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Onorevoli professioni*

sabato, aprile 20th, 2013

Ancora una volta è il partito degli avvocati a guidare la classifica delle professioni dei nostri eletti. Dietro di loro figurano docenti, dirigenti, imprenditori e impiegati. Il Parlamento rischia di trovarsi arenato sugli interessi di categoria

ITALY-POLITICS-PRESIDENTItaliani, popolo di santi, poeti e navigatori. Ma non in Parlamento, dove i nostri deputati e senatori sono per la maggior parte avvocati,docenti, dirigentiimpiegatiimprenditori e giornalisti, ma anche medici, ingegneri, commercialisti e perfino idraulici. La XVII Legislatura, che ha preso il via da poche settimane, vede sedere fra i banchi di Montecitorio e Palazzo Madama esponenti di numerose categorie professionali. Ci sono pure studenti (appartenenti per la maggior parte al Movimento 5 Stelle, fra cui il vicepresidente della Camera Luigi di Maio) e alcuni disoccupati. In un quadro simile, gli interessi di categoria rischiano di condizionare l’attività delle due Camere.

TOGHE IN POLITICA - La professione più in voga tra i parlamentari della XVII Legislatura? Quella dell’avvocato. Sono ben 113, in particolare 75 deputati e 38 senatori, gli eletti che fuori dalle aule di Montecitorio e Palazzo Madama svolgono l’attività forense. Un dato in linea con quello della precedente Legislatura, anche se fino a qualche settimana fa tra i banchi di Camera e Senato ne sedevano una ventina in più, rispettivamente 90 e 44. Una situazione che pone più di una perplessità su come i parlamentari avvocati riescano a conciliare l’esercizio della loro professione con l’esercizio del mandato parlamentare. Non solo per ragioni temporali, ma anche, e soprattutto, per questioni sostanziali. Il fatto che sussista un conflitto di interessi è più di un rischio. Quando si legifera su aspetti attinenti alla materia c’è il rischio concreto che gli interessi personali entrino in conflitto con gli interessi generali. Un esempio? Quando governo e Parlamento si sono occupati di liberalizzazioni le pressioni delle lobby sono state tutt’altro che velate, con il risultato che i provvedimenti iniziali sono stati ritoccati e annacquati. E il folto partito degli avvocati è decisamente bipartisan. Dal Pd al Pdl, passando per M5S, Scelta civica e Lega Nord, i principi del foro affollano i banchi di ogni partito. È il Pd la forza politica in cui sono maggiormente rappresentati, con 39 deputati e 10 senatori, seguita dal Pdl, che conta 21 avvocati a Montecitorio e 15 a Palazzo Madama, e dal M5S con una pattuglia decisamente più ridotta, 4 deputati e 4 senatori. Ma gli avvocati non sono gli unici che passano dalle aule di tribunale a quelle del Parlamento. Occupano alcuni scranni anche parlamentari magistrati. Nonostante siano molti di meno rispetto agli avvocati, la loro presenza nei Palazzi della politica fa discutere molto di più. Tra le tante polemiche che hanno segnato la campagna elettorale, infatti, una delle più accese è stata proprio quella sull’opportunità o meno della loro candidatura. Sono state chiesti limiti e regole per disciplinare il loro passaggio dalla magistratura alla politica. In particolare, nell’occhio del ciclone sono finiti Piero Grasso, candidato nelle liste democratiche e finito sullo scranno più alto di Palazzo Madama, Stefano Dambruoso, eletto a Montecitorio con Scelta Civica, e Antonio Ingroia, promotore di Rivoluzione civile che non è riuscito a superare lo scoglio delle soglie di sbarramento. Ma altri loro colleghi sono da tempo in Parlamento. Ci sono la deputata del Pd, Donatella Ferranti, al suo secondo mandato, i senatori del Pdl Francesco Nitto Palma e Giacomo Caliendo, in passato rispettivamente ministro e sottosegretario alla Giustizia nel governo Berlusconi e poi i democratici Anna Finocchiaro, Doris Lo Moro e Felice Casson.

