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Protezione civile, ecco la riforma di Palazzo Chigi: l’ufficio per il rischio sismico declassato a servizio

venerdì, gennaio 29th, 2016

Una scelta “incomprensibile” per i sindacati. Contenuta negli schemi di decreti con i quali Palazzo Chigi si prepara a riorganizzare l’assetto del delicato dipartimento. E che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Perplessità anche sulla nuova figura di vertice del direttore operativo, titolare della gestione delle emergenze: “Ci auguriamo che non si riveli una casella per sistemare l’amico di turno”

protezione-civile675“L’Italia è uno dei Paesi a maggior rischio sismico del Mediterraneo”, informa il sito del Dipartimento della Protezione civile che fa capo alla Presidenza del Consiglio. Eppure, tra le novità contenute negli schemi di decreti con i quali Palazzo Chigi si prepara a riorganizzarne l’assetto – e che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare – l’ufficio preposto alla gestione del rischio sismico (e vulcanico) viene declassato a semplice servizio. Una scelta che diverse sigle sindacali non esitano a definire “incomprensibile”. Come pure forti perplessità ha suscitato l’idea di istituire la nuova figura del direttore operativo per supportare il capo del Dipartimento nel “coordinamento e direzione unitaria delle attività di emergenza”. Una figura che, tra le associazioni di categoria dei lavoratori della Presidenza del Consiglio, più di qualcuno ha già definito un “duplicato” del vice capo Dipartimento.

EMERGENZA SI CAMBIA – Nata nel 1982, sulla scia delle polemiche per i drammatici ritardi dei soccorsi e la caotica gestione del post terremoto dell’Irpinia del 1980, la Protezione civile fu istituita per dotare il Paese di un organismo capace di “assicurare assistenza alla popolazione in caso di grave emergenza”. L’ultima riforma del Dipartimento preposto alla sua direzione risale al novembre 2012, quando a Palazzo Chigi sedeva ancora Mario Monti. Ora il governo guidato da Matteo Renzi pensa di ridisegnarne l’assetto. Con due decreti: il primo (del presidente del Consiglio) che abroga la disciplina introdotta dal senatore a vita, il secondo (del segretario generale) che la sostituisce con la nuova. Restano, ma vengono ridisegnati, i sei uffici in cui si articola il Dipartimento: Volontariato e risorse del Servizio Nazionale (attualmente Volontariato, formazione e comunicazione); Promozione e integrazione del Servizio Nazionale (rimpiazza i Rischi idrogeologici e antropici); Attività tecnico-scientifiche per la previsione e prevenzione dei rischi (subentra al Rischio sismico e vulcanico che, come detto, vengono declassati a servizi nell’ambito del nuovo ufficio); Attività per il superamento dell’emergenza e il supporto agli interventi strutturali (al posto della Gestione delle emergenze); Risorse umane e strumentali e servizi generali di funzionamento (ritocca le competenze dell’attuale VI ufficio Risorse umane e strumentali trasformandolo nel V); Amministrazione e bilancio (che da V ufficio diventerà il VI). Al vertice della catena resta il capo del Dipartimento – incarico attualmente ricoperto da Fabrizio Curcio, ex direttore dell’Ufficio emergenze che lo scorso anno ha preso il posto di Franco Gabrielli, dopo la sua nomina a prefetto di Roma – che assicura l’indirizzo, il coordinamento e il controllo delle attività. Affiancato dal vice capo del Dipartimento (in carica c’è Angelo Borrelli): la nuova disciplina conferma i suoi poteri sostitutivi del capo in caso di assenza, impedimento o vacanza dell’incarico. Affidandogli il coordinamento delle incombenze amministrative necessarie al funzionamento della struttura e alla gestione dei Fondi strutturali dell’Unione europea. Oltre che delle attività relative al contenzioso. Tra le figure di vertice, come detto, la new entry è il direttore operativo. Vero e proprio deus ex machina delle emergenze, potrà avvalersi di un intero ufficio articolato in cinque servizi.

