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Quorum raggiunto, ai referendum stravincono i “sì”

lunedì, giugno 13th, 2011

articolo a cura di Maurizio Morri

Il 13 giugno 2011 potrà diventare una data da ricordare nella storia italiana: per la prima volta, dal 1995, una consultazione referendaria ha superato il quorum. Oggi, il popolo italiano ha deciso che l’Italia rinuncerà per i prossimi cinque anni a privatizzare il servizio di distribuzione dell’acqua, a legiferare su un piano di sviluppo energetico che includa l’energia nucleare tra le fonti sfruttabili, e ha sancito il non diritto del Presidente del Consiglio e dei Ministri del Governo a non presentarsi ad udienze giudiziarie sfruttando il “legittimo” impedimento derivato dalle loro funzioni pubbliche. In questa giornata, ovviamente, il primo dato positivo che salta all’occhio è il ritorno alle urne della maggioranza degli italiani (57%). Dato che, se inserito in un contesto di generale disinteresse e disprezzo della cosa pubblica, fa sperare che questa tendenza di disamore si sia, possiamo dire finalmente, interrotta.

Per quanto riguarda il quesito referendario sul legittimo impedimento c’è poco da dire, basta entrare nelle aule di tribunale e leggere la scritta che campeggia, talvolta ironicamente in Italia, dietro la sedia del giudice: “La legge è uguale per tutti”, anche per il Presidente del Consiglio e altre figure politiche.

Su gli altri tre quesiti referendari è, a mio avviso, necessaria una riflessione più profonda. Il livello di discussione su questi quesiti è stato, secondo me, una pagina dell’ennesimo squallore italiano. Entrambi gli schieramenti, i sostenitori del “” e quelli del “No“, hanno basato la loro campagna referendaria su argomenti trattati in maniera superficiale e colpevolmente lacunosa. Per quanto riguarda i referendum sull’acqua, forse questa mancanza di informazioni è stata meno evidente; sul referendum riguardante il nucleare, banalità penso sia la parola che meglio descriva la discussione proposta ai cittadini italiani.

Da una parte si è susseguita un’alternanza di immagini di bambini deformi di Chernobyl e mamme col Geyger di Fukushima; si è demonizzato il  nucleare come la forma più pericolosa e dannosa di produzione di energia e si è terrorizzata l’opinione pubblica italiana con l’idea dell’imminente olocausto nucleare. Dall’altra parte, il fronte del no non ha saputo controbattere con un argomento scientificamente valido che dimostrasse quanto in realtà l’energia nucleare non sia di per se un diabulus in terrae. Chi scrive è un antinuclearista razionale. Non penso all’energia nucleare come la causa della fine del mondo, ma credo che in un mondo che continua a basarsi su un sistema economico di crescita continua e sfruttamento totale di masse e risorse, l’energia atomica sia una naturale conseguenza. Mi sarei aspettato che chi ha così lottato per il fronte del “” approfittasse dell’occasione per discutere anche di quello che credo sia il problema fondamentale: il nostro fabbisogno energetico è inutilmente alto. Un modello di vita generalizzato meno esoso dal punto di vista energetico è, a mio avviso, l’unica vera soluzione: una moratoria italiana sul nucleare, oltre al fatto di non essere di alcun peso a livello internazionale, non risolve e non affronta il vero problema, ovvero come produrre energia per soddisfare il sempre crescente fabbisogno.

È da dire certamente che il programma nucleare presentato dal governo era di una evidente ridicolaggine. Usare centrali dismesse dal governo francese non è di certo un modo di guardare al futuro, sia dal punto di vista dello sviluppo che da quello della sicurezza. Fatto sta che in un paese civile un cittadino di cultura media si aspetterebbe che il livello di discussione su argomenti così importanti si basasse su tesi ed antitesi più profonde; si è messo in discussione il sistema energetico italiano, ma non si è affatto messa in discussione la società che genera questo modello di sviluppo energetico. Il risultato finale, che personalmente condivido, è stato quello di dare un’ulteriore spallata ad un governo nel quale non mi riconosco e che oggettivamente non ha prodotto niente di economicamente e socialmente valido; ma, a livello personale, ho l’amaro in bocca per l’occasione mancata di discussione, di vera discussione, e la generale sfiducia per il livello di comprensione del popolo italiano dimostrata dai due schieramenti referendari è tanta.

Speriamo, con uno sguardo speranzoso, che questo sia solo l’inizio di un cambiamento più radicale, che porti il popolo italiano ad esprimersi sempre più spesso e sempre più numeroso quando chiamato alle urne, ma soprattutto più informato e meno emotivamente spinto.