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La casta colpisce ancora* – da “Il Punto” del 12/10/2012

mercoledì, ottobre 17th, 2012

Si è conclusa l’indagine della Direzione provinciale del Lavoro di Roma sui collaboratori parlamentari. 58 le irregolarità riscontrate alla Camera su un totale di 272 accrediti, 21 su 160 quelle al Senato. Resta il “buco nero” di 513 Onorevoli che sembrano non avere assistenti ma percepiscono l’indennità mensile. Il racconto di una testimone: «Pagata in nero per 10 anni». Le leggi violate nel luogo in cui vengono approvate 

«Il mio impegno alla Camera è iniziato nel 1998, quattordici anni fa. Dieci dei quali passati in nero. All’inizio ero in decreto Camera e, all’Onorevole per cui lavoravo, dovevo ridare indietro più della metà dei soldi in “mazzetta”. Poi è cominciato un lungo percorso al fianco di altre figure, sempre senza contratto. Finché nel 2009, dopo aver finalmente sottoscritto un regolare accordo, ho cominciato a stare male. Visto che non abbiamo mai avuto alcuna forma di tutela sono prima stata costretta ad andare a lavorare benché in mancanza di forze e poi, una volta ricoverata d’urgenza all’ospedale, mi sono vista recapitare una lettera di licenziamento senza preavviso dalla poco Onorevole persona a cui prestavo assistenza. Adesso ho un contratto e guadagno poco più di 700 euro al mese». Quello che avete appena letto è un passaggio della sconcertante testimonianza che Cristina, collaboratrice parlamentare, ha rilasciato in esclusiva a Il Punto. Le sue parole arrivano in concomitanza con la conclusione dell’ispezione che la Direzione provinciale del Lavoro di Roma guidata da Marco Esposito – su delega della Procura della Repubblica – ha portato avanti nel corso degli ultimi 24 mesi per fare luce sulla condizione dei cosiddetti “portaborse”.

I NUMERI DELL’INDAGINE - Un caso che questo giornale aveva seguito attentamente già nel 2010, proprio quando partì l’indagine dell’ispettorato del Lavoro. Anche allora le voci degli interessati raccontarono di contratti assenti, di ore di lavoro non pagate o retribuite in nero, di soprusi e accordi cambiati in corsa. Ora ci sono le cifre. Partiamo dalla Camera dei deputati, dove sui 272 collaboratori accreditati per l’accesso ai Palazzi – così come segnalato dal Segretariato generale – sono state riscontrate 58 irregolarità che riguardano la materia lavoristica, previdenziale e assicurativa, per un importo totale di sanzioni pari a 5.800 euro. «Si tratta di illeciti amministrativi, non abbiamo riscontrato elementi di rilevanza penale», sottolinea a Il Punto il direttore Marco Esposito. Nella lista ci sono 36 omesse o ritardate comunicazioni di assunzione o cessazione di rapporti di lavoro ai competenti Centri per l’impiego; 12 omesse istituzioni del Libro unico del lavoro (Lul, ossia un libro che sostituisce i libri paga e matricola e che è stato istituito con gli articoli 39 e 40 del decreto legge n. 112/2008); 4 omesse o infedeli registrazioni sul Lul; una omessa vidimazione dell’ex libro paga; un omesso versamento dei contributi; una riqualificazione del rapporto di lavoro e il relativo recupero contributivo e una omessa denuncia all’Inail (l’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni) delle autoliquidazioni. Poi c’è il Senato. Per cui, afferma Esposito, «la metodologia di lavoro è stata diversa, perché ci sono stati forniti i nomi dei senatori che avevano chiesto l’accredito, e non dei collaboratori. Il sistema informatico di comunicazione obbligatoria a cui abbiamo accesso telematicamente ci ha permesso di fare il percorso inverso».A Palazzo Madama, sui 160 senatori che avevano chiesto l’accredito, le irregolarità rilevate sono state 21. Ovvero: 4 omesse istituzioni del Lul; una tardiva istituzione dello stesso Libro unico del lavoro; 10 omesse comunicazioni di assunzione e/o cessazione dei rapporti di lavoro ai competenti centri per l’impiego e (perfino) 6 sanzioni per l’impedimento all’ispezione. In questo caso l’importo finale è di 18.980 euro, per un totale – Camera più Senato – di 24.780 euro.