DOCENTI E DIRIGENTI - Subito dietro gli avvocati ci sono docenti universitari e insegnanti che, insieme, raggiungono quota 110, 13 in più rispetto alla precedente Legislatura. Sono, rispettivamente, 53 a Montecitorio (33 nel gruppo del Pd, 5 in quello del Pdl e 6 nel M5S) e 57 a Palazzo Madama. Alla Camera i nomi maggiormente noti sono quelli di Carlo Dell’Aringa (Pd), professore di Economia politica all’Università Cattolica di Milano nonché componente del team che nel 2001 redasse il Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia su cui si basa la Legge Biagi; Andrea Romano (Scelta Civica), che insegna Storia contemporanea all’Università di Roma Tor Vergata ed è anche direttore di Italia Futura, il think tank fondato nel 2009 da Luca di Montezemolo; Renato Brunetta e Antonio Martino, economisti, entrambi rieletti con il Popolo della Libertà. Al Senato siedono invece lo storico Miguel Gotor (Pd), braccio destro di Pier Luigi Bersani durante la campagna per le primarie del centrosinistra, e Pietro Ichino, ordinario di Diritto del lavoro all’Università degli Studi di Milano, passato dai democratici alla Lista del premier uscente Mario Monti. A seguire c’è la categoria dei dirigenti. Un folto numero, anche in questo caso, se si pensa che sono 46 alla Camera e 33 al Senato. Proprio in quest’Aula un seggio è occupato dal “poltronissimo” Franco Carraro (Pdl), già presidente del Coni, della Figc e sindaco di Roma dal 1989 al ’93, mentre alla Camera il Pd ha “arruolato” l’ex direttore generale di Confindustria Giampaolo Galli. Tocca poi agli impiegati (99 in totale, di cui 59 alla Camera e 40 al Senato) e agli imprenditori. Se ne contano in tutto 93, 15 in meno a confronto con il quinquennio 2008/2013. Quello di Silvio Berlusconi è sicuramente il nome più noto in questa categoria. L’ex premier, alla sua sesta Legislatura, si trova questa volta a Palazzo Madama e non a Montecitorio come nelle cinque precedenti occasioni. Quarantotto sono invece i giornalisti che hanno posato la penna sul tavolo per affollare le Aule parlamentari. Meno, comunque, di quelli presenti nella Legislatura appena conclusa quando erano 90. Fra le new entryche hanno fatto maggiormente rumore ci sono l’ex direttore del Tg1 Augusto Minzolini (Pdl), l’ex numero uno di Rai News 24 Corradino Mineo (Pd) e l’ex vicedirettore del Corriere della Sera Massimo Mucchetti, tutti e tre candidati ed eletti al Senato dai loro rispettivi partiti. Alla Camera ci sono invece Sandra Zampa (Pd), già capo ufficio stampa dell’allora presidente del Consiglio Romano Prodi, e Pierdomenico Martino (Pd), che in passato ha ricoperto il ruolo di capo ufficio stampa del partito guidato da Pier Luigi Bersani ed è caporedattore del quotidiano Europa. Quarantaquattro sono invece i medici (27 alla Camera e 17 al Senato), 24 gli ingegneri. Infine ci sono i sindacalisti (29). Fra i volti nuovi compaiono quelli di Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil dal 2002 al 2010 alla prima esperienza parlamentare con il Partito democratico; Giorgio Airaudo (Fiom), che dopo essersi definitivo un «esiliato di sinistra orfano di Berlinguer e stufo dei trasformismi opportunistici» ha varcato le porte di Montecitorio nelle file di Sel, e Renata Polverini, che prima di ricoprire la carica di governatore della Regione Lazio è stata segretario dell’Unione generale del lavoro (Ugl).