C’È CHI DICE NO – Modifiche che non piacciono a varie organizzazioni sindacali. Due le criticità sottolineate dal segretario generale del Dirstat, Arcangelo D’Ambrosio. “Innanzitutto, va assolutamente rivista l’idea di accorpare tutti i rischi in un unico ufficio, comprimendo quello attualmente dedicato al rischio sismico in un singolo servizio – obietta –. Quanto all’introduzione di un dirigente di prima fascia in staff al capo Dipartimento, con ruolo di direttore operativo, sembra prefigurare di fatto un duplicato di funzione già esistente, quella cioè del vice capo Dipartimento. Ci auguriamo che non si riveli una casella creata al solo scopo di sistemare l’amico di turno”. E ancora. “Anche la gestione delle emergenze convogliata in un ufficio di staff è del tutto singolare – prosegue D’Ambrosio –. Si rischia di replicare ciò che è avvenuto con l’accorpamento del Corpo Forestale nei Carabinieri, con il risultato di svilire e disperdere specifiche professionalità”. Condivisibile invece “l’intenzione di rimettere mano alle posizioni organizzative”, conclude il segretario del Dirstat: “Potrebbe essere l’occasione per garantire un po’ di trasparenza e pubblicità che in Presidenza è sempre stata lacunosa”. Il riordino del Dipartimento, secondo il coordinatore della Flp-Pcm Lauro Crispino, è “fortemente sbilanciato verso l’attività emergenziale, al punto da prefigurare un ufficio sovraordinato a tutta l’organizzazione”. Inoltre, appare “incomprensibile anche la pervicacia dimostrata nel voler declassare l’ufficio Sismico ad un servizio”. Nello specifico, prosegue Crispino, “tale riorganizzazione parrebbe concepita per il consolidamento di interessi personali in nome dei quali anche le regole di attribuzione e di rinnovo degli incarichi di prima fascia sono state adattate”. La conferma? “Non potrebbero essere interpretate in modo diverso le figure di vertice poste alle dirette dipendenze del capo Dipartimento – accusa il rappresentante della Flp –. In particolar modo l’ennesimo direttore generale di staff, di cui avremmo fatto volentieri a meno”. Unica nota positiva “la prefigurazione di posizioni organizzative e di reclutamento di 15 dirigenti”. A patto che, conclude Crispino, “non costituisca l’ennesima boutade per garantire la sopravvivenza di contratti dirigenziali, conferiti anche ad estranei alla pubblica amministrazione, sulla base del principio di intuitu personae”.

(Articolo scritto con Antonio Pitoni il 28 gennaio 2016 per ilfattoquotidiano.it)

Chi ha ucciso Giuseppe Uva?

giovedì, ottobre 20th, 2011

La storia di Giuseppe Uva è una di quelle che fa indignare. Non so quanti di voi la conoscano (spero tanti).  È una di quelle vicende che l’opinione pubblica classifica come “omicidi di Stato“, perchè a morire – secondo il significato di questa espressione – sono cittadini comuni picchiati e/o uccisi dalle forse dell’ordine.

Giuseppe Uva, gruista di Varese di 34 anni, muore alle ore 11:10 del 14 giugno 2008 nel reparto psichiatrico dell’ospedale di Circolo a Varese. La notte fra il 13 e il 14 giugno, alle 3:00, Uva viene fermato dai Carabinieri insieme ad un suo amico, Alberto Biggiogero: i due, per una goliardata, hanno spostano delle transenne che dovevano essere utilizzate il giorno seguente per la festa delle ciliegie sistemandole in mezzo alla strada impedendo, di fatto, la percorribilità della stessa. Primo indizio a cui fare attenzione: le parole di uno degli agenti che fermano Giuseppe e Alberto. «Uva, proprio te stavo cercando. Stanotte ci divertiamo». I ragazzi vengono portati nella Caserma di Via Saffi: mentre Biggiogero aspetta di essere interrogato sente le urla dell’amico, che grida più volte «Basta, basta». Alberto chiama allora il 118: «Mandate subito un’ambulanza in Caserma, stanno pestando a sangue un ragazzo». L’addetto del 118, sbalordito dalla richiesta, compone pochi secondi dopo il numero del comando: «Mi ha chiamato una persona dicendomi di mandare un’ambulanza lì da voi perchè stanno picchiando un ragazzo. Che succede?». Il carabiniere, dall’altra parte, minimizza: «È solo un ubriaco, non mandate alcun mezzo. Se abbiamo bisogno vi chiamiamo noi». Quello che accade poco dopo ha dell’incredibile: da Via Saffi, infatti, viene richiesta un’ambulanza al 118. Bisogna effettuare un T.S.O., ovvero un Trattamento sanitario obbligatorio. Detto in parole povere: un trattamento che viene effettuato davanti al rifiuto di un soggetto che soffre di una grave patologia psichiatrica o infettivologica non altrimenti gestibile, a tutela della sua salute e sicurezza e/o della salute pubblica.  Un T.S.O. per una persona che – anche se fosse – ha alzato un po’ il gomito?

