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Tutti all’attacco di Sdc. Chi sarà il prossimo?

martedì, ottobre 18th, 2011

Piccola nota a margine per i lettori di questo post: l’articolo che trovate di seguito era stato pubblicato su ComunicLab.it (http://www.comuniclab.it/), il magazine del Dipartimento di Comunicazione e Ricerca Sociale della Sapienza di Roma. Dopo poche ore dalla messa online, però, lo stesso è stato rimosso, probabilmente per la stretta somiglianza con un precedente pezzo già presente sul sito. Lo ripropongo qui, in uno spazio tutto mio, dove non c’è il rischio di ripetizioni di alcun genere.

Giornalisti e volti noti della televisione italiana continuano a “sparare” contro le Facoltà di Scienze della Comunicazione. Il motivo? Oscuro. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato Massimo Giletti, ma nel “cerchio magico” figurano anche Vespa, la Gelmini e Pierluigi Diaco. Come fermare questa malattia? Comunicando, comunicando, comunicando. 

Dev’essere un malanno di stagione, visto il numero di contagiati assai elevato. Oppure, secondo voi, è qualcosa di patologico? Fatto sta che gli “allergici” alle Facoltà di Scienze della Comunicazione aumentano sempre di più. E da domenica, nell’esclusivo club dei contrari ai corsi di laurea in questione, c’è anche Massimo Giletti. Si, proprio lui, il conduttore de “L’Arena”, programma di successo della domenica pomeriggio di casa Rai giunto alla sua settimana edizione.

Nell’ultima puntata, nel corso del dibattito intorno ad un tema totalmente nuovo – i giovani e il mondo del lavoro, con ospiti “illustri” quali Pier Luigi Celli, il ministro della Gioventù Giorgia Meloni e Francesco Boccia (Pd) – Giletti offre il suo personalissimo e preziosissimo punto di vista: «Sono sempre colpito da quante persone si iscrivono a Scienze della Comunicazione. Non è che uscendo da lì si diventa giornalista. Ci sono altre facoltà che hanno bisogno di studenti». Sulla seconda parte della frase, per carità, non c’è nulla da eccepire. Anzi: ognuno sceglie di intraprendere un percorso formativo in base a quelle che sono le proprie aspirazioni. Ma perché sparare contro Scienze della Comunicazione in cui – alla Sapienza di Roma – insegnano pure noti colleghi fra cui Giorgino, Vianello, Petrone, Costanzo etc…? Mistero. Evidentemente è chic riempirsi la bocca con quelle tre parole: Scienze-della-Comunicazione. Chissà, magari le utilizzano pure come scioglilingua per eliminare la zeppola! Comunque, a Giletti va la tessera numero 4 di questa esclusiva “loggia” (perdonatemi, ma nel regno del qualunquismo voglio utilizzare anch’io un’espressione ormai di moda!).

La tessera numero 1 ce l’ha, infatti, un altro dei “santoni” della televisione italiana: Bruno Vespa. Chi non ricorda la preghiera rivolta dal conduttore di “Porta a Porta” agli spaesati studenti del Liceo Giuseppe Peano di Cuneo? Era il 2009, e al termine di una puntata della sua trasmissione Vespa dichiarò: «Abbiamo bisogno di ingegneri. Abbiamo bisogno di tecnici importanti. Una sola preghiera: non vi iscrivete a Scienza della Comunicazione (in realtà è “Scienze”, ma vabbè, ndr). Non fate questo tragico errore che paghereste per il resto della vita». Il motivo? Anche qui è oscuro: la trasmissione era in conclusione, quindi applausi, buonanotte e sogni d’oro (d’oro). Vespa non ha mai risposto alle decine di lettere che gli studenti di Comunicazione indignati – senza bastoni e pietre – gli hanno scritto chiedendo spiegazioni. Evidentemente era troppo impegnato a costruire uno dei suoi famosi plastici. Ah, per la cronaca: l’ex direttore del “Tg1” ha un figlio, Federico, che a 23 anni (ventitré) ha iniziato a collaborare con “La Gazzetta dello Sport”, prima di approdare a “Rtl 102.5”, “Radio Ies” e “Sky Sport”. Raccomandato? No, è bravo! Lui.

