “Per mesi mi hanno dato del ‘pirla’, oggi molti mi dicono ‘avevi ragione’ – dice Giuseppe Civati ailfattoquotidiano.it –. Meglio tardi che mai…”. Il deputato ex Partito democratico, oggi leader di Possibilenon nasconde l’amarezza per come sono andate le primarie dem per la candidatura a sindaco di Milano. “L’ennesima prova del fatto che il centrosinistra si è ormai totalmente spostato al centro – attacca –. Peccato che qualcuno non lo abbia capito prima”. Quel “qualcuno”, manco a dirlo, sono i ‘compagni’ di Sinistra Ecologia Libertà (Sel). Che nel capoluogo lombardo hanno dapprima sostenuto Francesca Balzani (vice del sindaco uscente Giuliano Pisapia, suo main sponsor) salvo poi, a sconfitta acclarata, paventare l’ipotesi di una candidatura alternativa a quella dell’ex amministratore delegato di Expo, Giuseppe Sala. Il nome? Qualcuno ha addirittura tirato in ballo l’ipotesi-Civati.

Insomma, onorevole Civati, si candida a sindaco di Milano?
No, per una ragione molto semplice.

E cioè?
Sono contrario alla logica dei soggetti calati dall’alto. Personalmente, credo che serva un candidato ‘civico’ e non politico. Per cercare di mettere in difficoltà Sala, a Milano la sinistra deve trovare una sintesi costruendo un progetto politico ampio. Anzi: a dire la verità avremmo già dovuto costruirlo. Qualcuno però ha preferito fare di testa propria con i risultati che conosciamo. Per mesi mi hanno dato del ‘pirla’, oggi molti mi dicono che avevo ragione. Meglio tardi che mai…

Si riferisce a Sel?
La loro è una posizione che ho faticato a comprendere e che tutt’ora non condivido. Speriamo solo che quanto è accaduto a Milano sia da esempio.

La sua amarezza è tangibile.
Le primarie dello scorso fine settimana hanno dimostrato che ormai quello di Renzi è un partito di centro che ha poco a che fare con le proprie origini. Al contrario, a sinistra c’è un elettorato privo di rappresentanza che chiede attenzioni. Pisapia, Balzani, Majorino e la stessa Sel avrebbero fatto bene a capirlo invece di andare incontro ad una sicura sconfitta.

Sta dicendo che con il partito di Vendola i rapporti sono chiusi? Fassina ha aperto all’ipotesi di un ticket con Ignazio Marino in vista delle comunali di Roma.
Sono contento che Stefano la pensi così. Ma anche in questo caso siamo un tantino in ritardo.

Dunque, Fassina farebbe bene a fare un passo indietro, magari lasciando spazio al sindaco uscente o addirittura all’ex ministro Massimo Bray?
Non spetta a me dire cosa Fassina deve o non deve fare. Per ora, la sua candidatura non esclude sia quella di Marino sia quella di Bray. Ma si dovrebbe trovare un nome che rappresenti tutti quanti. A Roma, dove, come per Milano, la richiesta di rappresentanza è elevata, Possibile sta promuovendo un lavoro collettivo con tutti i soggetti interessati a portarlo avanti. Io sono per presentarci tutti insieme, loro non lo so.

A Napoli, invece, sia Possibile che Sel appoggeranno la ricandidatura di Luigi De Magistris.
Sì. Nei prossimi giorni ci incontreremo con il sindaco per definire gli ultimi dettagli.

Twitter: @GiorgioVelardi

(Articolo scritto il 9 febbraio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Giubileo: 159 milioni di euro per Roma, ma a decidere come spenderli sarà solo Renzi

giovedì, gennaio 21st, 2016

La norma, contenuta nel provvedimento che stanzia risorse per riqualificare la Capitale, affida la gestione dei fondi al presidente del Consiglio. E a nessun altro. Bocciato dall’Aula della Camera un emendamento di Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) che chiedeva il coinvolgimento del sindaco nelle decisioni. Opposizioni all’attacco. Lombardi (M5S): “Si rischia uno scontro istituzionale senza precedenti se sarà eletto uno dei nostri”. Zaratti (Sel): “Scelta incomprensibile”. Civati (Possibile): “È la logica dell’uomo solo al comando”  

renzi-675C’è chi parla di “deriva plebiscitaria”, chi di “centralismo antidemocratico” e chi, addirittura, paventa il rischio di “uno scontro istituzionale senza precedenti”. Il pomo della discordia sono i 159 milioni di euro (94 per l’anno 2015 e i restanti 65 per il 2016) che il cosiddetto ‘decreto Giubileo’ stanzia tramite un fondo per “la realizzazione di interventi” volti a riqualificare Roma durante l’anno santo straordinario indetto da Papa Francesco. Con particolare riferimento alla mobilità, al decoro urbano e alle periferie. A decidere come verranno spesi i soldi, dice il provvedimento, saranno “uno o più decreti del presidente del Consiglio dei ministri”. Tradotto: solo Matteo Renzi avrà voce in capitolo sulla questione. Mentre saranno esclusi dalla partita il commissario straordinario, Francesco Paolo Tronca, e il nuovo sindaco di Roma, che sarà eletto in primavera. Una circostanza singolare, secondo le opposizioni. Che non a caso hanno cercato di invertire la rotta. Un emendamento presentato dal deputato Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia), il quale chiedeva che le risorse fossero ripartite “di concerto” con il primo cittadino della Capitale, è stato però bocciato dall’aula di Montecitorio. A favore della modifica, insieme al partito di Giorgia Meloni, hanno votato anche Forza Italia, Lega Nord, Movimento 5 Stelle, Sinistra italiana e Alternativa Libera-Possibile. Ma i 158 voti raccolti non sono serviti a farla passare.