IL “BUCO NERO” - Resta però un “buco nero”. Ovvero quello degli altri 358 deputati e 155 senatori che si presume siano sprovvisti di “portaborse” non avendo mai richiesto l’accredito per i loro collaboratori. È davvero così? Un interrogativo ancora aperto, come ribadisce Piero Cascioli, funzionario dell’Ispettorato del Lavoro, che afferma: «Abbiamo notiziato Camera e Senato sull’argomento, ma sono già a conoscenza di ciò. Anche perché l’indennità preposta anche al pagamento dei collaboratori viene comunque erogata ai parlamentari». «Chi di dovere sa cosa accade», racconta a questo proposito Cristina. «Io ho scritto alle più alte cariche dello Stato – presidente della Repubblica, della Camera, della Corte dei conti e anche al Cardinal Bagnasco – parlando, per esempio, dei tesserini che sono nella disponibilità di qualcuno e che contribuiscono ad alimentare il “mercato nero” dei collaboratori. C’è chi ne possiede 40, che ha sparso da tutte le parti, e che sono finiti nelle mani di persone che vengono pagate in nero perché senza contratto. Eppure la risposta che mi sono sentita dare quando ho interloquito con alcuni illustri esponenti delle istituzioni è stata: “Se lo ritiene opportuno, si rivolga alla magistratura” ». Poi il particolare choc: «Nella passata legislatura, per farmi tacere su quanto succedeva, mi fu detto che sarei stata “raccomandata” per vincere il concorso da funzionario alla Camera». Eppure Cristina, quando nel 2009 fu licenziata mentre era in ospedale, provò a denunciare l’accaduto. Però «mi hanno consigliato di desistere perché la persona che mi aveva messo alla porta era in stretto contatto con personalità importanti, e quindi “avrei preso solo schiaffi in faccia”». E la riforma di cui si parla in questi giorni?, le domandiamo. «È uno specchietto per le allodole ».

LA RIFORMA - Ma cosa prevede la riforma a cui il Parlamento ha deciso di mettere mano e che regola la situazione dei collaboratori parlamentari? L’obiettivo è disciplinare il rapporto di lavoro che li lega a deputati e senatori. Gli abusi, i compensi inadeguati, i contratti irregolari o la mancata contrattualizzazione sono riconducibili al fatto che attualmente deputati e senatori provvedono direttamente a pagare i propri collaboratori attingendo alla somma mensile che Camera e Senato versano loro a titolo di “Rimborso spese per l’esercizio del mandato”, pari rispettivamente a 3.690 e 2.090 euro. Una modalità che nel corso degli anni ha alimentato situazioni poco chiare e che si sta tentando di sanare con una proposta di legge bipartisan, approvata da Montecitorio nelle scorse settimane e passata ora all’esame di Palazzo Madama. Il modello di riferimento adottato è quello del Parlamento europeo, dove i collaboratori parlamentari vengono pagati direttamente dall’amministrazione di Bruxelles e non dai singoli deputati. Il provvedimento stabilisce, quindi, il diritto dei parlamentari ad avere l’assistenza di collaboratori per l’attività connessa all’esercizio delle funzioni inerenti il proprio mandato. L’unico limite, e questa è una novità, sta nel fatto che non possono essere assunti parenti, coniugi o affini entro il secondo grado. Spetterà alla Camera di appartenenza del parlamentare pagare la retribuzione al collaboratore, versare i relativi oneri fiscali e previdenziali e vigilare affinché le attività indicate nel contratto di lavoro siano connesse all’esercizio delle funzioni parlamentari e il contratto stipulato sia coerente con l’attività svolta. In questo modo si punta ad evitare casi di sfruttamento, di pagamenti inadeguati, di collaboratori parlamentari non contrattualizzati. Di fronte al primo via libera al provvedimento, però, i diretti interessati si dividono tra entusiasti e scettici. Le due associazioni che riuniscono i collaboratori, infatti, hanno due visioni diverse della situazione. Se il Coordinamento dei collaboratori parlamentari (Cocoparl), guidato da Emiliano Boschetto, ritiene che con questa legge le cose possano davvero migliorare per la categoria grazie all’introduzione del vincolo di destinazione delle risorse e del pagamento diretto da parte del Parlamento, l’Associazione nazionale collaboratori parlamentari (Ancoparl), presieduta da Francesco Comellini, piuttosto che una legge auspica una modifica dei regolamenti interni di Camera e Senato, che consentirebbe di chiudere la partita in tempi più rapidi. In effetti l’incognita sono proprio i tempi. Dopo l’approvazione di Palazzo Madama, gli Uffici di Presidenza di Camera e Senato dovranno adottare delle delibere volte a modificare i loro regolamenti. Lo faranno in tempo perché la nuova disciplina entri in vigore dalla prossima legislatura? Calcolando che l’iter alla Camera è durato due settimane in commissione e due settimane in aula, i tempi per arrivare all’approvazione definitiva ci sono. È solo una questione di volontà.

*con Lea Vendramel