LE ALTRE PROFESSIONI - Scorrendo le schede di deputati e senatori disponibili sui siti di Camera e Senato, non mancano poi esempi di parlamentari che svolgono lavori meno rappresentati, e in alcuni casi decisamente inaspettati. Ci sono architetticommercialistiagricoltori, commercianti, farmacisti e assicuratori. Ma non solo. Alcuni nomi spiccano in modo particolare. Si è parlato molto delle loro candidature in campagna elettorale e ora, dopo aver dimostrato i loro meriti sportivi, dovranno farsi valere in Parlamento Valentina Vezzali, plurimedagliata olimpica, eletta alla Camera nelle liste di Scelta Civica, e Josefa Idem, anche lei passata dai podi olimpici allo scranno parlamentare. Sono, invece, quattro gli operai. Tra loro alcune storie fortemente simboliche. A Montecitorio, infatti, è stato riconfermato Antonio Boccuzzi, eletto nel Pd nella scorsa Legislatura dopo essere sopravvissuto al rogo della Thyssen, mentre a Palazzo Madama ha fatto il suo ingresso per la prima volta Giovanni Barozzino, ora senatore di Sel, in passato operaio della Fiat di Melfi, licenziato nel 2010 insieme ad altri due colleghi con l’accusa di aver sabotato l’attività aziendale, poi riammessi dal tribunale del lavoro, ma mai reintegrati. Torna per la seconda volta in Parlamento, invece, la leghista Emanuela Munerato, operaia tessile, ricordata dai più per il suo intervento in aula contro la manovra economica del governo Monti, quando per esprimere il voto contrario delle camicie verdi è tornata ad indossare la sua tuta da operaia. Ha, invece, messo da parte, almeno per ora, i suoi attrezzi da idraulico Davide Tripiedi, 28 anni, eletto nel M5S. E proprio nel M5S si contano il maggior numero di studenti e disoccupati. Siedono oltre che tra gli scranni parlamentari anche dietro ai banchi universitari Paolo Bernini, Marta Grande, Azzurra Cancelleri e Luigi di Maio, che si è guadagnato anche la vice presidenza della Camera. Ma c’è anche chi è entrato in Parlamento da disoccupato, dieci deputati e due senatrici. A Montecitorio tra i cinque stelle ci sono Tatiana Basilio e Vincenza Labriola, entrambe casalinghe. Due le senatrici che hanno dovuto fare i conti con la perdita del lavoro: Vilma Moronese, parlamentare del M5S, e Alessia Petraglia, eletta nelle liste di Sel. La prima, entrata nel mondo del lavoro dopo il diploma in ragioneria, nella sua biografia scrive: «Nel 1990 per scelta e per necessità rinuncio agli studi universitari per lanciarmi direttamente nel mondo del lavoro». Ha lavorato presso una compagnia di assicurazioni, poi in diverse aziende, nell’ultima delle quali si occupava del recupero crediti. La seconda si definisce disoccupata, ma scorrendo la sua biografia quello che balza all’occhio è la sua esperienza da consigliere regionale in Toscana. Per ora un nuovo lavoro l’hanno trovato: parlamentari della Repubblica.

*con Lea Vendramel

Messico, lì dove muoiono i giornalisti

domenica, settembre 25th, 2011

L’ultima a perdere la vita, in ordine di tempo, è stata Maria Elizabeth Macias, 39 anni, caporedattore del giornale Primera Hora. Ma il Messico, da qualche anno a questa parte, sta assistendo al dilagare di un fenomeno preoccupante: l’assassinio di giornalisti.

Verso la fine del 2009 il dato era allarmante: secondo un documento redatto da “Reporters senza frontiere” (Rsf), ”con 55 giornalisti uccisi e otto scomparsi dal 2000, il Messico è il paese più pericoloso del continente per la libertà di stampa“. Ma il numero di cronisti caduti è aumentato, in questi ultimi due anni, tanto da toccare addirittura quota 83. Lo scorso due settembre, inoltre, il paese ha pianto la scomparsa di Marcela Yarce e Rocio Gonzalez Trapaga, i cui corpi sono stati ritrovati privi di vita nel parco Iztapalapa, in un quartiere di città del Messico. La prima, fondatrice e direttrice delle relazioni pubbliche del settimanale Contralinea, e la seconda (freelance) lavorano indagando sul tasso di corruzione dilagante in Messico. Alla fine di agosto è stato ucciso anche Humberto Salazar, direttore di un quotidiano web, che si occupava prevalentemente di politica.

Neanche la creazione di una di una Procura speciale per i delitti contro i giornalisti (Feadp, 2006), l’associazione presieduta da Jean-Francois Julliard, ha migliorato la situazione. La colpa principale delle morti dei cronisti è del narcotraffico: dal 2006 al 2011 sono morti 41.000 uomini negli scontri tra cartelli della droga e forze di sicurezza, un dato che fa del Messico uno dei paesi più violenti al mondo.