Image 01

Archive for marzo 30th, 2017

Auto blu e super pensioni. Pure la Consulta non scherza: il bilancio di previsione per quest’anno è di 54 milioni

giovedì, marzo 30th, 2017

Palazzo_della_Consulta_Roma_2006Una piccola sforbiciata rispetto agli anni passati c’è stata, sia chiaro, complice pure il fatto che a partire dal 1° maggio 2014 i compensi dei giudici sono stati ridotta del 22,6% passando da 465 mila 138 euro lordi a 360 mila. Nonostante tutto, però, la Corte costituzionale continua a costare decine di milioni di euro. Per la precisione: 54 milioni 649 mila 646 euro, stando al bilancio di previsione 2017 recentemente pubblicato sul sito istituzionale. Spese coperte grazie a un contributo statale di 55 milioni 200 mila euro, in sostanza la totalità della torta riguardante le entrate che nel documento ammontano a 56 milioni 43 mila 846 euro. Sfogliando le 8 pagine del bilancio c’è di tutto. A cominciare, ovviamente, dal capitolo che da sempre attira gli appetiti degli osservatori: quello della spesa per stipendi e oneri previdenziali degli ermellini.

A bilancio per l’anno in corso ci sono 2 milioni 530 mila euro solo per le loro retribuzioni. Come detto, ogni giudice percepisce un compenso annuo di 360mila euro lordi (120mila euro in più rispetto al tetto previsto per i dipendenti pubblici), mentre il presidente Paolo Grossi incassa una cifra più alta, 432mila euro lordi. Numeri che, per dire, negli ultimi anni hanno fatto storcere il naso a Roberto Perotti, economista bocconiano ed ex commissario governativo alla spending review, che nel suo ultimo libro (Status Quo) ha messo a confronto le retribuzioni dei giudici italiani e statunitensi al netto delle ritenute.

Vecchiaia serena – Il risultato? Per il professore, i componenti della Consulta tricolore incassano 197.146 euro l’anno mentre quelli a stelle e strisce si devono “accontentare” di 119.539 (181.951 lordi), pagando però molte meno tasse rispetto a Giuliano Amato e colleghi: 62.411 euro contro 162.855. Ma torniamo al bilancio. La spesa indubbiamente più alta è quella riguardante il personale: 29 milioni 14 mila 500 euro. Di questi, 8.480.000 euro se ne vanno per le retribuzioni dei dipendenti di ruolo (174), mentre per pagare l’unico a contratto la Consulta ha previsto di spendere quest’anno 95mila euro. Più alte sono invece le dotazioni previste per le missioni, 313 mila 500 euro, e per i compensi ad incaricati esterni e collegio esperti in contabilità pubblica, 375mila euro. E ancora: 48 mila euro se ne vanno in formazione e aggiornamento del personale, 62.500 per l’assicurazione contro gli infortuni, 68.500 per la “sicurezza e salute dei lavoratori sul luogo di lavoro” e 290.000 per le spese per i buoni pasto. Quasi 11,5 milioni verranno spesi invece per le pensioni: 3 milioni 849 mila 384 euro per riequilibrare il fondo relativo ai trattamenti degli ex giudici (22 più 12 superstiti) e 7 milioni 643 mila 562 euro per riequilibrare quello degli ex dipendenti (139 più 88 superstiti).

Tutti a bordo – Non è finita. Nella categoria 4, “acquisto di beni e servizi”, salta all’occhio la considerevole somma di 584 mila euro per il noleggio, l’assicurazione, la manutenzione e le spese di funzionamento delle autovetture (un altro dei capitoli di spesa da sempre più dibattuti). Non scherza nemmeno l’uscita prevista per il “noleggio attrezzature d’ufficio e servizi integrati di gestione documentale e stampa”: 463 mila euro. Mentre 400 mila euro verranno impiegati per la manutenzione dei sistemi informatici e 223 mila per “telefonia e manutenzione impianto”. Degni di nota sono anche i 264 mila euro per il funzionamento della struttura sanitaria. Per partecipazioni a “incontri multilaterali” con altre Corti costituzionali, convegni e conferenze, la Consulta prevede di tirar fuori 125 mila euro; 111 mila saranno invece utilizzati per comprare materiali d’ufficio e informatici. E le spese per il restauro e la manutenzione delle opere d’arte? Tranquilli, ci sono pure quelle, anche se sono più contenute: “solo” 64 mila euro.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 29 marzo 2017 per La Notizia