MariastellaMarystarGelmini ha invece in tasca la tessera numero 2. Sì, proprio lei, il ministro dell’Istruzione che si vanta di aver contribuito alla costruzione del tunnel che collega il Gran Sasso alla Svizzera. Evitiamo qualsiasi commento sulla questione, in Europa e nel mondo ancora ridono al ricordo di tale amenità. Già, amenità, proprio lo stesso termine che la Gelmini ha utilizzato l’11 gennaio scorso a “Ballarò” per etichettare le materie studiate dai ragazzi di Sdc. Spiegazioni? Io, pochi secondi dopo averle sentito sparare l’ennesimo colpo di pistola, ho avuto paura che mi cominciassero a sanguinare le orecchie a furia di ascoltare le sue argomentazioni. E invece? Tesi raffazzonate e vacue: insomma, il ministro ha lanciato il sasso e ritirato la mano, come spesso capita alla nostra classe politica. La sua dichiarazione, come nei casi precedenti, ha provocato arrabbiatura, “dolore” e (a posteriori) pure qualche grassa e grossa risata, quando ci siamo trovati di fronte a quel fantozziano comunicato citato poc’anzi, pubblicato sul sito del suo dicastero. Ma gli studenti di Sdc sono davvero portati più degli altri a doversi scontrare con quel tragico destino chiamato disoccupazione? Secondo i dati di Almalaurea i laureati del 2004 in Scienze della Comunicazione, a cinque anni dalla laurea, lavorano nell’87% dei casi, mentre la media nazionale è dell’82%. Anche i neolaureati triennali del 2008 lavorano più della media nazionale: 49% contro 42,4%. Non vi basta? Ecco allora i dati delle lauree specialistiche nel settore della comunicazione: 60% di occupati contro il 57% della media nazionale. Ma allora, detto in maniera spicciola: di cosa stiamo parlando?

Ora però reggetevi forte, perché arriva il momento del detentore della tessera più importante. Non la numero 1 ma la numero 3, ma stavolta è quella più prestigiosa. Perché Pierluigi Diaco non è un giornalista come tutti gli altri. No! Non voglio parlare di lui personalmente. Lascio alle parole di Aldo Grasso il ritratto di questo “grande” esponente del giornalismo italiano: «La storia di Diaco è la storia esemplare di una resistibile ascesa sociale nel demi-monde della tv romana, cominciata prestissimo con una raccolta devozionale degli interventi di Sandro Curzi (non è il solo danno combinato da quel vanitosone, pace all’anima sua) e proseguita poi con serrati corteggiamenti ai Veltroni e ai Fassino ma anche ai Belpietro, ai Costanzo, alle De Filippi. Il ritratto più riuscito di questo blando avventuriero del piccolo schermo lo si deve a Filippo Facci: “Pierluigi Diaco, professione giovane e dj, creativo, nientologo del tutto, tuttologo del niente”. Assolutamente privo di ironia, corteggia spudoratamente la banalità e programma con pignoleria la sua carriera: cerca di entrare nelle grazie di chiunque detenga un potere senza mai dispiacere l’interlocutore, inondandolo anzi di melassa e di condiscendenze. Le doti principali di Diaco sembrano essere appunto l’adulazione e l’opportunismo: è di sinistra ma anche di destra (lavora per la radio «giovane» del ministro Giorgia Meloni), dice di amare le donne ma anche gli uomini, parla da orecchiante ma anche da cultore di idées reçues, espresse preferibilmente in un italiano incerto. È giovane ma anche vecchio. Non ha un pensiero, ma finge di averlo, come tutti i cosiddetti opinionisti tv, insomma è un perfetto para-guru. Il conduttore ideale di questa Rai». Ma cosa avrà mai fatto il buon Pierluigi per avere – come dicevamo – la membership card più importante? Ha lanciato una raccolta firme per far chiudere le Facoltà di Scienze della Comunicazione, etichettando gli studenti di questi corsi di laurea come «mocciosi, banali e privi di idee». Con il benestare della Gelmini, si intende. In conclusione vorrei/vorremmo (mi permetto di parlare a nome di tutti gli studenti di Comunicazione d’Italia) comunicargli una cosa molto semplice: noi, dal ”nientologo del tutto, tuttologo del niente”, non prendiamo lezioni.