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Archive for aprile, 2017

Un Parlamento pieno di cespugli. Così il Gruppo Misto è diventato la quarta forza

mercoledì, aprile 5th, 2017

Montecitorio-675Qualcuno li chiama cespugli, qualcun altro fronde. Ex grillini, ex leghisti, ex montiani, ex berlusconiani. Ce n’è davvero per tutti i gusti in un Parlamento che si è trasformato in una giungla e che in questa legislatura ha già fatto registrare il record di cambi di casacca: 458 fra Montecitorio (262) e Palazzo Madama (196). E potrebbe non essere finita qui. Il risultato? Alla Camera, ha calcolato Openpolis, dei 12 schieramenti esistenti solo sei (il 50%) hanno un minimo di 20 componenti, quelli previsti dall’articolo 14 del regolamento per la formazione di un gruppo.

Si tratta di Pd (238 deputati), M5S (91), Forza Italia (50), Gruppo Misto (47), Articolo 1 – Mdp e Alternativa popolare (26). Tutti gli altri esistono grazie a deroghe concesse dall’ufficio di presidenza: è il caso di Lega Nord (19 deputati), Sinistra Italiana – Possibile (17), Civici e Innovatori (16), Democrazia solidale – Centro democratico (14) e Fratelli d’Italia (11). Chiariamoci: il già citato regolamento concede all’ufficio di presidenza la facoltà di autorizzare la costituzione di un gruppo con meno di 20 iscritti a determinate condizioni.

Alla carica – Certo è che l’andazzo non è proprio dei migliori, soprattutto se si paragona quella in corso con la precedente legislatura quando a Montecitorio c’erano 8 gruppi, tutti con più di venti membri. Non è un caso che il Misto, quello che sia alla Camera sia al Senato “raccoglie” i parlamentari non iscritti a un gruppo, occupi proprio a Montecitorio la quarta posizione con appena 3 deputati in meno di FI. Ma chi c’è nel contenitore “capitanato” da Pino Pisicchio? Gli 11 “fittiani” dei Conservatori e Riformisti fra i quali Daniele Capezzone e l’ex An Massimo Corsaro, per esempio, più i tre “tosiani” di Fare!, gli ex leghisti Matteo Bragantini, Roberto Caon ed Emanuele Prataviera. Senza dimenticare gli ex 5 Stelle di Alternativa Libera (5), i 3 socialisti Carmelo Lo Monte, Pia Locatelli e Oreste Pastorelli o i 4 Udc Paola BinettiRocco ButtiglioneAngelo Cera e Giuseppe De Mita, nipote dell’“immortale” Ciriaco. Quattro sono pure i deputati della componente Idea-Usei (l’Unione sudamericana emigrati italiani): Renata BuenoVincenzo Piso, Eugenia Roccella e Guglielmo Vaccaro.

Tutti dentro – E le minoranze linguistiche? Ci sono pure quelle, capeggiate dall’altoatesino Daniel Alfreider. Undici, infine, sono i deputati non iscritti ad alcuna componente. Fra questi, pure la presidente della Camera Laura Boldrini, che il 3 marzo ha lasciato SI. Le cose vanno un tantino meglio a Palazzo Madama, dove per costituire un gruppo “bastano” 10 senatori. Sciolto quello dei “fittiani”, nessuno è sotto la soglia minima. Anche in questo caso però nel Misto c’è di tutto: dall’Idv a Insieme per l’Italia (il duo Sandro BondiManuela Repetti), da Liguria Civica (Maurizio Rossi) a Movimento X (Laura Bignami) fino ai Verdi, rappresentati da Cristina De Pietro.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 4 aprile 2017 per La Notizia

Anche Gentiloni ha la fiducite. Sulle leggi si vota e basta

lunedì, aprile 3rd, 2017

Primo_Consiglio_dei_ministri_del_governo_GentiloniPersino il chiaro atto d’accusa di Pietro Grasso è rimasto inascoltato. Decretazione d’urgenza e voti di fiducia, disse il presidente del Senato pochi giorni prima del referendum costituzionale dello scorso 4 dicembre parlando agli studenti della Luiss, “mortificano il ruolo primario del Parlamento” che fatica a svolgere la propria funzione a causa della “frammentazione politica e del trasformismo”.

Il risultato? Mercoledì, proprio a Palazzo Madama, il Governo di Paolo Gentiloni ha posto l’ennesima questione di fiducia (passata con 145 voti sì e 107 no), stavolta sul cosiddetto decreto legge migranti che prevede l’apertura di nuovi centri di identificazione ed espulsione (Cie) e procedure più rapide per l’espulsione degli immigrati irregolari. Sarà che quello guidato dall’ex ministro degli Esteri è considerato come un Esecutivo “fotocopia” del precedente con a capo Matteo Renzi, fatto sta che l’andazzo è rimasto pressoché identico. Dal 12 dicembre, giorno in cui è entrato in carica, il Governo ha già usato lo strumento della fiducia 6 volte: una media di due al mese, come ha fatto notare Openpolis.

Il confronto – In precedenza, la stessa era già stata posta due volte per il decreto salva banche (sia alla Camera sia al Senato), due volte per il Milleproroghe (anche in questo caso in entrambi i rami del Parlamento) e a Palazzo Madama per l’approvazione del ddl sul codice penale. Non proprio benissimo, se si considera che il rapporto fra voti di fiducia e leggi approvate è al 40% e in questa legislatura ne sono già state poste 82: “solo” 10 sotto il Governo di Enrico Letta, 66 durante quello dell’ex sindaco di Firenze e segretario del Pd e 6 – appunto – da quello di Gentiloni. E potrebbe non essere finita qui se è vero, come riferito nei giorni scorsi da alcuni organi di stampa, che dopo due anni di tira e molla anche il ddl concorrenza si appresta a sbarcare nell’Aula di Palazzo Madama “blindato” dalla fiducia. Staremo a vedere. Quel che è certo, al momento, è che dal quarto Governo di Silvio Berlusconi in poi (2008/2011), soltanto Mario Monti e i “suoi” tecnici avevano raggiunto livelli superiori (45,13%) con una media di 3 al mese.

Oltre i limiti – Insomma, i nostri Esecutivi hanno un evidente problema di “fiducite”. Se n’era accorto, già una decina d’anni fa, pure l’oggi presidente emerito Giorgio Napolitano. Messaggio che l’ex capo dello Stato aveva più volte ribadito prima di passare il testimone a Sergio Mattarella. La fiducia, disse per esempio “Re Giorgio” nel 2011, “non dovrebbe eccedere limiti oltre i quali si verificherebbe una inaccettabile compressione delle prerogative delle Camere”. Com’è andata a finire? Che due anni fa, come noto, il Governo Renzi decise addirittura di porla sulla legge elettorale, quell’Italicum che non solo non è stato “copiato” da mezza Europa (“Matteo” dixit) ma che è stato pure “rottamato” dalla Corte costituzionale, scatenando l’ira sia delle opposizioni sia della minoranza del Pd.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 1 aprile 2017 per La Notizia