Sindaci minacciati ma in trincea. Migliaia di intimidazioni soltanto negli ultimi quattro anni

giovedì, marzo 30th, 2017

sindaciNinni Gemmato è il sindaco di Terlizzi, comune di circa 27mila abitanti in provincia di Bari. Lo scorso 7 marzo, alle 10.30 del mattino, il suo staff ha trovato una pallottola attaccata col nastro adesivo alla porta del suo ufficio. Ventiquattro ore prima, Gemmato aveva ricevuto anche una lettera con all’interno la fotocopia proprio di un proiettile. Prima di lui, il 4 marzo, era toccato a Pasquale Chieco, primo cittadino di Ruvo di Puglia al quale era stata incendiata la casa di campagna. Sono solo alcuni degli episodi avvenuti nelle scorse settimane. Ma non gli unici. Le minacce a sindaci, assessori e consiglieri comunali, infatti, stanno purtroppo diventando circostanze all’ordine del giorno.

I numeri dell’Osservatorio sul fenomeno delle intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, istituito il 2 luglio 2015 col decreto del ministro dell’Interno su sollecitazione dell’Associazione nazionale dei comuni (Anci), ne sono la dimostrazione plastica. Nei primi tre mesi del 2017 sono stati 15 i sindaci che hanno subito atti intimidatori mentre solo fra gennaio e maggio 2016 i casi “censiti” sono stati 180: il 78% al Sud e nelle Isole, il 9% al Nord-Ovest, l’8% al Nord-Est e infine il 5% al Centro.

I numeri – A finire nel mirino, nel 44% dei casi, sono stati proprio i primi cittadini. Ma – come detto – non mancano nemmeno le minacce a consiglieri comunali (20%), assessori comunali (15%), assessori regionali (5%), vice sindaci (5%) e consiglieri municipali (4%). Un fenomeno rilevante e preoccupante, considerato pure il tributo di sangue pagato fra il 2010 e il 2013 dal sindaco di Pollica Angelo Vassallo, da quello di Cardano al Campo Laura Prati e da Alberto Musy, il consigliere comunale di Torino morto dopo un lungo periodo di coma. Non solo. Nel triennio 2013-2015, sempre secondo i dati del ministero dell’Interno, gli amministratori che hanno subito intimidazioni sono stati 2.098. Nel raffronto tra 2013 e 2014, a livello nazionale si è registrato un aumento del 19,4%, passando dai 674 casi a 805 (di cui 5 attribuiti alla criminalità organizzata). Nel 2015, invece, gli atti intimidatori sono stati in tutto 619, con incrementi rispetto ai dodici mesi precedenti in Sardegna, Basilicata, Friuli Venezia-Giulia e Piemonte.

Giro di vite – Fenomeni di questo tipo, fa sapere l’Associazione guidata dal sindaco di Bari Antonio Decaro, non sono ascrivibili unicamente alla malavita organizzata, visto che la responsabilità degli amministratori locali è cresciuta al punto da sovraesporre gli stessi primi cittadini agli occhi dell’opinione pubblica. Per questo motivo, l’Anci propone un inasprimento della fattispecie penale inerente la violenza e le minacce di natura intimidatoria nei confronti dei sindaci, la copertura assicurativa per gli amministratori che subiscono danni – sia materiali sia immateriali – a seguito di atti di intimidazione e la costituzione dell’Associazione come parte civile nei procedimenti contro le attività criminose di stampo mafioso. Ma non solo. Per Decaro e colleghi è infatti necessaria la “riattivazione” dell’Osservatorio del Viminale, la cui ultima riunione tecnica si è svolta a luglio 2016. Praticamente otto mesi fa.

Twitter: @GiorgioVelardi

Articolo scritto il 29 marzo 2017 per La Notizia