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La differenza fra “good” e “bad” journalism

sabato, aprile 23rd, 2011

Il giornalismo italiano non è libero: se siamo al 49° posto nella classifica mondiale per libertà di stampa insieme alla Corea del Nord e al Turkmenistan un motivo ci sarà. Ecco allora un piccolo esempio di come non fare giornalismo.

In questo video (watch?v=RF1dv-YZA_Q) il Presidente del Consiglio racconta la sua ennesima, triste barzelletta. Al giornalista che gli chiede se l’attuale allenatore del Milan Massimiliano Allegri gli ricordi Fabio Capello, Berlusconi risponde: “Io sono vecchio, sto perdendo la memoria. Questa mattina stavo inseguendo la mia segretaria per farmela sul tavolo e mi ha detto: Ma Presidente l’abbiamo fatto due ore fa. Le ho detto: Vedi, è la memoria che mi fa difetto“. Nella registrazione realizzata da “Il Fatto Quotidiano” si sente la voce di una cronista (non si capisce chi sia e per quale testata scriva) che, mentre il Premier inizia a raccontare la barzelletta, esclama: “No, no! Taglio. Questa la taglio“, per poi rincarare la dose alla fine, quando Berlusconi invita tutti a non citare le sue parole: “No no! Questa no! Tranquillo Presidente“.

Il confine fra l’essere o meno un buon giornalista si esaurisce qui, in poco più di trenta secondi di filmato. Cadono infatti il principio dell’obiettività, quello dell’oggettività del fatto, e il rapporto di fiducia che chi racconta deve (o meglio, usando il condizionale, dovrebbe) instaurare con i propri lettori. “È la stampa, bellezza“, esclamava Humphrey Bogart nel film “Deadline” (1952). Magari lo fosse davvero oggi, in Italia.