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Fastweb atto terzo – da “Il Punto” del 9/11/2012

mercoledì, novembre 14th, 2012

Prima luglio, poi novembre e ora gennaio 2013. Per i circa 600 lavoratori del settore “Customer Care & Customer Base Management” dell’azienda di proprietà di Swisscom la cessione a Visiant sta diventando un “giallo nel giallo”. E ora anche i sindacati, dopo gli entusiasmi iniziali, sono sul piede di guerra  

Un “giallo nel giallo”. È quello di cui sono protagonisti i circa 600 lavoratori del settore Customer Care & Customer Base Management di Fastweb, l’azienda che opera nel settore delle telecomunicazioni nata sul finire degli Anni ’90 a Milano e diventata di proprietà di Swisscom nel 2007, che sarebbero dovuti essere esternalizzati a Visiant Next Spa il primo luglio scorso. Sarebbero, appunto. Perché dopo un primo rinvio dell’operazione a inizio novembre, ora un avviso notificato ai diretti interessati rende nota «la necessità di maggior tempo di quanto preventivato» e che va quindi ridefinita «al 1° gennaio 2013 la data di trasferimento delle persone e delle attività appartenenti al ramo». Una vicenda intricata che, come di consueto, rischia di non avere alcun vincitore ma solo tanti sconfitti: i lavoratori.

L’ANTEFATTO Il Punto aveva dato notizia di quanto stava accadendo proprio quando i giochi sembravano fatti e i lavoratori avevano pure preparato gli scatoloni, all’interno dei quali era stata inserita anche una buona dose di dubbi e incertezze. Il perché è presto detto: Visiant Spa, che controlla al cento per cento Visiant Next (la newco fondata il 23 aprile di quest’anno e controllata a sua volta da Visiant Contact Srl), si trova in amministrazione controllata. Non solo: ci sono punti dell’«accordo di armonizzazione», sottoscritto da azienda e sindacati, che i lavoratori contestano. Due su tutti: il 9 e il 12. Nel primo si assicura che «nella remota ipotesi di fallimento di Visiant Contact Srl o Visiant Next Spa e/o di ammissione di Visiant Contact Srl o Visiant Next Spa a procedure concorsuali, Fastweb Spa selezionerà un nuovo partner a cui trasferire, senza soluzioni di continuità, le attività e i rapporti dei lavoratori appartenenti al ramo d’azienda ed ancora in forza a Visiant Next Spa (…)». Tradotto: la delocalizzazione della delocalizzazione. Poi c’è il punto 12: «Visiant Next Spa conferma che i lavoratori facenti parte del ramo ceduto continueranno a svolgere le attività oggetto del trasferimento di ramo d’azienda, fatto salvo che, in relazione ad una migliore valorizzazione delle professionalità dei lavoratori stessi, siano assegnati a diverse attività». Ciò provocherebbe, in caso, un “effetto boomerang”: Fastweb potrebbe infatti cedere la commessa senza più i lavoratori al suo interno ad un nuovo partner e l’accordo decadrebbe. Come detto, la cessione degli addetti al settore Customer Care & Customer Base Management sarebbe dovuta avvenire a inizio luglio. Poi però il 27 giugno – solo quattro giorni prima del passaggio – i lavoratori ricevono questa comunicazione: «Vi informiamo che il trasferimento non avrà effetto dal 1° luglio. Fastweb, fin dall’inizio del progetto, ha posto come obiettivo primario per il trasferimento del ramo garanzie di stabilità societaria e solidità finanziaria del partner prescelto, della sua controllante e dell’intero gruppo Visiant; questo a tutela sia delle persone che delle attività coinvolte ed in considerazione dell’accordo sottoscritto il 12 maggio 2012 con le parti sociali. A tal fine il gruppo Visiant ha reso noto che nell’arco del prossimo mese saranno fornite alcune garanzie finanziarie (…). Vi forniremo aggiornamenti in merito».

