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P4, un problema morale prima che penale

venerdì, giugno 24th, 2011

Concordano tutti, a destra e a sinistra. Perché i nostri bravi (?) politici si attaccano su tutto ma, quando ci sono da tutelare i loro affari e la loro privacy, sono tutti di nuovo amici. Quello che sta accadendo in questi giorni con lo scandalo P4, al di la del rilievo penale o meno delle intercettazioni che vedono coinvolto Luigi Bisignani e mezzo Governo (più altri illustri esponenti dell’economia e dell’imprenditoria nostrana) è un altro durissimo colpo alla moralità di una classe politica ormai imputridita. E come si risolve la questione? Ritirando fuori la legge sulle intercettazioni. Anzi no, meglio: si fa un decreto legge apposito, perché il “problema” va risolto il prima possibile.

Come al solito, nel mare magnum delle dichiarazioni di ministri, sottosegretari e compagnia, ci sono errori e lacune evidenti. Nella giornata di giovedì 23 giugno, in aula, il ministro della Giustizia Alfano ha dichiarato che “le intercettazioni che leggiamo sui giornali sono anche divertenti, ma non hanno niente di penalmente rilevante e non sono gratis per il sistema”. Ci costano un miliardo di euro, è vero, tanto quanto spendiamo per bombardare il paese di un dittatore a cui fino a pochi mesi fa baciavamo la mano. Ma questa è un’altra storia. Tornando alle lacune, qualcuno dimentica che c’è un articolo della Costituzione, il num. 18, che vieta le forme di associazionismo segreto, e che per questo motivo recita:

I cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere”.

E la P4 non era certo un’associazione che operava alla luce del sole. Ancora: sempre quel qualcuno ha rimosso il fatto che nel 1982, dopo lo scandalo della Loggia P2, furono varati una serie di provvedimenti, fra cui la legge 17/1982, che in un passaggio dice:

Si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall’art. 18 della Costituzione, quelle che, anche all’interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull’esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale”.

Non credo che ci sia il bisogno di spiegare quello che la legge dice, visto che é assai chiaro. Ecco, ma allora viene da domandarsi: quando Bisignani (che nel 1993, quando era direttore generale delle relazioni esterne del gruppo Ferruzzi, venne arrestato per la maxi tangente Enimont e poi condannato a 2 anni e otto mesi di reclusione) chiama Berlusconi, Gianni Letta, Frattini, Stefania Prestigiacomo, la Gelmini (e la lista è ancora lunga), con quale ruolo istituzionale lo fa? La risposta é la più semplice di tutte: nessuno. Perché questo 58enne ex giornalista, ex piduista, ex tutto, non ha nessuna qualifica. Ma ha i numeri di telefono di tutti. Parla anche con l’a.d. di Eni Scaroni (altro con la fedina penale poco pulita, ma oggi in Italia se non hai commesso qualche reato la poltrona non te la danno) e con l’ex direttore generale della Rai Mauro Masi a cui dispensa consigli sulle rimozioni o meno dei conduttori e dei giornalisti. Gli indica persino chi debba condurre il Festival di Sanremo.

Finiamola quindi di dire che è tutto apposto e che non c’é nulla di penalmente rilevante. E la smettessero anche a sinistra, perché se pure D’Alema e Di Pietro sono sulla stessa lunghezza d’onda, allora qui possiamo fare le valigie e andare all’estero. Chiudo (ahimè) con una frase di Licio Gelli: “Il vero potere risiede nelle mani dei detentori dei mass media”. Parole sante, purtroppo.