Giuseppe muore poche ore dopo il ricovero in ospedale. La sorella Lucia, avvisata dell’accaduto, si precipita al nosocomio, e trova il fratello senza vita, interamente ricoperto di lividi. Fa delle foto, approfittando dell’allontanamento dei medici. Non le pubblico perchè qualcuno potrebbe rimanere sconvolto dalla loro visione: le trovate su Internet, ma lo spettacolo non è dei migliori. Gli agenti parlano di un Giuseppe inquieto, di un uomo ingestibile che sbattendo da una parte all’altra della stanza si è procurato da solo tutte le lesioni. Ma sul suo corpo ci sono tre indizi (aggiungeteli al precedente) che fanno pensare alle torture: due bruciature di sigaretta (una sulla faccia e una sulla mano destra), la perdita di sangue dall’ano e delle gravi lesioni ai testicoli. Tutte cose che, anche in preda al più perfido autolesionismo, sono difficilmente immaginabili. Giuseppe pesava 73 kg.

Ora però viene il bello: lo sapete chi è l’unico indagato (per omicidio colposo) per la morte di Giuseppe? Il medico dell’ospedale di Varese che lo ha visitato, colpevole di aver somministrato al paziente dei tranquillanti che gli hanno provocato un’embolia polmonare. Altro fattore interessante: nel referto medico stilato quando Giuseppe arriva all’ospedale non si parla dei lividi sul suo corpo. Stessa cosa avviene nell’autopsia (ci sono solo delle “escoriazioni“). E ancora: le telecamere dei luoghi in cui Uva è passato (Caserma e ospedale) quella notte non funzionavano. Ma, cosa forse più clamorosa, Alberto Biggiogero, unico testimone di quanto accaduto, non è mai (mai) stato interrogato dai magistrati, e la sua testimonianza non è prevista al processo.

Le Iene“, il noto di programma di Italia1, si è interessato a questa vicenda. E in una sola settimana – visto che siamo in un paese telecratico – sono venuti fuori dei particolari più che interessanti. Una nuova perizia disposta dal Tribunale ha decretato qualcosa di incredibile: Giuseppe Uva non è morto per colpa dei farmaci che gli sono stati somministrati in ospedale quella notte. C’è di più: il cadavere viene riesumato, e sui pantaloni indossati quella notte dal ragazzo – oltre che di sangue – ci sono tracce biancastre e brunastre, che potrebbero essere di sperma e feci. Sperma e feci. Che il 34enne sia stato violentato? A questo punto è un’ipotesi altamente probabile.

Ma perchè tanta violenza nei confronti di Giuseppe? Perchè uno dei Carabinieri che lo ha fermato quella notte ha detto: «Proprio te stavo cercando. Ora ci divertiamo»? Indiscrezioni parlano di una relazione extraconiugale fra la moglie di un agente e Uva. Potrebbe essere questo uno dei “moventi”? Non lo sappiamo, forse non lo sapremo mai. Certo è che Giuseppe non c’è più e nessuno, finora, è riuscito a spiegarci come e perchè sia morto.