VISIANT E OVERSEAS IND. - Qual è il motivo della retromarcia? Per spiegarlo dobbiamo fare un passo indietro e analizzare la visura della Camera di Commercio di Milano (24 giugno 2011) in cui è scritto: «In merito alla situazione finanziaria della società (Visiant Contact Srl, ndr), si rileva in particolare che il debito tributario per l’Iva non versata al 31/12/2010 ammonta ad euro 6.677.020 e, ai primi mesi di maggio 2011, risulta pari a circa euro 5.950.000. Ad oggi non si è ancora a conoscenza dell’avvenuta conclusione di un piano di ristrutturazione di tale debito». In conclusione, vanno assunte «le appropriate determinazioni in relazione all’approvazione del Bilancio e alla copertura della perdita d’esercizio (…)». In mancanza di tali interventi il rischio è «la messa in liquidazione» della società. Malgrado la situazione fosse complicata fin dall’inizio, Fastweb e i sindacati sottoscrivono l’accordo. Poi arriva il primo rinvio e parallelamente Visiant viene acquistata dalla Overseas Industries, società italiana di investimenti creata trent’anni fa dall’imprenditore Emanuele Costa, che viene affiancato nel 2005 da Federico Nordio. La Overseas sigla un aumento di capitale da 5 milioni di euro per rilanciare Visiant e promette di «sottoscrivere un ulteriore aumento da 3 milioni». Cosa, adesso, ha bloccato l’ingranaggio? «È ovvio che l’ingresso in Visiant da parte di Overseas Industries abbia rimescolato le carte in tavola, e che qualcosa sia andato storto. In questo gioco di accordi fra le società le conseguenze le pagano i lavoratori», ci racconta un dipendente Fastweb che chiede l’anonimato. «La cosa che più ci fa rabbia è che noi ci troviamo in mezzo alla tempesta senza che la nostra azienda sia in crisi», prosegue. Numeri alla mano, nel primo semestre 2012 Fastweb ha sì visto diminuire il proprio fatturato netto, passato da 875 a 853 milioni di euro (-2,5 per cento), ma ha incrementato il numero dei suoi clienti (+78mila unità). «Una perdita – ci spiega il nostro interlocutore – frutto di un abbassamento dei prezzi che è servito a rimanere competitivi sul mercato. Al contrario degli altri operatori, Fastweb non può contare sugli utili del settore “mobile”. La produzione però c’è e va avanti, basti pensare che quest’anno abbiamo percepito un premio di produzione pari a quasi 2mila euro». La rabbia dei dipendenti deriva dalle rassicurazioni che l’azienda ha fornito loro prima di delocalizzarli e dall’atteggiamento che lo Human Capital continua ad avere nei loro confronti. La nostra fonte ci racconta che «pochi giorni prima dell’ultima comunicazione con cui Fastweb ci avvisava che l’esternalizzazione era rimandata a gennaio 2013, un addetto alle risorse umane ha fatto visita alle varie sedi assicurandoci che la stessa sarebbe andata a buon fine. Poi hanno smentito loro stessi». Infine viene sollevato un interrogativo: «Nella comunicazione che ci è stata recentemente inviata è scritto che la data di trasferimento delle persone e delle attività appartenenti al ramo sarà ridefinita “al 1° gennaio 2013”. Cosa vuol dire “al”? Che ad inizio anno ci sarà il passaggio a Visiant, o che tutto è ancora incerto e che potremmo ritrovarci addirittura in mobilità o in cassa integrazione?». Una domanda a cui solo le aziende interessate (compresa la Swisscom, proprietaria di Fastweb, il cui silenzio sulla vicenda fa rumore) possono – e devono – dare una risposta.

VUOTI A PERDERE - Dopo gli entusiasmi iniziali, ora anche i sindacati si stanno ricredendo sulla bontà dell’accordo. Tanto che nei giorni scorsi Fistel-Cisl, Slc-Cgil, Uilcom-Uil e Ugl-Telecomunicazioni hanno diramato dei comunicati in cui chiedono all’azienda un «incontro congiunto» per fare il punto della situazione (la Cgil ha fatto addirittura sapere che «ogni violazione dell’accordo sottoscritto il 12 maggio scorso sarà utilizzata per ricorrere alla Magistratura Ordinaria»). Nel frattempo i lavoratori si sono rivolti all’avvocato Ernesto Cirillo che, contattato da Il Punto, ha spiegato: «Si tratta di una delle tante cessioni di ramo d’azienda che sono avvenute in Italia negli ultimi anni. Uno strumento che permette di rendere le società più leggere perché diminuisce il personale e vengono appaltati i servizi alle aziende a cui lo stesso viene esternalizzato. Alla scadenza di questo contratto, nel caso in questione, Fastweb potrebbe dire: “Questa prestazione mi costa troppo, cerco un’altra ditta che mi fa risparmiare”. Il destino dei lavoratori coinvolti, in base a quella che è la storia del fenomeno, è segnato. Tutti i dipendenti Telecom delocalizzati negli ultimi anni sono poi finiti in cassa integrazione o in mobilità. Sono dei vuoti a perdere, che dipendono al cento per cento dalla società cedente e che una volta terminato il contratto fanno venire meno i posti di lavoro». A metà conversazione l’avvocato si sofferma su un punto: «L’accordo non coinvolge i lavoratori di Bari». Il motivo? «Lì si stanno sfruttando fondi regionali e incentivi. Una situazione che ha portato, nel corso di questi mesi, a convergere sul capoluogo pugliese alcune attività che l’azienda non ha inteso cedere. Per il resto era tutto scritto: i bilanci di Visiant presentavano già delle problematiche – afferma Cirillo – ma i sindacati hanno comunque firmato un “accordo di armonizzazione” con l’azienda. Nello stesso, Fastweb, che dovrebbe teoricamente liberarsi dei lavoratori, parla delle attività come fossero le proprie. È una situazione paradossale, e le parti sociali sono state “morbidissime”. Cosa che sta accadendo anche in altre operazioni della stessa natura. L’unica tutela possibile è il ricorso giudiziario, dimostrando che non c’erano i requisiti di legge per formalizzare l’accordo e che non si trattava di un ramo d’azienda che poteva essere “staccato” in maniera autonoma. I lavoratori – conclude l’avvocato – rischiano di pagare un conto salato e di subire vessazioni giornaliere perché gli verrà richiesto uno sforzo produttivo non indifferente». Eppure, ironia della sorte, nei suoi spot Fastweb si dichiara “sempre un passo avanti”.

Twitter: @GiorgioVelardi