QUI COMANDO IO – “Lo reputo un fatto molto grave”, dice Rampelli, “perché dopo la cacciata di Ignazio Marino il governo ha deciso di lasciare al loro posto i presidenti dei municipi e nominare un commissario straordinario, salvo poi scavalcarli completamente nel momento di decidere come e per cosa stanziare questi soldi. Trovo incompressibile – prosegue – che a decidere di un’amministrazione comunale sia il presidente del Consiglio. È l’ennesima testimonianza della deriva plebiscitaria alla quale stiamo andando incontro”, conclude Rampelli. Sulla stessa lunghezza d’onda anche il M5S. “Oltre al fatto che la cifra stanziata è risibile e arriva con grave ritardo – attacca la deputata Roberta Lombardi – Renzi ha pensato bene di non dare voce al sindaco, espressione del voto popolare, ma di proseguire lungo la strada del centralismo antidemocratico. Roma ha 1,2 miliardi di disavanzo ai quali vanno aggiunti una serie infinita di debiti fuori bilancio con cui il prossimo primo cittadino si troverà a fare i conti. Si rischia uno scontro istituzionale senza precedenti, soprattutto se sarà eletto un sindaco espressione del M5S o delle altre forze di opposizione”.

ONERI E ONORI – “L’impressione è che Renzi voglia scaricare sui sindaci solo gli oneri lasciando per sé gli onori, e quanto previsto dall’articolo 6 del ‘decreto Giubileo’ non è che l’ultima dimostrazione”, spiega Filiberto Zaratti, deputato romano di Sinistra italiana. “È impensabile impegnare dei soldi su questioni come la mobilità, le periferie e il decoro urbano senza ascoltare ciò che ha da dire chi amministra quotidianamente la città – aggiunge –. Non vorremmo che questo fosse il modo per consultare i sindaci amici osteggiando gli avversari”. Per Giuseppe Civati, deputato ex Partito democratico oggi leader di Possibile, “la bocciatura di questo emendamento rientra nella logica dell’uomo solo al comando di matrice renziana, fatta di cambiali in bianco consegnate nelle mani del governo e nella quale gli equilibri costituzionali sono prerogativa di una singola persona. Spero solo – conclude – che alla fine nessuno si lamenti”.

(Articolo scritto il 19 gennaio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

#ilConfrontoPD, vince Civati. Renzi punta a non strafare, Cuperlo bocciato dal web

sabato, novembre 30th, 2013

ilConfrontoPDAi punti, il confronto fra i candidati alla segreteria del Pd andato in onda su Sky Tg24 lo ha vinto Giuseppe Civati. Parere strettamente personale, sia chiaro, che deriva dal fatto di aver visto un candidato che ha parlato con un linguaggio «di sinistra» agli elettori di un partito che tale è o dovrebbe essere, visto che ogni tanto, dalle parti del Nazareno, se lo dimenticano.

LE PAGELLE:

MATTEO RENZI 7. Telegenico è telegenico, ma soffre quando il ritmo è quello imposto dalle regole concordate per un confronto “all’americana”. Solitamente va a briglia sciolta e sotto pressione, in certi casi, fatica a trovare la sintesi. Punta a non strafare e ripete come un mantra che lui si candida alla guida del Pd per «cambiare l’Italia». Bene sulla patrimoniale («prima sia la politica a dare il buon esempio», Civati lo segue a ruota), ottima l’idea di parlare a «Francesca» quando si affronta la questione femminile. Sui matrimoni gay è molto di centro – quasi di destra – e molto poco di sinistra. Ci ha dato una notizia: gli hanno fregato la bicicletta. Questo ancora non lo sapevamo.

GIANNI CUPERLO 7.5. È l’intellettuale del gruppo che pure, con un atteggiamento un po’ troppo cattedratico e statico, non scalda i cuori degli internauti (stasera, ahilui, le primarie sono andate in scena sul web ed è arrivato ultimo in quasi tutti i sondaggi che sono stati aperti). Sfora spesso il tempo a sua disposizione e sembra sempre aver lasciato il concetto a metà. È quello che dà il voto più alto al governo Letta («più che sufficiente», Renzi si era limitato alla semplice sufficienza mentre Civati è per l’immediato ritorno alle urne) nonché l’unico favorevole – senza se e senza ma – alla patrimoniale. Cosciente di dover rimontare, ha giocato all’attacco facendo meglio del sindaco di Firenze. P.S. Non gira col “macchinone” (ha una classe A del 1998 e una Vespa nera) e ha un cane di nome «Floyd».

GIUSEPPE CIVATI 8.5. Ha vinto lui per un motivo abbastanza semplice, quasi banale: dice cose «di sinistra» («Dobbiamo essere meno moderati e più radicali» è la sintesi perfetta del suo pensiero). Il governo Letta? Bocciato «per colpa dell’impianto». Le unioni gay? «Sono per la totale uguaglianza, sono per i matrimoni egualitari. Voglio che il Pd faccia una discussione aperta, non voglio reticenze e imbarazzi». Ed è favorevole ad affidi e adozioni. Fra i tre è il più sciolto (anche se non sbottona mai la giacca), più amico di chi guarda che politico che siede in Parlamento. L’appello finale ha scaldato i cuori di molti. Un paio di sue battute – stupenda quella su Quagliariello e Violante ma anche l’accostamento di Berlusconi e Alfano ai cugini di campagna – contribuiscono ad abbassare la tensione. Lancia l’applauso per Prodi e da segretario promette di identificare i 101 che ne hanno impedito l’elezione al Quirinale (auguri!). Spingitore di primarie.

Twitter: @GiorgioVelardi